di Kaspar Hauser
In quest’epoca neomedievale, fatta di feudalesimo economico e millenarismo maya, non potevamo certo farci mancare il culto delle reliquie. All’interno della cattedrale Alexandre Nevsky di Sofia sono esposte al ludibrio dei fedeli le ossa di Giovanni Battista, rinvenute nel 2010 durante uno scavo archeologico nell’isola di Sveti Ivan (San Giovanni, appunto) sotto un monastero medievale in un sarcofago con dentro dei resti umani, tra cui la falange di una mano, un dente e la parte anteriore di un cranio. Sul sarcofago un’iscrizione in greco antico. L’iscrizione contiene un riferimento a Giovanni Battista.
Si tratta dunque di ossa originalissime, non di un prestito da Roma, Siena, Genova, Napoli, Firenze, Istanbul, Damasco o Ragusa, dove parti delle ossa del santo, ceneri, sangue, dita, sono pur conservate. A patrocinare gli scavi è stata la National Geographic Society, che dopo il ritrovamento del cosidetto Vangelo di Giuda deve averci preso gusto con il vintage cristiano.
Prese in consegna dalla Chiesa ortodossa bulgara, le ossa sono attualmente esposte alla venerazione dei fedeli, ma il clamore mediatico ha attirato l’attenzione di ignoti ladri, che hanno portato via la costola. Il vescovo ha emanato un editto per annunciare che “l’inferno e la dannazione colpiranno non solo la persona che ha rubato la costola ma anche la sua famiglia e il villaggio dove la reliquia è stata portata”. Maledizioni degne del mago Othelma. Eppure le ossa dei santi (presunte ossa dei santi, presunti santi quando furono in carne) sono da secoli oggetto di ruberie e commerci, persino guerre.
Due mercanti veneziani, ad esempio, trafugarono da Alessandria d’Egitto le spoglie di San Marco con uno stratagemma nell’anno 828 e le portarono nella Serenissima dopo averle nascoste in una cesta di ortaggi e di carne di maiale. Almeno secondo quanto ci dice il Contarini. Ma perché le cercarono proprio ad Alessandria? Perché lì, il santo, pare fondò la chiesa copta e lì, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine il santo morì. La parola chiave è “legenda”. Poiché delle vite dei santi sa punto e poco. Così del nostro Battista sappiamo che era asceta, figlio di una famiglia sacerdotale, fondatore di una setta ebraica battista che ispirò il cugino, Gesù poi detto Cristo, per la sua setta ebraica non rabbinica di cui oggi vediamo monumentali rappresentazioni e qualche sconcio sotterfugio finanziario. Come ci insegna Caravaggio, il Battista morì decollato, per ordine di Erode Antipa. Ma che ne fu delle sue ossa?
Quel che la tradizione medievale ci consegna è uno scheletro tutto da ricomporre: la testa del Santo è ora conservata nella chiesa di San Silvestro in Capite a Roma. Ma senza la mandibola, che sta a Viterbo. Nel Palazzo di Topkapi ad Istanbul sarebbero conservati un’altra testa e il suo braccio sinistro. Il braccio destro si trova nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Siena. La mano destra è conservata in un reliquiario a Rapagnano. Un dito sta a Firenze. Il sangue a Napoli. A Damasco ci sono ossa del busto, un braccio, un femore. Una ciocca di capelli sta a Monza. Mancano gambe e piedi, la mano sinistra, poi c’è tutto. Magari mettendo insieme le centinaia di schegge d’osso conservate qui e là in Europa e Asia minore riusciamo a dare corpo a questo scheletro.
A Sveti Ivan sono state trovate una falange (manca), un dente (manca) e parte del cranio (ce l’ho). Era tricipite il Battista! Miracolo della fede, che crede in quel che vuole. E ne ha ben d’onde, per carità. Nello stesso sarcofago, stranamente, sono state ritrovati anche tre ossa di animali (una pecora, una mucca e un cavallo), risultati più vecchi di 400 anni rispetto ai resti umani, datati al carbonio 14 da Thomas Higham, accademico di Oxford, e che risultano appartenuti a un essere umano di sesso maschile, vissuto in Medio Oriente nel I secolo d.C.
“Le ossa di animali sono le più grandi del gruppo: potrebbero essere state messi lì per ‘rimpolpare’ quella che sembrava una collezione di reliquie piuttosto misera“, ipotizza Higham. Andrew Millard, archeologo dell’Università di Durham che non ha partecipato alla ricerca, ribadisce che le prove scientifiche possono solo provare che le ossa appartennero a un uomo vissuto all’epoca e nei luoghi di san Giovanni Battista. Ma niente assicura che chi le portò in Bulgaria le abbia tratte davvero dalla tomba del santo. “Magari le presero da una tomba qualsiasi”.
Le strade romane, che all’epoca servivano ancora l’impero, collegavano Gerusalemme con la Spagna ed erano la principale via di comunicazione per la cultura, le superstizioni, le merci, gli eserciti e le religioni. Se si osserva la predicazione di Saulo, poi Paolo di Tarso, si vede bene come coincise con la presenza di strade. Strade che arrivavano fino ad Apollonia, antica città greca, forse di fondazione fenicia, poi romana e mai conquistata dai barbari, divenne bizantina e fu contesa dai veneziani tanto era prospera. La città, distesa sulla costa del mar Nero, si chiama oggi Sozopol e sta in Bulgaria. Nella sua baia, l’isola di San Giovanni. Crocevia della Storia, delle credenze e dei sotterfugi.