Politeismi
“Il vero coraggio è restare qui”, dicono. Lo dicevo anche io, leggendo dei tanti italiani scappati via a fare qualsiasi mestiere lontano dall’Italia. Dopo un mese e mezzo di Estonia ho capito che quella frase è una cazzata colossale. Ci vuole fegato a partire con un biglietto di sola andata per posti dove il sole non si vede mai, o quando si vede dura 22 ore e per dormire bisogna sigillare le finestre. Dove tutti parlano, bene che va, un ottimo inglese, che sarà cool quanto vi pare, ma è pur sempre una lingua noiosa e inespressiva. Niente a che vedere con la musica che ascoltiamo in Italia. Paesi dove tutti i piatti principali sono patate. Lesse, al forno, puré. Patate a perdita d’occhio. Posti tranquilli, silenziosi, quanto di più inquietante per chi è abituato a sentire una sirena ogni quarto d’ora. Abito in pieno centro, il posto più rumoroso della città, ed ho sentito un solo clacson in 60 giorni. C’è talmente tanto silenzio che per addormentarmi accendo la tv. Non capisco poi come sia possibile che qui non stia male nessuno, o forse qui le sirene sono silenziose. Solo luci con sottotitoli: “fuori dalle palle o l’omino me more per strada”. Gli estoni capiscono e accostano.
Dal punto di vista di uno che comunque tra due mesi torna a casa, emigrato temporaneo, l’idea di emigrare non è meno coraggiosa del rimanere in Italia. Dare del codardo agli emigranti può essere una buona medicina per l’autostima, per sentirsi dei leoni in gabbia. La realtà è diversa, non c’è nulla di male nell’ammetterlo. Certo, l’italia in questo momento è quello che è: se vuoi fare il maestro di sci, l’appennino umbro marchigiano non ha più posto per te. Il riscaldamento globale ti costringe a salire a nord. Fuori dai nostri confini c’è un mondo non certo meno duro, forse con qualche possibilità in più e uno stato che pare non voler trattare i cittadini come fossero suoi nemici.
Mentre il silenzio di Tartu mi porta a queste riflessioni profonde, Bubbolo mi parla di Renziful, la telenovela del governo italiano. Non ha gradito per niente le consultazioni con Peppecristo, come prima non gradiva le bugie di Renzie, come prima non gradiva l’immobilismo urticante di Letta, come via dicendo. La sua conclusione è che in Italia ci sono vari tipi di cani: quelli che scodinzolano dietro Renzi, quelli che scodinzolano dietro Grillo, quelle che scodinzolano davanti a Berlusconi, e come tutti i cani del mondo quando si incontrano si azzuffano, non perché si vogliono male, semplicemente perché sono bestie non troppo sveglie. Poi ci sono anche i cani che non scodinzolano a nessuno, perché sono senza padrone e infatti stanno tutti al canile.
L’Italia, vista da fuori, è una distesa a perdita d’occhio di occasioni sciupate.