Un elemento che accomuna molti dei genitori che si rivolgono a me per difficoltà nella relazione con i figli, è l’incapacità di saper dire loro di no. Spesso si mostrano stupiti per gli atteggiamenti provocatori dei loro bimbi/ragazzi, dichiarando di aver fatto di tutto per essere dei “buoni genitori”. Spesso questa espressione coincide con l’idea che i figli debbano essere sempre felici e non debbano conoscere delusioni o frustrazioni. I genitori convivono spesso con il senso di colpa derivante dalle lunghe assenze legate ai ritmi quotidiani e così l’unico modo per “recuperare” è quello di accontentare in tutto e per tutto i figli.
I “genitori di oggi” riconoscono il più delle volte nel dialogo lo strumento educativo esclusivo e intravedono come obiettivo principale quello di instaurare con la prole un rapporto alla pari, come tra buoni amici. Sono bandite regole o punizioni.
E’ inevitabile dunque che i figli, sin dalla tenera età, non abbiano alcuna percezione dei limiti e si abituino a chiedere sempre di più mettendo in seria difficoltà i genitori, a loro volta sempre più incapaci di contenerli.
Spesso dimentichiamo che i bambini non sono in grado di autoregolarsi e di capire cosa è meglio per loro: hanno bisogno che l’adulto metta dei paletti, delinei dei confini precisi. Questi non devono essere percepiti come limitanti bensì come rassicuranti. L’idea di spiegare al bambino il perchè di un no è sicuramente lodevole ma non possiamo aspettarci che venga davvero compreso. Il più delle volte il bambino non ne ha le capacità cognitive. Spesso il genitore pensa che il rimprovero o la punizione, cui magari giunge per sfinimento, rappresentino un fallimento educativo e si colpevolizza per non aver utilizzato al meglio il dialogo. Al contrario, i figli a volte provocano proprio per testare l’autorevolezza dei genitori e sentire che esistono dei confini precisi all’interno dei quali muoversi. A tal proposito non è escluso che i comportamenti antisociali in fase adolescenziale rappresentino un tentativo estremo di sfidare la Legge (quindi l’Autorità, il genitore putativo) e di ottenere quel contenimento (la punizione) che è stato carente in famiglia.
Le regole, le frustrazioni, i no, aiutano i figli a capire che non è tutto dovuto, ad accettare con più serenità regole e frustrazioni che la sfera extrafamiliare inevitabilmente riserverà loro.
Esercitare l’autorità con i figli non è affatto facile: se troppa soffoca, se insufficiente si sentiranno abbandonati. Come si fa dunque ad essere buoni genitori? Ovviamente non esistono manuali, nè regole che lo insegnino. Basterà tenere conto di propri valori e principi, del rapporto che si ha con quel determinato figlio e ovviamente della sua personalità. L’importante è mostrarsi sempre coerenti, evitando di oscillare da un modello educativo all’altro e rischiando di risultare contradditori. E poi è indispensabile essere indulgenti con sè stessi…il mestiere di genitore si impara giorno per giorno, così come quello di figli.