Dagli anni trenta iniziò a dedicarsi alla scrittura in modo più sistematico, dapprima sfruttando come palestra la propria attività epistolare, in seguito, incoraggiato dai suoi corrispondenti, pubblicando due raccolte di racconti, Le botteghe color cannella (1933) e Il sanatorio all’insegna della clessidra (1937), il secondo corredato da sue illustrazioni. Il mondo della sua infanzia, il padre, la bottega, le stoffe, si animano, si dilatano nello spazio, assumono dimensioni mitiche e fantastiche; la cittadina di Drohobycz, allora devastata dalla corsa al petrolio, dopo la scoperta di giacimenti, diviene una città incantata, in cui la meraviglia non lascia spazio alla grigia monotonia della realtà. Con questi primi lavori, Schulz si guadagnò un posto di primo piano negli ambienti più innovatori dell’arte polacca, aprendosi la strada alla collaborazione con le più importanti riviste culturali. Nel 1938, con il racconto La cometa, confermò l’originalità dello stile e la fantastica immaginazione. Stava portando avanti il progetto di un romanzo, da intitolarsi Il messia, quando la cittadina fu invasa dai tedeschi. Grazie alla conoscenza del tedesco e all’abilità artistica, fu preso a servizio da un ufficiale delle SS, Landau, per il quale affrescò probabilmente le pareti della casa in cui abitava; affreschi ritrovati nel 2001, grazie alle ricerche di un documentarista tedesco. Il 19 novembre del 1942, mentre cercava di uscire dalla città con un lasciapassare, venne ucciso da un ufficiale della Gestapo, forse per un conto in sospeso che questi aveva con Landau, che pare avesse ucciso il suo protetto ebreo quache tempo prima. Anche la tragica fine lo accomuna a Witkiewicz, suicidatosi nel 1939, non appena prese coscienza del destino della sua terra, stretta nella morsa tra Hitler e Stalin. Venne sepolto in una fossa comune e del suo romanzo si perdette ogni traccia, a parte qualche illustrazione che avrebbe dovuto corredarlo.
La narrativa di Schulz è stata avvicinata a Franz Kafka, di cui tradusse e curò un’edizione in polacco, con un’analisi in prefazione considerata tra le più profonde e originali. Del grande praghese, l’artista polacco non ha la forza e la pretesa etica, ma volge la sua immaginazione a ricreare un altrove meraviglioso; meglio, come scrisse nel suo racconto L’epoca geniale, a regredire, a rivivere la propria memoria, non come realmente vissuta, ma come rivissuta nel ricordo, ricreando l’incanto e rivivendolo con la coscienza del costante ripetersi di eventi irripetibili. Negli ultimi decenni, il suo lavoro è andato via via assumendo una posizione di primo piano nella letteratura e nell’arte europea del novecento, grazie soprattutto all’attenzione di scrittori quali David Grossman e Angelo Maria Ripellino.