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Bubbolo va in Estonia – #1

Da Peolaborghese @mesosbrodleto
Scendo qui, grazie

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Quando a Bubbolo ho detto che saremmo andati in Estonia, non ha fatto salti di gioia.  I cani sono restii alle novità, animali fedeli alla loro linea. Passare l’inverno a Tartu, città universitaria estone, è in effetti una dura prova per qualsiasi animale, compresi i padroni di cani.

Valigia stipata all’inverosimile di abiti pesanti, e di nuovo a Fiumicino.  Stavolta però non si va a Fortaleza dei Marmi, questo non è un viaggio premio. A Tartu Mussolini ci mandò in esilio un giovane Indro Montanelli. Sull’aereo per Helsinki, la maggioranza è coreana. Con la sorpresa del viaggiatore occasionale, scopro che Finnair, la compagnia di bandiera finlandese, è il vettore principale tra europa ed asia. Ho una visione distorta dei paesi del nord. Mi sembrano composti solo da neve, renne e bionde. Non è così, quest’anno non c’è neanche la neve. Fino a qualche giorno fa, le temperature non erano quasi mai scese sotto lo zero, il primo natale non bianco del secolo. Oltre ai coreani, comunque, ci sono anche un pugliese che spiega a un lucano come in Finlandia si possa aprire una partita iva in 30 minuti, e una coppia di donne con bambino, in cui una delle due donne ha le sembianze di un uomo. Da qui il dubbio: se in una coppia gay uno dei due è praticamente di sesso opposto, può ancora essere definita coppia gay? Al pensiero di una nuova possibile definizione di identità sessuale, anche Bubbolo ha un sussulto.

A Helsinki nevica (finalmente!) e ci sono -7 gradi. L’aeroporto è immenso, con la wifi ovunque e le prese di corrente per i portatili. Non sono queste, però, le curiosità più interessanti. Ciò che può mandare una persona sana al manicomio, è il silenzio. Fiumi di gente in transito, negozi, bar: non vola una mosca. Sorridono, parlano, ma non fanno rumore. Ci fosse stato un venditore di apparecchi acustici, me ne avrebbe appioppato subito uno.

Da Helsinki a Tartu il volo assume le caratteristiche più consone al viaggio che fece Montanelli. Aereo-trabiccolo con le eliche, solo una decina di persone a bordo. L’aeroporto di Tartu è un parcheggio ghiacciato. Ritiro la valigia nel tempo più breve della storia: 25 secondi. Dopo 18 ore di viaggio, tra auto aereo e attesa, mi attende l’Etiope: sarà lui la mia guida, nonché l’unico che conosco a Tartu oltre a Bubbolo.

Prima di arrivare al mio monolocale in centro, roba da dandy estoni, l’etiope mi mostra Tartu dal finestrino della macchina. Non c’è anima viva in giro, il vento taglia le orecchie. Arrivo in quella che sarà casa mia per i prossimi mesi: bella, piccolissima, accogliente, vuota. Mi fiondo fuori alla ricerca di cibo. Durante il giro di prima ho visto un’insegna chiara: “la dolce vita”. Italiani che aprono ristoranti, dio li benedica. Si spende pure poco, pizza e birra per 9 euro. La radio manda Ramazzotti e Mino Reitano, Bubbolo scuote la testa. Non sopporta gli stereotipi dell’italiano all’estero. A panza piena torno a casa, mi attende la mia prima notte nell’ex-unione sovietica.

Due immagini si compongono nella mia mente: uno scrittore russo che scrive a lume di candela sospirando di dolore ad ogni tocco di penna, e il Sergente nella neve di Mario Rigoni Stern. Ad ogni angolo della città sembra spuntare l’attendente che chiede “ghe riverém a bàita?” Tradotto in italiano sarebbe: “argiremo a chèsa?” Tra l’altro non so neanche come finisce quel libro, non l’ho mai finito di leggere.

Bubbolo va in Estonia – #1

“ma dua cazzo semo” sembra pensare il mio compagno d’avventura Bubbolo



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