Brokeback Appennino
Creato il 23 agosto 2011 da Paperoga
Nello stesso istante in cui ho toccato il suolo emiliano, tornando dalla bisboccia salentina, improvvisamente la Pianura Padana si è trasformata nella fornace dell’inferno, dove milioni di persone intrappolate in questo gigantesco calderone sbrodano ancora oggi sudore che sia giorno o che sia notte, senza apparente riparo nè misericordia.
Ecco dunque che per il fine settimana non avevo nessuna intenzione di rinchiudermi in casa in mutande e boccia di thè freddo a misurarmi la pressione in caduta libera. Ho dunque proposto a Gastone, anch’egli ritornato al Nord nella “Milano da sudare”, un week end di sano trekking appenninico per rispolverare l’ormai passato quindicennio vestiti da scout e sopratutto per sfuggire alla madornale cappa di morte della pianura.
“Dove vuoi andare?”
“Più in quota possibile, in alto, su, via da questo inferno!”.
Detto, fatto. L’itinerario da me confezionato prevedeva due giorni con zaino e tenda nell’alto crinale dell’appennino parmense, su quote dai 1300 fino ai 1800 metri.
Partiamo sabato mattina per il rifugio/punto di partenza, e manco esco dalla città che scopro di aver dimenticato alcune cose, tra cui una cacchio di felpa per la sera. Ci fermiamo in un centro commerciale avvolto dalla canicola, rifugio estremo dei pochi zombie rimasti in città. Prendo la prima felpa che trovo in saldo, collo a V, celeste color pastello, un obbrobbrio che dipinge mille punti interrogativi sul volto di Gastone.
Ad ogni modo si riparte e arriviamo alle 13 al rifugio. Cambiamo vestiti, sistemiamo gli zaini, riempiamo l’acqua e via. Un percorso che durerà 24 ore e che sarà scandito da alcuni momenti di indimenticabile poesia.
1) Il senso di Gastone per l’igiene.
Facciamo la prima pausa per il pranzo intorno alle 14,30, sulle sponde di un cazzutissimo lago glaciale, dopo un’oretta e mezza di sana e robusta salita che già ha messo a repentaglio i nostri non più giovani cuori e ci ha spinto a tristi considerazioni sul degrado inarrestabile del nostro corpo e sul progressivo aumento dell’acidità del nostro sudore.
Abbiamo portato panini e affettati, e Gastone è già tutto intento a prepararli quando si accorge che il coltellino svizzero è sporco, incrostato da rimasugli di cibo o di chissà quali altre schifezze appiccicate da circa un anno, ovvero dall’ultimo trekking di gruppo.
Ma il geniale maiale ha un’idea per pulirlo: prende un bastoncino di legno, beve un sorso d’acqua dalla borraccia senza ingoiarla, e a mò di fontana dalla bocca la versa sul coltello strofinandoci sopra il bastoncino. Dopo circa trenta secondi di questa vomitevole scena, questo provetto funzionario dell’ufficio d’igiene asciuga il coltello sulla sua maglietta sudata, lo osserva brevemente con fare serioso, e per lui è come sterilizzato. Ho troppa fame per obiettare, e rischio volentieri l’epatite A.
2) Il gaio bagno nel lago.
Finito di mangiare ci mettiamo in riva al lago. Nonostante i 1500 metri il sole picchia e si suda . L’acqua verde del lago, limpida e fresca, ci invita al bagnomaria. Non abbiamo il costume, solo le nostre sacre e sudate mutande, e il non essere soli non ci impedisce certo di rimanere in mutandoni e gettarci in acqua. Il bagno in questo lago limpido fresco e profondo, coi pesciolini ad azzimarci i piedi, di fronte ad un orizzonte di pareti rocciose e pascoli, ci rimette a posto col mondo. Usciti dall’acqua diamo sfoggio delle nostre pudenda cambiandoci praticamente davanti a tutti, senza star troppo a coprirci con asciugamani improvvisati e certo instillando negli avventori il sospetto che quella cresciuta coppia di camminatori, così unita negli sguardi e disinibita nei costumi, nasconda il marchio della innominabile passione omosessuale.
Ci facciamo prima scattare una foto in mutande per ricordare ai posteri il nostro gay pride d’altura improvvisato, e ripartiamo con gente che alle spalle borbotta e sussurra di peccato e sodomia.
3) Ancora il senso di Gastone per l’igiene.
Nel pomeriggio si continua a salire, tra pascoli, rocce moreniche e infinite distese di piante di mirtilli, che comincio a depredare mangiandone a stracatafottere, rallentando la marcia e generando le proteste dell’igienista Gastone, che si rifiuta di mangiarne perchè quelle bacche “lo insospettiscono”.
“Hanno la forma e il gusto dei mirtilli, la guida segnala che qua è tutto un mirtilleto a pioggia, mi spieghi perchè non dovrebbero essere mirtilli? Che poi, detto da uno che due ore fa puliva un coltello incrostato di merda con la sua stessa bava…mavaffanculova!”
4) Ancora un gaio bagno nel lago.
Raggiungiamo la cresta dell’appennino lungo il percorso Cai OO che divide Emilia da Toscana, e camminiamo in cresta un’oretta e mezza buona. Poi, avvistati dalla vetta altri due laghi, sudati e stanchi come siamo, ci scapicolliamo come soldati della legione straniera davanti ad un’oasi con una discesa ardita percorsa a tempo record. Quasi non ci accorgiamo della presenza di una famigliola, che ci siamo già smutandati e gettati nel lago. Anche stavolta, il bagno è godurioso e l’asciugatura e rivestitura non sono meno da scandalo. Apprendiamo dalla famigliola che dormiranno anche loro davanti al lago, dunque decidiamo di spostarci in quello adiacente per piantare la tenda. Il capofamiglia immagino già tacci il nostro rapporto di omosessualità mica tanto latente, e lo additi ai figli come ignominiosa forma di depravazione da marchiare con la lettera scarlatta, visto che due cresciuti giovani adulti, dai costumi (anzi, dalle mutande) facili e senza gnocca appresso, hanno deciso di passare la notte su uno sperduto lago a 1800 metri d’altitudine.
Immagino poi che la sua convinzione sia stata in qualche modo rafforzata da due indizi: il mio sfoggiare, arrivato il tramonto, la felpa color celeste pastello con collo a V appena fresca di acquisto, ma sopratutto l’orribile psicodramma di Gastone, che si sarebbe consumato da lì a poco.
5) Prometeo non abita più qui.
Ora dovete sapere che Gastone è uomo pratico, che improvvisa e risolve le cose con capacità fulminanti non disgiunte da una dose di culo che sconcerta e genera odio. Trova sempre la soluzione, raramente la più convenzionale, ma di certo sempre la più azzeccata. Gastone, tanto per dire, ha sempre saputo accendere un fuoco, in qualunque condizione.
Ciò premesso, torniamo al nostro accampamento lontano da occhi indiscreti. E’ quasi il tramonto. Gastone vuole assolutamente accendere il fuoco. Essendo in cresta, non c’è legna o alberi nel raggio di centinaia di metri, ma lui vuole accendere il dannato fuoco e quando a Gastone vengono queste fisse, state tranquilli che non molla manco per il cazzo. Ecco dunque che vengo coinvolto nella disperata corsa contro il buio per trovare legna. La troviamo dopo dieci minuti di discesa, in un boschetto più in basso. La scena, di noi due che trasciniamo a spalla in una impietosa salita due fascioni di legna, ricorda quasi l’evangelica passione, due cristi sul calvario, spalle piegate e sguardi sudati e sofferenti, con l’unica differenza data dalle terrificanti bestemmie pronunciate ansimando. Ad ogni modo, missione compiuta, la legna c’è.
Ma, udite udite, Gastone non riesce ad accendere il fuoco. Sarà stata la legna, non troppo secca, o l’umido calato improvvisamente, o la scarsa quantità di carta e di esche, ma Gastone sto fuoco non riesce proprio ad accenderlo. Lo vedi, sudare, sbuffare, sacramentare, darsi da dare con legnetti, foglie secche, accendino, ma nulla. Svuoto il mio portafoglio per recuperare tutti gli scontrini da immolare, ma non servono. Dall’altro lago, nel frattempo e poco distante, giungono le calde luci di un alto fuoco che la famigliuola ha accesso in quattro e quattrotto. Il che aumenta la frustrazione di Gastone e il suo sgomento per l’improvvisa incapacità di fare quel che ha sempre saputo fare. Che poi c’è anche un lato mangereccio nella questione, perchè Gastone ha comprato salsiccia e wurstel da arrostire ed ha una fame porca. E a quel punto decide di capire come cazzo hanno fatto quei beccaccioni ad accendere quel cazzo di merda di fuoco.
“Chi si umilia ad andare lì a chiedere come hanno fatto? Due scout ventennali che non sanno accendere un fuoco e una famigliuola borghese che sta grigliando abbestia. Tutto ciò è davvero imbarazzante. Chi va?”
Il sottoscritto è sempre disponibile e gioviale:
“Col cazzo che ci vado io! Io un fuoco non l’ho mai saputo accendere. Sei tu ad essere cambiato e invecchiato! Bevi l’amaro calice se vuoi mangiare salsiccia,e vaci a capo chino..“
Ed ecco Gastone, il Grande Scout, lo Spirito Pratico fatta persona, Promete che genera il fuoco dove fuoco non era, ecco proprio lui che percorre la via dell’autoumiliazione.
E quando torna, è una persona distrutta.
“L’hanno acceso con un semplice accendino, capisci? Credevo avessero alcool, o diavolina, manco per il cazzo! Mi hanno proposto se voglio grigliare alla loro brace…A me, a me!”
“Non ti crucciare, non si aspettavano certo che due omosessuali sapessero accendere un fuoco, quindi non hai fatto nessuna particolare figura.”
Ma questo non placa Gastone, che da quel momento si deprime fino a divenire una statua di sale. Infreddolito (anche lui ha scordato la felpa, ma braccine corte com’è non ha voluto comprarla all’impermecato) mangia tristo i suoi panini, e nonostante le mie richieste di guardare un cielo stellato mozzafiato, se ne va a dormire con le galline alle 21,30, ammutolito, incredulo, sconfitto. Credo che la sua autostima sia invecchiata di 5 anni in una sola sera.
Io, per conto mio, ho da ore una crisi di sete. Con la poca acqua a disposizione, e con quei panini secchi secchi trangugiati che mi hanno impomato la gola, mi aggiro in preda all’ansia e arrivo a gridare alla buio della montagna l’eco della mia disperata ossessione:
“Voglio una birraaaaa!”
5) Un gaio e ignudo bagno all’alba.
La mattina ci risvegliamo davanti al lago che il sole è appena sopra il monte, e dopo una colazione a base di banane, dolci secchi salentini e mezzo limone, ci tuffiamo ancora per un refrigerante bagno delle 9, questa volta lontani da sguardi indiscreti, e dunque ne approfittiamo per calarci ignudissimi come mamma ci ha fatto. Usciamo dall’acqua bagnati come vermi e ci godiamo il sole battente sulla totalità del corpo, finalmente liberi dalle pastoie borghesi, in questo improvvisato e privatissimo campo nudisti, immersi nella natura cui ci conformiamo, reclamandoci essa liberi e con le chiappe al vento.
Nella mattinata che segue torneremo in cresta, raggiungendo la vetta prefissa e poi discendendo rapidamente verso il rifugio iniziale. Qui berremo litrate d’acqua a garganella, ed io mi sparerò mezzo litro di birra, prima di cadere nella meritata pennichella pomeridiana che anticipa il rientro nell’inferno padano, dove troveremo 36 gradi conditi ad un’afa putrida di smog.
6) Per chi si stia chiedendo (o nel caso di mio fratello Copeland, temendo) se i due minchioni di Brokeback mountain abbiamo alfine coronato il loro sogno d’amore, devo deludere le attese dei romantici. Anche volendo prescindere da una radicata eterosessualità, Gastone dopo un paio d’ore di cammino tende a puzzare come un tasso, e non lo sfiorerei nemmeno per scommessa, mentre riguardo a me credo che Gastone sia molto più eccitato all’idea di menarmi come un tamburo, ogni tanto, per punire la mia cinica e misantropa postura.
Se dunque siamo abbastanza innamorati l’uno dell’altro, il nostro è un tipo di amore rigorosamente platonico che sa astenersi senza fatica da certe vie di fatto. Adesso sei più sereno, fratello?
7) Sms di Copeland delle 12,27 di domenica, mentre si concludeva la nostra camminata: “Uei, la mamma mi ha detto che sei sulle montagne a fare Brokeback mountain…quando torni dalla sodomia?”
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