Anche quest’anno sono aperti in Italia i corsi per imparare la difficile Arte della Rassegnazione. Malgrado i numerosi disinvestimenti e gli sforzi prodigiosi operati da alcune delle maggiori democrazie mondiali per adeguarsi ai nostri standard svalutativi ed essere finalmente accettati nel ristretto club dei Paesi Che Non Sognano Più, resta il problema di un gap troppo ampio e troppo radicato per poter essere riempito, non solo dai Paesi più sviluppati, ma anche dai nostri principali concorrenti mondiali (il cosiddetto Terzo Mondo) nel tempo di poche (seppur volenterose) incapaci legislature.
In un intervento di pochi giorni fa, la dirigenza politica tedesca ha dovuto confessare i propri limiti. “Si tratta” ha ammesso con una certa difficoltà il portavoce del governo teutonico “di uno sforzo al di là delle nostre pur (quasi)illimitate capacità. Ebbene sì, ammettiamo il momento difficile.”
Ma su cosa si costruisce questo ennesimo, world famous, Italian trademark?
“Al pari della pizza, della mafia e della burocrazia” ha risposto un nostro portavoce, “si tratta del risultato di lunghi e impegnativi anni, di incalcolabili sprechi e di faticosissimi sforzi, al termine dei quali, però, possiamo finalmente affermare che le (perlomeno) prossime due generazioni di giovani italiani guarderanno alla realtà in cui vivono con un profondo senso d’inconcludente rassegnazione.”
Certo, l’Italia uscita dalla Seconda Guerra Mondiale era ancora troppo intrisa di ideali e nuovi propositi per far sì che un traguardo del genere fosse raggiungibile in pochi decenni. “È stato necessario lavorare sodo e in profondità.”
“Le altre nazioni” ha specificato il Presidente del Mummificio Italiano “dovranno prima di tutto capire che per rendere possibili risultati di tale portata occorre non solo un grande impegno da parte della classe dirigente, ma anche e soprattutto una sfiduciosa e passiva collaborazione da parte della stragrande maggioranza della popolazione.”
In una nota diffusa da “pericolosi pirati informatici” sono stati svelati alcuni dei segreti di questa ennesima (per usare le parole del Primo Ministro inglese) “successful Italian policy.”
Occorre in primo luogo lavorare sui più giovani. Rimbambirli. Promettere loro cose che si è già sicuri non potranno mai ottenere. Poi, in un successivo momento, occorre far loro capire che per entrare in possesso di importanti ‘surrogati di vita’ capaci di supplire al fondamentale ‘non mantenimento dei sogni fatti intravedere da giovanissimi’ è sufficiente adeguarsi a quanto viene detto loro di fare e, in caso, rifornirsi di ‘ciò che non serve’ nel più vicino Centro Commerciale (o in quello di più prossima apertura). “Tra l’altro” si legge nella nota diffusa in internet “un tale comportamento se diligentemente messo in pratica, soprattutto in presenza dei nuovi arrivati (‘i figli’ ndr), faciliterebbe anche il compito per le generazioni successive.”
Tutto chiaro. Ma le generazioni precedenti?
“Le generazioni precedenti sono un discorso a parte” ha dichiarato un professore oxfordiano da noi interpellato, da anni studioso del fenomeno e prezioso consigliere del governo inglese, “lì risiedono tutti i nostri limiti. Lì sta la nostra quasi impossibilità di raggiungere la perfezione italiana. Come tutti sanno non ci può essere alcuna vera rivoluzione né alcun vero cambiamento senza il supporto di perlomeno una parte della classe dirigente. Ce lo insegna la Storia. Nulla insomma avviene all’interno di un Sistema senza il beneplacito della cosiddetta generazione uscente. In Italia, ecco, tale generazione non esiste. L’Italia è un Paese portato avanti sempre dalle medesime persone, anche quando cambiano. Si tratta di un interessante fenomeno di metempsicosi (o se vogliamo di trasmutazione) postmoderna: in tutti i settori vitali del Paese ci troviamo davanti a ultrasessantenni che vedono nel trentenne un potenziale e pericoloso nemico. Un competitore da eliminare o da esiliare, o ancora, nella migliore delle ipotesi, da addomesticare. L’esilio è la soluzione più semplice. In Italia viene tradotto col termine ‘fuga dei cervelli’. Eufemismo affascinante, che la dice lunga sulla natura qualunquistica di una società. L’addomesticamento si ottiene invece attraverso anni di clientelismo e nepotismo, al termine dei quali l’oramai ex-giovane ha praticamente mezza età, una famiglia o un divorzio a carico, scarso entusiasmo e tanta voglia di restare attaccato alla poltrona che finalmente ha raggiunto.”
“E l’eliminazione?”
“L’eliminazione racchiude un po’ tutti i processi già esemplificati, ma può anche essere ricondotta alla ‘rassegnazione’ di cui sopra: un individuo rassegnato, in parole povere, è un individuo eliminato.”
Tutto chiaro?
Chiaro, certo. In perfetto stile anglosassone.
Eppure restano dei punti in sospeso: ben venga la classe dirigente, ma come la mettiamo con la famiglia? Insomma, che ruolo hanno in tutto questo i genitori?
“In realtà,” ci spiega il Professore oxfordiano con una punta d’irritata insofferenza nella voce, “è proprio questo il nostro limite, la nostra quasi impossibilità di raggiungere la parità col Sistema Italia. Nel BelPaese i genitori tendono a tenere i figli in casa invece di spingerli ad andarsi a costruire una vita propria. Si tratta di un comportamento paradossale, biologicamente inspiegabile. Mi verrebbe da dire innaturale, se non temessi l’accusa di darwinismo socio-culturale applicato a culture sottosviluppate quali la vostra, non so se mi spiego. In natura infatti, non appena la prole è in grado di cavarsela da sola viene senza troppe mezze misure invitata ad andare per conto proprio incontro al mondo (io personalmente ho detto a mio figlio di levarsi dai coglioni a diciannove anni, adesso ne ha ventotto e insegna ad Harvard). In Italia, invece, si tende in genere a trattare i propri figli come sedicenni per tutto il resto della loro vita. In questo naturalmente si è supportati da un Sistema che non da spazi alle generazioni in arrivo, in nome del mantenimento dello status di quelle in uscita. Qui sta l’inarrivabile perfezione italiana. Un trentenne italiano ha due scelte: la prima è autoesiliarsi, ovvero andare all’estero, con tutte le conseguenze del caso (frattura familiare, senso dell’abbandono, accuse di tradimento…) l’altra è divenire un orgoglioso rappresentante del rassegnato clima dominante.”
Quali le prospettive allora?
“Meravigliosamente disastrose!” ci ha confessato il portavoce del ‘Governo’ italiano. “Anche per l’autunno in arrivo (e forse – ma ovviamente tutti quanti speriamo di no – solamente per i prossimi due o tre decenni) ci sarà l’ennesimo ‘tutto esaurito’ ai corsi per imparare questa difficilissima Arte. Le previsioni danno un aumento degli iscritti rispetto all’anno scorso e una placida sovrabbondanza di materiale su cui lavorare.”
Dopo l’epicureismo e lo stoicismo siamo di fronte a uno dei più importanti contributi dati dal mondo ‘classico’ a quello ‘moderno’.
Questo corso di studi e/o stile/filosofia di vita si avvale del contributo di giovanissimi docenti e studenti (a milioni) in gran parte trentenni e quarantenni, e del più o meno silente beneplacito dei loro più anziani predecessori.
“Ma le prospettive sono ancora tutte da esplorare. Con l’ultima manovra finanziaria, ad esempio, si rimandano al 2013/2014 i tagli ai costi della politica, tagli che, badate bene, avrebbero permesso di risparmiare già da subito risorse che avrebbero potuto essere re-investite nella ricerca e nell’istruzione (per le quali invece mancano i fondi). Tutti sanno che la maniera di uscire dalla crisi è investire nella ricerca e nell’istruzione, ma a che scopo, dico io, augurarsi una cosa del genere quando è la crisi stessa a dare tali meravigliose opportunità di controllo su masse asservite e consenzienti? Grazie a questa manovra potremmo usufruire per ancora due o tre anni di un pressoché totale immobilismo, che aggraverà ulteriormente la nostra già critica posizione mondiale con grandissimo beneficio per la ‘cultura della rassegnazione.’ Il tutto in barba agli altri governi europei e d’oltreoceano che, poveretti, ci guardano senza capirci più una mazza.”
E per il futuro a lungo termine?
“Il futuro a lungo termine è un discorso a parte. Ma si costruisce su quello a medio e breve termine, e quindi, in un certo senso, siamo già a buon punto. Se la nostra popolazione continuerà a lasciarci fare, potremmo presto raggiungere risultati solo poco tempo fa impensabili. L’obiettivo è passare dalla cultura della ‘rassegnazione del presente’ a quella ‘della totale assenza di sogni del domani’. È un traguardo difficile lo so, ma siamo convinti che un grande paese come il nostro può e deve porsi obiettivi di tale portata.”
Le iscrizioni ai corsi sono parzialmente gratuite (si pagano semplicemente stando in vita) e automatiche (basta respirare e guardare la tv) e funzionano tutti i giorni, ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette. Da quest’anno poi, sono aperte a tutte le età, anche ai più piccini.
Ma come funzionano?
“Basta starsene bravi e buoni e non fare nulla.”
Resta il problema della competizione mondiale. E se un domani anche i giovani del resto d’Europa vorranno unirsi agli italiani dell’apprendimento della difficile Arte della Rassegnazione?
“Si tratta di un’ipotesi quasi impensabile, grazie al cielo. I governi esteri dovrebbero innanzitutto introdurre l’utilizzo della marca da bollo per qualsiasi documento ufficiale. Poi aumentare tasse, benzina, assicurazioni, bollette, e al tempo stesso mantenere gli stipendi invariati. Anzi: dovrebbero assicurarsi che tali stipendi siano ben più bassi della media estera. A seguire dovrebbero ostacolare il più possibile lo sviluppo di internet e rendere complessa, snervante e impensabilmente costosa la burocrazia, accertandosi che ci vogliano mesi per sbrigare pratiche che altrove possono essere concluse in poche ore. Poi dovrebbero accertarsi che la crescita sia minima rispetto ai maggiori Paesi concorrenti. Eliminare il concetto di pluralismo (soprattutto nell’informazione e nella politica) e raccontare balle, tante. Più grosse sono e meglio è. Infine organizzare logge, intrighi, truffe. Poi costruire, case, palazzi, porti turistici, qualsiasi cosa significhi spendere soldi pubblici o riciclati a fronte di una popolazione che praticamente non sta crescendo, insomma troppo, e tutto troppo complicato, tutto troppo complesso, tutto troppo difficile, da mettere in pratica e soprattutto da far sopportare. Ma lei se la immagina una cosa del genere in Inghilterra?, cosa crede, che bastino poche norme e tanto menefreghismo per mandare a scatafascio il futuro di un Paese?”
Credere io? Assolutamente no. Immaginare poi, neanche a parlarne. Ho trent’anni, io.
“Bravo, vedo che ha capito.”
Per ulteriori informazioni: www.artedellarassegnazione.it (site not found).
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