Magazine Cinema
Francia, 2011
61 minuti
Occorre sensibilità, innanzitutto...
Mesi addietro si era parlato del docu-film Bestiaire, nel quale il canadese Denis Cotè indirizzava il nostro sguardo verso quello dell'animale, ponendoci a un riflessivo confronto mediante una curatissima esplorazione di varie specie abitanti il Parco Safari di Montreal. Precedentemente però, i cugini d'oltralpe concepirono un'operazione simile con questo Bovines (la cui introduzione, da noi, suona semplicemente come: la vera vita delle vacche). Ancora più documentaristico e per certi versi, radicale, in quanto intenzionato a restringere il cerchio specificatamente sull'osservazione di questi placidi animali. Il lavoro svolto dal regista Emmanuel Gras è veramente encomiabile, sotto tutti gli aspetti, e nulla ha da invidiare alla tecnica sopraffina di Cotè, tracciando dettagliatamente le giornate-tipo di un branco di bovini, immortalati a passo lento nel loro naturale paesaggio bucolico. Possiamo dunque seguirne il loro ritmo pacato, al pascolo nelle ampie praterie, inteti a ruminare o semplicemente sdraiati sull'erba, pronti a ripararsi da un improvviso temporale in attesa che cali la notte. Il tutto, alternato alla compresenza dell'uomo e del suo operato giornaliero, mediante il trasporto dei suddetti animali; una realtà agreste, purtroppo sempre più rara a vedersi. Gras non rinuncia a nulla, nemmeno a una sottile critica ecologista (vedasi il sacchetto di plastica, trasportato dal vento in direzione di un albero solitario), cercando anzi di catturare alla perfezione (grazie anche a dei colpi di fortuna, certamente) ogni possibile istante compreso quello, meraviglioso, della vita che si genera, filmando in tempo reale la nascita di un vitellino (ma già un anno prima, ne Le Quattro Volte, il nostro Michelangelo Frammartino ci inteneriva con la nascita di una capretta). Attraverso una spontaneità disarmante, il regista francese riesce a far emergere un "peso" che non è solamente fisico, inducendo lo spettatore (quello più sensibile, ovvio, propenso a lasciarsi trasportare emotivamente) ad empatizzare immediatamente con l'animale. La soffermazione della cinepresa sulla sua epidermide, scrutata più volte mediante primissimi piani, è atta ad interiorizzare, e come in Bestiaire (ma forse, ancor di più) l'obiettivo è oltrepassare il corpo per mettere totalmente a nudo gli istinti e soprattutto, i sentimenti dell'animale.
Sentimenti: una parola sulla quale è opportuno soffermarsi un attimo (prima di concludere con una curiosità), visto episodi deplorevoli come quello occorso allo zoo di Copenaghen, o stolte dichiarazioni udite di recente alla solita tv dei "benpensanti"; occorre sensibilità, innanzitutto. Se qualcuno è ancora convinto che la cosiddetta "bestia" sia immune dal provarne, di sentimenti, allora l'invito è di spendere se non altro dieci minuti per il commovente finale di questo Bovines, dove emerge in maniera tangibile tutta l'afflizione dell'animale procurata dal distacco dei propri simili, la "propria famiglia". Sono sicuro che resteranno impressi gli echi di quel muggito, toccante, che si estende oltre il filo spinato eretto come simbolo di separazione.
A lodevole esempio, invece, il film è stato proiettato al Gran Paradiso Film Festival davanti a una platea mista; una serata speciale dove i bovini di Cogne hanno pascolato durante la proiezione tra gli spettatori, immersi in un ambiente adeguatamente composto da balle di fieno, coperte e latte caldo.
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