La principale caratteristica che distingue la bulimia dall’anoressia è la presenza di ricorrenti abbuffate. Questo provoca episodi nei quali si consumano grandi quantità di cibo (abbuffate) in un piccolo intervallo di tempo. Il malato riferisce la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare durante l’episodio, cioè di aver perso completamente il controllo della situazione.
Nel tentativo di non ingrassare, successivamente all’episodio bulimico, le persone affette da bulimia si possono procurare il vomito o ricorrere a lassativi, purghe, farmaci anoressizzanti, diuretici e ormoni tiroidei (sono le cosiddette “condotte compensatorie”).
Le persone con bulimia sono terrorizzati dall’idea di ingrassare, ma allo stesso tempo sono attratti in maniera irresistibile dal cibo. Molto spesso (ma non sempre) nella loro storia è presente una storia di anoressia nervosa. I livelli di autostima delle persone affette da questo disturbo del comportamento alimentare sono esageratamente dipendenti dal peso e dall’immagine corporea.
Il DSM-IV ne distingue due tipi di bulimia:
- quello con condotte di eliminazione (uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri, vomito autoindotto)
- quello senza condotte di eliminazione (durante l’episodio di bulimia il paziente ha utilizzato altri comportamenti compensatori ma non ricorre abitualmente all’ uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri o al vomito autoindotto).
Le persone con bulimia presentano:
- denti con smalto opaco, carie ed erosioni dei denti, infiammazioni delle gengive, ingrossamento delle ghiandole parotidi (dovuti al vomito autoindotto di frequente e al conseguente aumento di acidità all’interno della bocca)
- cicatrici o callosità sul dorso delle dita (segno di Russell), dovuti al continuo mettersi le dita in gola per provocare il vomito
- stipsi e rallentamento del transito intestinale; dipendenza dall’uso dei lassativi per vincere la stipsi
- possibili rapide fluttuazioni del livello degli elettroliti, con importanti ripercussioni sull’attività del cuore (fino all’arresto cardiaco)
Articolo tratta dal Ministero della Salute