(pubblicato su Lettera43 l’8 agosto 2011)
«Isola di pace e d’oblio». Questo è il ricordo che Leon Trotsky aveva di Büyükada, la più grande (büyük, in turco: da qui il suo nome) delle isole dell’arcipelago dei Principi di fronte a Istanbul.
Lì passò i primi anni d’esilio: dal 1929 al 1933, in una villa in riva al mare di Marmara, oggi un po’ malandata, scrisse i tre volumi della sua celebre Storia della rivoluzione russa.
IERI L’APPRODO DEI PRINCIPI IN ESILIO. All’epoca di Trotsky, Büyükada si era ormai attrezzata per accogliere ospiti anche di rango; ma molto poco ospitale deve essere sembrata ai suoi primi esiliati: ai quei principi e a volte imperatori bizantini forzatamente trasferiti – a causa di rovesci politici – da Costantinopoli nei monasteri creati un po’ ovunque nell’arcipelago, isolati nei boschi ma sempre panoramicamente in vista della capitale.
Poi, a fine Ottocento si è trasformata in luogo di villeggiatura e di soggiorno ameno e balneare – per istanbulioti e turisti occidentali – con ville e alberghi lussuosi. Anche Angelo Roncalli, allora delegato apostolico (dal 1935 al 1944) in attesa di diventare Giovanni Paolo XXIII, disponeva di una residenza estiva piacevolmente frequentata.
OGGI LE GITE E I PIC-NIC DOMENICALI. Dopo l’invenzione del turismo di un giorno negli Anni ’30 e il boom degli Anni ’50, oggi Büyükada è la meta irresistibilmente prediletta per le gite e i pic-nic domenicali: a poche decine di minuti in vaporetto dalla città, priva di vetture sostituite da calessi trainati da ossuti cavalli, dotata di una vasta pineta collinare, ricca di ogni forma di ristorazione, punteggiata da spiaggette non sempre facilmente accessibili e da stabilimenti di classe con piscine in alternativa, ravvivata da una passeggiata circolare e alberata – ingentilita da fiori di ogni colore e fragranza – che consente di ammirare da vicino le abitazioni più sfarzose e ardite.
Senza troppe distinzioni di età o di ceto: al di là dei fortunati possessori – o affittuari stagionali – delle ville storiche o di più modeste dimore.
Tappa irrinunciabile, la chiesa e il monastero di San Giorgio: meglio se in calesse, sul picco nella parte dell’isola più lontana dal molo. San Giorgio è formalmente una chiesa ortodossa: ma è nei fatti un santuario condiviso, frequentato dai fedeli delle tre religioni monoteistiche come avveniva frequentemente in passato nello spazio ottomano.
PRESO D’ASSALTO DAI FEDELI. Il 23 aprile, nel giorno del santo, è praticamente assaltato da decine di migliaia di persone, in larghissima parte musulmane, ma non mancano armeni ed ebrei, che esprimono desideri e implorano grazie: rendendo il proprio messaggio più convincente tramite candele e fili di cotone colorati – a ogni tipologia di grazia corrisponde un colore diverso – srotolati su per il colle, tramite la richiesta di benedizioni ai sacerdoti in servizio e il ricorso al segno della croce, tramite la composizione stilizzata con fiammiferi della casa dei propri sogni.
UN PELLEGRINAGGIO FESTOSO. Se la richiesta viene esaudita, tornano l’anno seguente con una scatola di zollette di zucchero da distribuire. L’atmosfera è festosa: e il raccoglimento cede rapidamente il posto a foto ricordo, a una sosta nell’adiacente ristorantino con vista a 360°, all’acquisto delle ghirlande di fiori che testimoniano – una volta tornati a Istanbul – l’avvenuto pellegrinaggio.
Dallo scorso anno, Büyükada è coinvolta in un avvincente esperimento culturale esteso a tutto l’arcipelago, il cui obiettivo è rivendicare e valorizzare l’identità mescolata delle isole dei Principi, abitate da comunità di romei (greco-ortodossi), armeni, aramei, ebrei che hanno sempre vissuto in pace e in armonia.
UN MUSEO PERMANENTE. In occasione di “Istanbul 2010, capitale europea della cultura”, la municipalità isolana e una fondazione culturale (Adalar Vakfı) hanno infatti ottenuto i fondi necessari a realizzare un museo pensato come rete: con uno spazio dedicato alle collezioni permanenti e alla didattica (che ha trovato posto, dopo varie peripezie, in un ex hangar per elicotteri), un giardino più vicino alla zona turistica per le mostre, biblioteche e centri culturali da coinvolgere in una programmazione condivisa.
L’Adalar Müzesi, il museo delle isole, oltre a presentare una ricostruzione cronologica – geologica ancor prima che storica – dell’arcipelago, dedica particolare attenzione agli aspetti sociali e culturali della vita isolana negli ultimi 150 anni.
Vi svolge un ruolo prezioso di “consigliere generale” Akillas Millas, medico romeo d’Istanbul emigrato negli Anni ’80 ad Atene che ha messo a disposizione i suoi studi e una ricca collezione – esposta solo in parte – di foto, cartoline, documenti, cimeli.
GLI ISOLANI IN PRIMA FILA. I veri protagonisti del progetto Büyükada sono stati infatti gli stessi isolani: che, opportunamente sollecitati dalle autorità e dallo staff del museo, hanno contribuito a questa straordinaria operazione di recupero della memoria collettiva – materiale e immateriale – donando oggetti d’uso quotidiano e ricordi personali, offrendo testimonianze orali debitamente registrate.
Il materiale raccolto, professionalmente valutato e archiviato, forma la base dell’esposizione permanente ed è già stato utilizzato per allestire mostre temporanee: sul turismo nelle isole, sulle «vite straordinarie di persone ordinarie» delle adalar.
I GRANDI EDIFICI STORICI. Ultima in ordine di tempo, frutto di una minuziosa ricerca condotta del professor Hasan Orhan Kuruyazıcı presentata su grandi pannelli, quella sugli architetti, molti appartenenti alle minoranze, che hanno lavorato nell’arcipelago in epoca ottomana: gli autori – spesso dimenticati o sconosciuti – delle ville, degli alberghi, degli edifici pubblici o di culto che sono ancora oggi il vanto delle isole dei Principi.
UN LABORATORIO A CIELO APERTO. Per Raffi Araks, vice-sindaco di origini armene e per lungo tempo esiliato politico a Parigi, le isole del mare di Marmara sono una sorta di laboratorio della Turchia, la prova di una coabitazione possibile che riconosce e accetta le differenze: un incentivo a metabolizzare i drammi del secolo scorso e a ricostruire i rapporti di buon vicinato un tempo prevalenti.