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Bugia o verità inconscia?

Da Renzo Zambello

di: Renzo Zambello

Gentile  Dottore, sono la  mamma di  un bambino di 6 anni che è sempre stato bravo in casa ed ora anche a scuola,  ma c’è una cosa che mi preoccupa di lui, dice tantissime bugie e nega diventando rosso quando glielo facciamo notare. Io e suo padre non sappiamo come comportarci, non vorremmo punirlo ma temiamo che questa cosa possa dargli dei problemi crescendo. Lei cosa mi suggerisce?

Bugia o verità  inconscia?

Gentile Signora,

alcune settimane fa, Federico Rampini, grande giornalista e inviato della Repubblica, scriveva un artico dal titolo: “ Bugie, piccole menzogne fin dall’asilo come farli smettere”.  Egli con la fluidità di scrittura che gli è propria riportava  gli studi di due Università,  una di Montreal in Canada e l’altra di New York dai quali emergeva  che il ricorso alla bugia è molto più diffuso di quanto crediamo ed è una tappa obbligatoria  nella crescita psicologica del bambino.  Infatti, uno sviluppo psicologico normale prevede che all’età di due anni il bambino cominci a mentire. Il suo pensiero si sviluppa in un mondo di  ”come se fosse”  che gli permette di creare astrazioni  e spesso con grande coinvolgimento il bambino  finge, gioca  di essere  una persona  differente da ciò che è.  Al terzo anno di età, secondo gli studi riportati da Rampini, il 33%  dei bambini mente  “per evitare guai”. Dai quattro ai sette anni di età, oltre alla classica bugia per sottrarsi ad una punizione appaiono altre tipologie quali la menzogna che serve ad attirare l’attenzione oppure a conquistare l’approvazione degli adulti. Da questi studi   si scopre  poi che la tendenza a mentire è costante in ogni parte del mondo ed i genitori sono poco capaci di scoprire le bugie dei loro figli. Fino all’età pre-scolastica i genitori riconoscono il 53% delle bugie dei loro figli ma la percentuale si abbassa al 33% con figli tra i 6 e gli 8 anni e al 25% nell’età adolescenziale.  Credo possa alleviare un po’ la preuccupazione dei genitori  sapere che secondo l’Università di  New York la menzogna è tanto più raffinata nei ragazzi che hanno “capacità di concentrazione e talenti di socializzazione”.

Ora ci si può chiedere perché i bambini mentono. Credo che dagli studi emerga in modo chiaro quali siano le motivazioni interne soprattutto nei primi anni.  A due tre anni il mondo del bambino è ancora un mondo onnipotente, dove magia e realtà si confondono ma,  questo non è un problema, anzi il genitore alimenta quel mondo, raccontando  favole e stimolando  il bambino a “sognare”. Poi, verso i quattro cinque anni, questo mondo piano, piano si riduce. Il genitore ed  i primi impegni fuori dalla famiglia,  lo limitano. Aiutano il bambino ad acquisire un rapporto con la realtà sempre più corrispondente, fino ad imparare a rispettare orari e compiti prefissati nell’età scolastica.

E allora, perché continuano a mentire? Ci potremmo dire ma perché non  lo dovrebbero fare. Vivono con adulti che mentono in continuazione.  Forse non ci rendiamo conto ma noi adulti mentiamo continuamente anche davanti ai bambini. Pensiamo di farlo a fin di bene ma in realtà raccontiamo tante bugie davanti al bambino. E’ così strano che un genitore si dia ammalato con il suo datore di lavoro  per poter assistere  un figlio?

Però,  se ci incamminiamo su questo percorso, quello della “verità” sempre e ad ogni costo diventa  una via pericolosa e a mio avviso questa si veramente “falsa”. Pensiamo ad esempio al nonno ammalato grave, perché il bambino dovrebbe sentire che gli viene detto  a lui e anche al nonno che la situazione  è grave e  senza speranze? Perché il bambino dovrebbe sentire  i genitori,  ospiti a casa di amici,  affermare che il cibo non è buono e l’ospitalità è scarsa anche se avverte che è questo quello  che loro pensano?  Ma c’è un motivo in più per noi adulti che ci spinge  a non avere la pretesa di essere “veri” sempre: la consapevolezza che molto di quello che facciamo e diciamo e sotto l’influsso di una parte inconscia che non conosciamo e che molto spesso “la pensa in maniera diversa”.

Ricordo un paziente che venne da me un po’ agitato, si era sposato da pochi mesi e prima del matrimonio aveva “fatto voto” alla sua futura sposa che non l’avrebbe mai  tradita  ed  evangelicamente neanche mai  pensato  ad altre donne. Bene, giorno di nozze, arriva sera, vanno a dormire e lui sogna di fare l’amore con sua cognata. Il poveretto, si sveglia al mattino pieno di sensi di colpa: “aveva mentito!”.  Ma è vero? Certo che no,  se  diamo credito all’azione dell’inconscio.

E allora che fare con i nostri bambini che mentono?

Credo che il compito dei genitori sia proprio quello non di valutare il giusto e lo sbagliato secondo categorie rigide ma cercare di capire il significato di quella bugia. Ad esempio un bambino che mente raccontando che il padre fa il Manager mentre magari è un operaio in fabbrica, avrà pure un significato in quella famiglia.  Magari il padre vive malamente la sua condizione, magari ciò che è importante in famiglia non è tanto quello che si è ma quello che  appare. Oppure, il bambino che torna a casa e racconta di avere preso 9 in matematica, magari è  uno scarso da 6, dovrebbe far persare i genitori sulla incapacità che ha il figlio a riconoscere i suoi limiti. Certo, nel caso della signora della lettera prenderei un po’ sul serio il fatto che il bambino arrossisca. E’ evidente che si sente in colpa, ma per cosa? Per la bugia o per non essere quello che ha raccontato di essere?

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