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Non è un caso che c’è voluto Renzi per mettere mano a una riforma del mercato del lavoro come il Jobs Act, capace di introdurre massicce dosi di liberismo nel mercato del lavoro contestualmente a un moderno bracciantato. C’è voluto Renzi per introdurre controriforme che, lette in prospettiva, nel giro di qualche anno determineranno la più rigida restaurazione gerarchica del sistema sociale limitando in concreto le chance di mobilità sociale utili alla sua crescita. C’è voluto Renzi per introdurre una riforma del sistema fiscale in cui, dietro la terminologia inglese ostentata dalla Direttrice dell’Agenzia delle Entrate, si nasconde un indirizzo politico che finirà per legittimare evasione ed elusione fiscale. C’è voluto Renzi per introdurre una riforma delle Province che non solo non ha eliminato l’Ente in questione e non ne ha ridotto i costi, ma ha limitato gli spazi di controllo e di partecipazione democratica da parte dei cittadini sottraendo loro il diritto di eleggere i propri rappresentanti e consegnandolo al ceto politico. Per realizzare la sua idea di modernizzazione restauratrice Renzi ha operato frantumando la coesione sociale, ha operato contrapponendo pezzi di società ad altri pezzi di società. Il conflitto sociale è stato guidato e alimentato in modo talmente abile che a contrapporsi sono quei pezzi di società che più subiscono la modernizzazione restauratrice di Renzi. Poveri contro poveri. Emarginati contro emarginati. Precari contro precari. I figli contro i padri. Generazioni contro generazioni. La vera forza politica di Renzi è nella frantumazione sociale e nell’accentramento del potere decisionale nell’ambito del “cerchio magico” del quale si è circondato.Il “vecchiume”, la classe politica rottamata, pur con i suoi limiti e i suoi difetti, non si sarebbe mai sognato di spaccare la società. Per rendersene conto è sufficiente dare un’occhiata a certi sondaggi. Se alcuni sondaggi non fossero degli indicatori sufficientemente validi basta leggere talune notizie, le quali per quanto edulcorate e passate al setaccio da una sorta di un nuovo Min.cul.pop., rendono l’idea. Penso ad esempio al conflitto sociale scoppiato ultimamente a Roma, ai disordini sociali nel quartiere San Siro di Milano o allo “sciopero sociale” dei giorni scorsi, ecc... Forse il dato più significativo circa la frantumazione del sistema sociale sono proprio i dati elettorali delle elezioni regionali tenute in Calabria e in Emilia Romagna. Non è un caso che Renzi abbia dichiarato che l’astensione è un elemento secondario. Ha detto esattamente ciò che pensa. Per realizzare il disegno restauratore del quale è portatore ha bisogno di un consenso a geometrie variabili che si compone e scompone a seconda dei temi. L’alta percentuale di astensione e del non voto era già rintracciabile in tornate elettorali precedenti. Penso alle elezioni comunali a Roma, le stesse elezioni europee, le elezioni regionali in Basilicata e in Sardegna fino a quelle ultime della Calabria e dell’Emilia Romagna. L’altra sera a Ballarò la Bonafè ha affermato che il Sindaco di New York è stato eletto con il 37% dei voti. Questa affermazione, come quella di Renzi, sono il vero pensiero politico dominante in Italia. La Democrazia è un costo, meglio ridurla se non eliminarla del tutto. La modernizzazione che Renzi sta cercando di attuare non è molto diversa da quella della Thatcher o di Reagan, ha ragione la Camusso. L’azione del Governo Renzi mira a raggiungere due obiettivi e cioè favorire l’accumulazione capitalista ossia la concentrazione della ricchezza in un numero di persone sempre più ridotto e limitare contestualmente gli spazi democratici. Entrambi questi obiettivi rientrano in un disegno più ampio che attiene la ristrutturazione del sistema sociale italiano e la riduzione dello Stato - Nazione in funzione del consolidamento di un sistema di potere oligarchico e tecnocratico rappresentato dalle istituzioni della UE. Il vuoto politico, creatosi a partire dalle Elezioni Europee, ha fatto si che oggi siamo in presenza dello scollamento della società italiana dalle istituzioni nazionali e di una conflittualità sociale che ha bisogno di una proposta politica di democrazia sociale.
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