”La prossima settimana deve essere quella delle risposte”. Non ha dubbi il segretario della Filctem Cgil Bari, Giuseppe Altamura: “A Roma i vertici dell’azienda devono guardarci dritto negli occhi” perche’ dobbiamo dire loro ”che sicuramente la soluzione non puo’ essere la chiusura di un presidio occupazionale che e’ un patrimonio dell’Italia”.
Parole che sono state accolte dal lungo applauso della delegazione di circa trecento dipendenti della Bridgestone che stamattina ha incontrato il sindaco di Bari, Michele Emiliano, insieme con i rappresentanti dei sindacati di categoria. Un incontro preparatorio della riunione in programma giovedì 14 marzo al ministero dello Sviluppo economico, dove i vertici del colosso dei pneumatici discuteranno con le istituzioni italiane le motivazioni dell’annunciata chiusura dello stabilimento. Davanti al Municipio si e’ trasferito per qualche ora anche il presidio che i lavoratori hanno organizzato davanti ai cancelli dell’azienda dal momento dell’annuncio della chiusura, comunicata qualche giorno fa. A rischio, secondo gli operai, non ci sono non solo i circa i 950 posti di lavoro dei dipendenti, ma in tutto 4.000 posti dell’indotto. ”Non permetteremo mai che l’azienda chiuda – annunciano – scateneremo la terza guerra mondiale”.
I sindacati sono pronti a smentire, punto per punto, le motivazioni che l’azienda usa per giustificare la chiusura. A cominciare dai costi energetici: ”E’ vero – spiegano i sindacalisti – che i costi sono aumentati in tutta Italia, ma lo stabilimento di Bari è dotato di una centrale di co-generazione a metano, che ha già permesso di abbattere di molto i costi e si può fare ancora meglio”. Quanto alla logistica, aggiungono, ”la Bridgestone è lì dal 1952, quella sede fu scelta perché strategica, e da allora Bari non crediamo si sia mai spostata”. Inoltre, ”non è vero che produciamo pneumatici di bassa gamma, perché il nostro stabilimento è uno dei 5 su 48 in tutto il mondo, che la Bridgestone ha scelto per produrre pneumatici di altissima gamma per la Bmw”.
E se ‘iI giapponesi hanno i kamikaze, noi abbiamo la dignita’: la nostra e’ una guerra civica e noi la vinceremo”. Lo ha detto forte e chiaro Rocco, figlio di uno degli operai della Bridgestone presenti all’incontro in Comune, commuovendo tutti i presenti: ”La nostra e’ una Repubblica fondata sul lavoro”, ha detto ancora, mentre tutti gli operai, le istituzioni e i rappresentanti sindacali si sono alzati in piedi ad applaudire. ”Abbiamo tanta rabbia dentro”, hanno urlato i lavoratori, ”all’azienda abbiamo dato gioventù e salute e ora vogliono toglierci il lavoro”. ”Io sono malato”, ha gridato un altro operaio, ”a furia di maneggiare prodotti chimici molti di noi hanno preso il cancro”. Sedute in prima fila, in braccio alle proprie mamme, c’erano anche due bambine che ascoltavano un po’ intimorite da urla e applausi: ”Non c’e’ niente di cui avere paura – ha detto loro il sindaco – siamo tutti buoni e tutto risolvera’, ve lo prometto”.
Ha dovuto invece smettere di parlare perché troppo commosso il segretario della Femca Cisl e operaio della Bridgestone per 39 anni, Sebastiano Buono: ”Se vogliono chiudere l’azienda dovranno passare sul mio corpo”, ha detto con la voce rotta dal pianto, mentre dall’aula consigliare del Comune, operai e famigliari urlavano: ”Sui nostri corpi; se vogliono chiudere dovranno passare sui corpi di tutti noi”. ”Abbiamo tanta rabbia dentro”.
Purtroppo, ha detto la moglie di un dipendente Bridegstone, ”i segnali che arrivano non sono positivi”. Il riferimento è alle notizie giunte ieri da Tokyo, secondo le quali ”difficilmete la decisione della chiusura potra’ essere modificata”. Quando l’ho letto su Facebook, ha raccontato la donna, ”sono scappata in bagno a piangere: a mio figlio ho detto che avevo gli occhi rossi per colpa dello shampoo”. Del resto ”è molto difficile tenere i nostri figli all’oscuro di tutto”, ha sottolineato un’altra moglie: ”Il mio ha nove anni e i tg li guarda con noi: ieri ha detto a suo padre che non vuole piu’ andare in palestra perche’ ha capito che non potremo piu’ permettercelo”.
Quanto al vertice in programma al ministero, il sindaco ha sottolineato ”che sara’ il primo giorno di una relazione industriale ordinaria” perché ”fino a oggi c’e’ stata solo una videoconferenza di quattro minuti nella quale, come un attacco aereo, la direzione europea di questa multinazionale ha avvisato lo stabilimento di Bari che sarebbe stato chiuso”. In ogni caso, ”i margini per impedire la chiusura ci devono essere assolutamente perche’ non è scritto in nessun manuale, neanche in quelli in giapponese, che una fabbrica bisogna chiuderla per forza”.
Dai rappresentanti delle Rsu aziendali sono arrivate però rivelazioni “inquietanti” sui retroscena dell’annuncio della chiusura dello stabilimento barese: “Viaggi segreti dei responsabili di produzione a Milano, e riunioni serali con l’ammnistratore delegato Roberto Mauro in azienda”. ”E’ evidente – ha commentato Emiliano – che qualcuno aveva preparato, per quello che abbiamo capito qui, nei minimi dettagli e a tradimento, l’operazione di chiusura. Erano stati dati indirizzi ai dirigenti locali di andare con la tecnica di ‘pearl harbor’, cioe’ senza nessun avviso, a portare l’informazione al prefetto – infatti a me e’ stato il prefetto a chiamarmi – e poi dovevano passare dal sindaco, dal presidente della Regione: tutto in pochi secondo in modo tale – rileva il primo cittadino – da lasciare pochissima capacita’ di reazione”.
Affermazioni che non sono piaciute ai vertici della Bridgestone che in serata hanno invitato Emiliano a ”cessare immediatamente queste dichiarazioni che, in vista dell’incontro del 14 marzo” in programma al ministero dello Sviluppo economico, non contribuiscono a creare un clima costruttivo. Il sindaco di Bari, dopo le dichiarazioni che istigavano all’occupazione della fabbrica, prosegue sulla strada dell’imprudenza, additando i dirigenti di Bridgestone quali artefici di operazioni a tradimento”. ”Lla delibera di procedere alla chiusura dello stabilimento – hanno precisato i vertici dell’azienda – e’ stata presa a livello di corporation (Tokyo) ed europeo (Bruxelles) e che, allo stesso livello, e’ stata concordata la sua attuazione. Tentare di leggere tutto questo personalizzandolo, sia a livello locale che europeo, significa fornire una visione ingiusta e distorta della realta’. Un conto e’ opporsi legittimamente ad una decisione di business, un conto e’ esasperare i toni”.
Non si è fatta attendere la controreplica di Emiliano: ”Considero il comunicato della Bridgestone come un’ammissione di responsabilita’ per aver mancato alle regole minime della deontologia verso le istituzioni della citta’ e della regione e, prima ancora, dei lavoratori”. ”Se la Bridgestone con il suo comunicato intendeva invece intimidirmi ed impedirmi di essere la voce dei miei concittadini – ha chiosato il primo cittadino – ha sbagliato indirizzo. Sono addestrato per resistere ad ogni tipo di intimidazione”.