Bossi e Sacconi furiosi. Secessione e terrorismo e la nave non va più
Creato il 01 novembre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Quando ieri abbiamo messo la foto originale di Bossi sul nostro blog (quelle che girano quotidianamente sono taroccate), non avremmo mai pensato che anche oggi il Senatur sarebbe stato uno dei protagonisti delle nostre quattro chiacchiere in libertà. Vedete, quando Bossi sente aria di fronda interna e soprattutto, quando l’aria si trasforma in folate impetuose di vento di dissenso, ritira fuori tutto l’armamentario della propaganda vichin-leghista, quella che gli ha consentito di fare i cazzi suoi e della sua famiglia per un buon ventennio. Parlando ieri a Pecorara (un nome, un luogo, un destino), in provincia di Piacenza, Umbertino ha rispolverato il suo arsenale di fregnacce ad alzo zero e ha detto: “Milioni di persone vivono alle spalle del Nord: ditemi se questo è un paese che può durare. Ho i miei dubbi, non basta mettere fuori il tricolore”. Sul tricolore e sul valore che ha il vessillo italiano presso il popolo padan-leghista, potremmo scriverci un trattato, ma sapendo che solitamente i viching lo usano per pulircisi il culo, tralasciamo ogni commento. In pieno delirio da statista bergamasco (molto criptico, poco lucido), Bossi ha continuato il suo discorso alla John Belushi (demenziale qb) per rilanciare l’idea delle gabbie previdenziali (parafrasando quelle salariali che, come tutti sanno, erano un assurdo storico in auge negli anni ’60). Dice il Bossi vivente: “Bisogna fare le gabbie previdenziali, è una bella idea, al Nord danno di più di quello che ottengono, mentre al Sud danno poco e ricevono di più”. E ha finito quello che era diventato ormai un deliquio, evocando la parola magica: “Secessione”. Ha urlato Bossi con un filo di voce: “Questo è il grido che fa tremare quei coglionazzi del centralismo romano. Nessuno può fermare il popolo, ci ha provato anche Gheddafi, si è visto che fine ha fatto”. Fermo restando il discorso che lui pur di salvare Gheddafi (al quale lo unisce evidentemente la stessa idea di potere) le ha tentate tutte mettendosi di traverso perfino alle decisioni della Nato di bombardarlo, resta la sensazione di un capo della Lega (giunta al suo minimo storico da anni:7,7 per cento) che annaspa pur di restare a galla nel mare di merda che ha contribuito a creare. E poi, Senatur, “quei coglionazzi del centralismo romano” se lo poteva evitare, visto che lei ne è diventato parte integrante e un magna magna dalla potenti, irrefrenabili, mascelle aduse alla pajata. Siamo messi veramente male. La lettera di Totò e Peppino non ha sortito gli effetti voluti. Le borse sono crollate (Milano è andata sottoterra), lo spread ha toccato 437 punti di differenziale e gli interessi sui Btp sono saliti al 6 per cento. Lo sapete che significa, vero? Che per ripianare il nostro debito siamo stati costretti a incrementarlo, con buona pace dei nostri figli e dei nostri nipoti che se lo porteranno appresso per i prossimi cinquant’anni. Al premier, ovviamente, tutto questo non interessa. Lui, mogio mogio, quatto quatto continua imperterrito ad assicurare l’avvenire ai figli (suoi). Il governo italiano ha concesso a Mediaset praticamente l’esclusiva di “Pubblicità Progresso”, che sono quegli spot a sfondo sociale che ogni tanto appaiono in tivvù. Orbene, alle sue televisioni il premier ne ha affidati per più di quattrocento milioni di euro, un centinaio alla Rai, qualche decina a La7, un po’ di spiccioli a Sky perché non si dica che lui non distribuisce le ricchezze. E mica è finita qui. Mediaset e Fininvest si sono aggiudicate l’esclusiva per i giochi d’azzardo on line trasformando di fatto l’Italia in una Las Vegas da sessanta milioni di potenziali utenti. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sul perché Silvio resta a Palazzo Chigi con il culo incollato alla poltrona grazie al potere del Millechiodi, ha la risposta. Ma il peggiore di tutti, l’Attila del welfare del quale dovrebbe essere ministro e nume tutelare è lui, il Maurizio Sacconi arrivato direttamente dall’oratorio al ministero grazie a una favorevole congiunzione astrale politico-cardinalizia. Pur di mascherare le sue nefandezze, il ministro ha fatto circolare la notizia falsa e tendenziosa di un’Italia ad alto rischio terroristico nella speranza di distogliere l’attenzione dai suoi crimini aberranti. Prendendo a pretesto quanto accaduto a Roma durante la marcia degli indignados, Sacconi ha detto: “In Italia esistono cellule terroristiche che, all’occorrenza, vengono fuori manifestando tutta la loro forza distruttiva. Il rischio che ci scappino morti alla D’Antona e alla Biagi ci sono tutti”. Prontamente smentito dai Servizi segreti e dai giuslavoristi, Sacconi ha continuato imperterrito per la sua strada rispolverando la vecchia teoria kossighiana della strategia della tensione. A chi giova l’uscita del ministro Sacconi non si sa, quello che è certo è che in politica, quando non si riesce a tenere sotto controllo il nemico interno, si rispolverano i fantasmi degli assalitori all’ordine costituito. Caro presidente Napolitano, lei ha in mano tutte le prove possibili e inconfutabili per mettere sotto accusa il presidente del consiglio e l’intero gabinetto ministeriale. Il reato è quello di “alto tradimento” con l’aggravante dell’ignoranza. Che aspetta?
Potrebbero interessarti anche :