Fine di una trilogia? Forse. Con “Buoni a nulla”, presentato nella sezione Gala del Festival Internazionale del Film di Roma, Gianni Di Gregorio conclude idealmente il cammino del suo alter ego, Gianni, protagonista delle tragicomiche e umanissime avventure iniziate nel 2008 con “Pranzo di Ferragosto” e proseguite poi con “Gianni e le donne”. Questa volta a fargli compagnia ci sono Marco Marzocca e Valentina Lodovini, insieme a camei d’eccezione come quelli di Ugo Gregoretti e Giovanna Cau. La lezione? Imparare a dire di no e imporsi in un mondo che ci vuole sempre più rampanti, giovani e veloci.
“Buoni a nulla” parte da una sceneggiatura molto solida e da un’idea ben precisa. Quanto però l’intervento di ognuno di voi è stato fondamentale durante le riprese?
Marco aveva sempre l’asso nella manica. Finiva spesso la battuta più bella e lo lasciavo fare, non andavo mai in stop. È stato bellissimo lavorare così, tutto è avvenuto in modo molto naturale: per esempio la battuta sulle aspirine nella scena in cui Marco incontra la mamma di Cinzia, è nata così, non c’era nella sceneggiatura. Marco l’ha detta scherzando, la macchina da presa era spenta ed è stata una delle cose che ci ha fatto più ridere. Valentina era andata via, aveva deciso di lasciarli in scena da soli, un attimo prima mi aveva detto: “Io vado via, li lascio soli e vediamo che succede”. Poi è diventato tutto vero, mi dicevano di fermarmi e io invece ho continuato a girare.
Quanto è difficile essere se stessi oggi?
Abbiamo sempre paura di essere noi stessi, di contrariare l’altro, perché ci sono stati imposti dei codici da rispettare. Fino a quanto si può arrivare a mistificare, quanto è giusto? Me lo chiedo spesso. È un po’ la condizione umana quella di barcamenarsi e vivere per gli altri. La speranza per noi era di vedere quante persone si sarebbero riconosciute in queste storie e rendersi conto anche di quante fanno finta di essere cattive.
Come avete lavorato a livello di messa in scena?
Gli spazi non erano facili, abbiamo fatto tante inquadrature, l’ufficio era molto complicato, abbiamo dovuto lavorare parecchio. Lì c’è stata la sorpresa di Valentina: era talmente brava , l’ho vista mentre si preparava a entrare nel personaggio di Cinzia, l’ho osservata durante questi suoi preparativi e ho rubato il suo essere Cinzia in quel momento: si limava le unghie, ammiccava, si muoveva senza proferire parola, era quasi un personaggio muto e ho voluto rifare tutto questo nella scena in cui Gianni entra ufficio per la prima volta. Ho visto e rubato subito. Quando ho visto come Valentina si muoveva , come muoveva la testa mi sono quasi commosso, è stato emozionante e mi sono detto: “E’ lei!”. Per un regista sono cose importanti, che ti lasciano di stucco.
Quanto è importante adattarsi, cambiare la propria natura e quanto invece questo mondo corre in una maniera che forse andrebbe rallentata?
Il mondo va veloce, trita un po’ tutto, a volte può tritare in un attimo conquiste secolari, diritti basilari e universali dell’uomo, come il diritto alla libertà. C’è qualcosa che non quadra, sarebbe bello fare tutto con equilibrio e nel pieno rispetto per i diritti.
Gianni è un uomo prossimo alla pensione, un impiegato vecchio stile che all’improvviso si ritrova catapultato in un mondo (quello del lavoro) che gli è estraneo. E’ un uomo mite, obbediente, a cui a un certo punto la vita chiede di reagire. Possiamo considerarlo lo specchio della storia del nostro paese, che forse per troppo tempo è rimasto in silenzio?
Di fronte allo sfacelo bisogna reagire e tornare all’ottimismo, come fa Gianni che si rimette in discussione, che ci riprova e si innamora anche nel corso di questa storia.
Non ci credo all’uomo schiacciato dalla vita, in questo momento storico bisognerebbe combattere tutti per rimettere in piedi il nostro paese.
Possiamo considerare “Buoni a nulla” una conclusione del cammino del tuo personaggio, cominciato con “Pranzo di ferragosto”?
Non saprei, in un certo senso è la fine di una trilogia, volevo andare fino in fondo sul personaggio e vedere se poteva cambiare: potrebbe essere finita.
Il fatto che tu sia sempre protagonista delle storie che scrivi è determinate per la scelta di ciò che racconti?
No. In realtà sto cercando di sottrarmi, come è evidente dalla scelta in questo film di far emergere altri personaggi. Fare l’attore per me è una fatica tremenda, voglio fare il regista perché mi piace e mi diverte. Ho usato me stesso come attore cinicamente, così come avrei usato una bella location, una casa o qualsiasi altro mezzo, perché funzionava; ma non ho lo spirito dell’attore, cerco di esserci sempre di meno.
Ritroveremo Gianni in altre storie?
Non lo so, può essere. Il prossimo progetto sarà insieme a Marco, ci stiamo lavorando…
di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net
Foto di Federica De Masi per Oggialcinema.net