“[Im]possibile living”, l’idea di due giovani professionisti per ridare una seconda vita agli edifici abbandonati in Italia e nel mondo.
In Italia oggi esistono oltre 2 milioni di case abbandonate e disabitate. Questo, secondo l’ultima ricerca Cescat-Centro Studi Casa Ambiente e Territorio di Assoedilizia, condotta nel 2009.
Ad allora risalgono gli ultimi dati che censiscono i casolari, le baite, le ville rustiche, le antiche magioni, i casali, le rocche, i cascinali e le case cantoniere che oggi in Italia sono diroccate o cadenti e, comunque, disabitate e inutilizzate. Molte di queste si trovano in zone pregiate e spesso, sono addirittura interi borghi completamente abbandonati. Una realtà significativa che il più delle volte risulta ancora iscritta al Catasto e su cui, oltre all’abbandono, regna la più totale confusione.
Uno spreco di risorse e territorio a cui, in tempo di crisi, gli investitori hanno iniziato a guardare con attenzione incontrando il favore delle Amministrazioni locali, in termini di permessi, autorizzazioni e concessioni.
Il primo passo però, dal momento in cui gli archivi del Catasto non sono aggiornati, è capire dove sono questi edifici.
Daniela Galvani e Andrea Sesta
Ed è questa l’idea venuta ad Andrea Sesta e Daniela Galvani (nella foto), due giovani architetti che nel gennaio 2011 hanno fondato la start up “Impossible Living”. L’obiettivo è costruire, attraverso il web e i social network, una mappa italiana e, perché no, anche mondiale, di tutti gli edifici abbandonati e creare attorno ad ognuno di essi una comunità virtuale da cui far partire un progetto di riqualificazione.
Andrea, 29 anni ingegnere informatico e gestionale con un’esperienza in Vodafone e Daniela, classe 1981, architetto che ha lavorato a Vienna su progetti di edilizia sostenibile, sono partiti operativamente a dicembre 2011. Oggi, nel loro archivio on line, ci sono già 500 edifici, di cui 400 in Italia, qualcosa nel resto d’Europa ma anche in Cina e negli Stati Uniti.
Un’idea nata in un pomeriggio di lavoro dopo aver visto Domenico Figiguerra, il sindaco di Cassinetta di Lugagnano (MI) che, in un video su You Tube, spiegava il suo NO a nuove costruzioni. Da lì, la nascita di un blog che è poi diventato un sito con tanto di applicazione, ora su iPhone (Android sarà disponibile a breve) che consente di segnalare immediatamente un nuovo edificio abbandonato. Una volta in funzione l’applicazione, semplice e intuitiva, permette di inserire una foto dell’edificio, aggiungere le informazioni essenziali e mappare, in tempo reale, l’edificio segnalato, con eventuali correzioni da parte dell’utente.
“Il principio a cui ci siamo ispirati”, spiega Andrea Sesta, “è quello di Wikipedia. Contributi inseriti direttamente dagli utenti che, nel nostro caso, possono ritrovarsi in rete con altre persone che condividono gli stessi bisogni, esigenze e progetti. Questo vuol dire che, se ad esempio, un’Amministrazione pubblica decide di investire nella riqualificazione di un edificio abbandonato, saprà come indirizzare al meglio il progetto senza scontentare i propri cittadini. Ma non solo, saprà anche di cosa potrebbero aver bisogno o che cosa desiderebbero diventasse quell’edificio.
“Oltre a conoscere la percezione del territorio e dei suoi abitanti, si potrebbe anche pensare di unire tutte quelle risorse altrettanto “dimenticate” che sono oggi le tesi degli studenti”, prosegue Daniela. “Sono comunque progetti compiuti ma destinati a rimanere sulla carta. Perché non dargli la possibilità di vivere di vita propria, fuori dalle aule scolastiche?. Un vero e proprio ecosistema che finalmente potrebbe aggregare le realtà locali con i potenziali investitori, oltre che con i progettisti. Un modo per far ripartire dei“capitali morti” che creerebbero un circolo virtuoso. Dobbiamo iniziare a pensare che gli edifici abbandonati sono una risorsa da valorizzare e non un problema da dimenticare”.
“Tra i prossimi passi”, spiega ancora Andrea, “quello di sviluppare la funzione wiki in modo che le informazioni su un edificio possano essere modificate in modo collaborativo da tutti coloro che sono in possesso di nuovi dati. In futuro poi si potranno costruire delle schede, aggiungere nuove proposte, aggregarsi in gruppi di lavoro, attingere a un knowledge base per orientarsi nelle prime fasi del progetto e connettersi a un network di professionisti.” Il tutto anche in inglese.
“Un obiettivo ambizioso in cui”, come spiegano Daniela e Andrea, “crediamo molto e stiamo investendo tutte le nostre risorse”. Anche economiche, dal momento che Daniela e Andrea si stanno ancora autofinanziando.