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Il mito assoluto era costituito dai Levi's, vietati ai più anche come semplice desiderio; un sogno che rimaneva nelle periferie del cervello senza avere il coraggio di emergere nella sfera cosciente. Come ovvio era soprattutto una questione di costi, anche perchè i budget familiari dedicati a questa tipologia di spese erano limitatissimi ed anche le famiglie abbienti, li consideravano sfizi da non incoraggiare. Questo, tanto per sottolineare che i desideri dei ragazzi sono sempre stati uguali nella sostanza, cambia solo l'entità dei valori commerciali dovuta alla differente capacità di spesa. Il desiderio di possesso, di cose materiali, la prevalenza dell'avere sull'essere, è forse insito nella nostra povera specie animale, una delle tante spiegazioni del nostro successo evolutivo.
Ma torniamo al nostro amico, che, non si sa come e perchè, forse in seguito a qualche meritorio successo scolastico, un bel giorno viene premiato dalla famiglia con l'inatteso acquisto. Eccoli lì, i famosi Levi's che occhieggiano dal pacchetto regalo consegnato allo stupito e raggiante fanciullo, che lo scartoccia frenetico sotto gli occhi amorosi della genitrice, per una volta meno severa. Immediatamente calzati e fatto il risvolto (sì, orrore, allora ai jeans in Italia si faceva un orrendo risvolto) ecco il nostro piccolo eroe che, tronfio, corre ad esibire agli amici il suo trofeo, la sua patente di esclusività. Essendo quello il periodo estivo, la compagnia villeggiava (vi piace questo termine desueto eh?) in montagna ed i due bricconi attendevano il beneficiato dalla sorte come di solito, vicino al torrente, teatro dei ritrovi della compagnia. Il nostro galletto, esibisce il pantalone con noncuranza, ma senza mancare di sottolinearne l'esclusivo possesso e la sua appartenenza ormai conclamata al gruppo dei giovani alla moda.
I due si scambiarono un'occhiata furtiva, poi senza neanche bisogno di accordi, (cosa vuol dire l'intesa tra i grandi amici!), lo squadrarono con occhio critico, manifestando subito dubbi di opportunità di natura tecnica e psicologica. Il jeans appariva troppo nuovo, quasi come fosse appena uscito dal negozio, non aveva quell'aspetto vissuto che avrebbe dato all'insieme, uomo/pantalone quell'aria matura e dannata che tanto sembrava attirare le ragazze, inumidendone immancabilmente l'occhio (altro oggetto misterioso dell'epoca, ma su cui non voglio fare approfondimento oggi). Doveva avere un aspetto leggermente consunto, come se, essendo normale materiale d'uso quotidiano, facesse parte appieno della vita psicologica del personaggio, giovane moderno e dannato, roso da battaglie interiori, e parte integrante di quei ragazzi dall'occhio triste e affascinate che aveva in James Dean in Gioventù bruciata. Il giovane in questione, che aveva totale fiducia nei due furfanti, più vecchi e scafati, comprese che c'era del vero nelle loro affermazioni e subito si dispose ad aderire ai consigli che gli giungevano dall'esperienza. Bisognava dare una "consumata" artificiale ai pantaloni per renderli più "giusti". A tale scopo fu subito individuato per la bisogna un grande masso di roccia ruvida e grossolana al lato del torrente su cui, appoggiate le mani, il nostro cominciò a sfregare ritmicamente e con forza il suo lato B. Di tanto in tanto, non potendo egli stesso controllare lo stato dell'arte, mostrava il lavoro agli amici che, perfidi, continuavano a incitarlo: "Ancora, ancora, così non è sufficiente".
In capo ad una mezz'oretta, in corrispondenza delle magre chiappe (allora i ragazzi erano tutti magri, tranne me naturalmente) si erano formati due buchi clamorosi, che si palesarono, al tocco delle sue mani prima e subito dopo esserseli precipitosamente tolti, anche ai suoi occhi inorriditi, solo quando ormai erano due spaventosi crateri non più recuperabili in alcun modo. Tralascio il seguito della vicenda all'arrivo a casa, ma ancora oggi quando ce la raccontiamo tra di noi e capita immancabilmente quando, amici come allora, ci si ritrova, un velo di allegra malinconia ci prende tutti, moderando automaticamente le sghignazzate. E' la gioventù perduta che i bulli e le pupe di allora, come natura chiede, ingiustamente rimpiangono. Magari domani ve ne racconto un'altra.
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