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Buon calcio a tutti, tra storie estreme e scioperi
Creato il 10 settembre 2011 da Alessandro @AleTrasforiniCon l'inizio del campionato di calcio ritorna, più o meno felicemente, quello sport che Pasolini definìl'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. Essendo il solo spettacolo che ha sostituito il teatro, sempre secondo citazione del grandissimo autore, ha per forza bisogno di attori che sappiano calarsi al meglio nella parte. Negli ultimi anni, purtroppo, la capacità di recita si è mescolata a moltissimi elementi impuri. Specialmente in Italia. Laddove non arrivava il talento, qualcuno ha fatto pervenire cure ritenute miracolose. Laddove non riuscivano colpi di talento a giovani inesperti, si è preferito puntare sul grande nome pagato a suon di miliardi. Sono troppi gli esempi di casi in cui, specialmente nel calcio, sia venuta a mancare l'italianità e l'affidabilità di nomi qualificati. Nonostante tutto, ogni anno riesce a ripartire un campionato con sempre meno spettacolo da offrire e sempre più scommesse da onorare per forza. Giovani e fenomeni vanno via, prima o poi: Sanchez ed Eto'o sono solo alcuni degli esempi che, in questi ultimi anni, hanno lasciato questo immenso carrozzone mediatico. Il calcio non riesce, tuttavia, ad essere solo fenomeno mediatico e ricco: per ogni giocatore che raggiunge gloria e ricchezza, infatti, troppi altri rimangono in ombra. Inseguendo il sogno di sfondare, purtroppo, quasi mai arriva l'occasione tanto desiderata: si finisce quindi in un'inevitabile trafila, mescolando la propria carriera a serie minori dove il confine tra professionisti e dilettanti è, a livello di sponsor e finanze, sempre più sottile. Il calcio è anche questo, e molto altro. Il calcio è fatto da calciatori, ciascuno dei quali ha una storia: in una carriera che va dai 16/17 ai 34/38 (40+ se ben dotati ed allenati, nds), infatti, ogni giocatore descrive carriere uniche ed irripetibili. In questo scorcio di vita ogni uomo può scegliere cosa essere: bandiera o viaggiatore, puro o mercenario. Il calcio può concedertelo, con una serie di devastanti e spropositate ingiustizie economiche a corredo. Ciascun calciatore è, quindi, una storia da raccontare. Una storia tra le tantissime passate, per augurare un buono e diverso calcio a tutti, è quella descritta da Oliviero Beha ed Andrea Di Caro nell'ultimo ed ottimo libro "Il calcio alla sbarra", rifacimento del più noto "Indagine sul calcio". Per opera dello scrittore, si riporta una delle tante storie passate in questo carrozzone. Si tratta, però, di una vita che vale la pena di essere raccontata: "[...] Il caso (estremo) di Gòmez: E parlando di contratti d'oro vale la pena di raccontare la storia di Caesar Gòmez per scoprire un caso limite e una persona rara. 'Ma chi è Gòmez?' si domanderà il lettore. [...] Difensore spagnolo, classe 1967, [...], un curriculum di rispetto: 217 partite e 5 reti nella Liga, cioè un campionato assai simile al nostro. Non un fenomeno, ma neanche un brocco [...]. Viene acquistato dalla Roma nel 1998: 6 miliardi al Tenerife, e contratto quadriennale da 1800 milioni a stagione a lui. Eppure neanche sbarca in Italia che è già di troppo. [...] Bocciato dalla critica ancor prima di cominciare, gioca due spezzoni contro Napoli e Fiorentina, e uno dei quattro derby persi quell'anno: basta. [...] Quattro anni dopo, quasi alla conclusione del suo contratto, rilascia un'interessante intervista [...] in cui, nonostante la sua personale naftalina agonistica, non si pente di aver scelto Roma, lussuoso capolinea della sua carriera: 'Mi sento un uomo realizzato ed estremamente fortunato. Ho coronato il sogno di quando ero bambino, giocare al calcio. L'ho fatto per 15 anni a buoni livelli. A Roma calcisticamente non è andata bene, ma ho vissuto comunque quattro anni in una città bellissima, incontrando persone che mi hanno reso un uomo migliore. Ho avuto anche il privilegio di prepararmi alla fine della mia carriera in modo graduale: il primo anno in panchina, il secondo in tribuna, il terzo mi allenavo a parte, il quarto mi hanno detto che potevo non andare a Trigoria... Quale sarebbe il mio problema? Non aver giocato al calcio? Siamo seri, basta vedere un qualsiasi telegiornale per rendersi conto che i problemi sono altri. Il calcio è solo un gioco, ci sono cose ben più importanti nella vita...Nella vita c'è chi guarda e chi osserva. Dice il Dalai Lama: inseguiamo tutti i giorni il paradiso e non ci accorgiamo che c'è anche in un bicchier d'acqua. Io cerco di apprezzare anche le piccole cose...Non mi pare che nel mio contratto ci fosse scritto che dovessi giocare per forza.. E poi non ho mai conosciuto un allenatore masochista. Il vostro calcio? Avete perso il gusto dello spettacolo e del divertimento. Quello italiano è il campionato più difficile, non certo il più bello del mondo. C'è grande equilibrio è vero, ma anche perchè le squadre che hanno grandissimi campioni giocano come le provinciali [...]. Hanno tutti paura del pallone, neanche scottasse. Quando si parla di tattica sembra di sentire l'elenco del telefono: 3-4-1-2-5-3... metteteci un prefisso, qualcuno risponderà. Ma il calcio non è matematica. Non si vede quasi mai un dribbling, un colpo di tacco, un tunnel. Per capire quanta gioia può regalare il calcio bisogna andare ai giardinetti a vedere i ragazzini...Ecco, mettete dei campioni in un parco senza assilli e paure: vedrete che giocheranno delle partite impressionanti... Quando firmai il mio primo contratto professionistico mio padre disse: 'Adesso tenta di diventare un uomo che non sia così povero, da avere soltanto i soldi'. Non l'ho mai dimenticato.'[...]" (Fonte: Il calcio alla sbarra, O.Beha-A. Di Caro, Bur Rizzoli)
Storie uniche, dove talento si mescola inevitabilmente al troppo denaro. Oggi come allora, buon Calcio a tutti.
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