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"C'era una volta..." (2)

Creato il 04 aprile 2011 da Lauragiussani
Cari lettori, dopo una lunga battaglia al termine della quale il mio computer è tornato finalmente a collaborare, eccoci al primo vero appuntamento di questo speciale. Come già vi avevo anticipato, argomento di oggi sarà la presentazione del famoso poeta danese che mi ha dato l'idea per questa serie di post "speciali": Hans Christian Andersen...e le sue fiabe.Domani invece vi attende una sorpresa decisamente più moderna...e preparatevi, perchè presto verrà richiesta la vostra partecipazione in un'iniziativa legata al Puntometro e a una cosa che "inizia per G e finisce per Y" (che sarà mai, eh?) Non mi resta che augurarvi una buona serata, ma soprattutto...Buona lettura!

Biografia
Hans Christian Andersen nacque il 2 aprile 1805 a Odense, nell'isola danese di Fionia, figlio di un ciabattino e di una lavandaia. Il padre morì quando lo scrittore era ancora piccolo, lasciando la famiglia in assoluta miseria.
Cittadina di provincia, Odense fu comunque capace di fornire ad Andersen tutta una serie di stimoli che gli furono utili per la sua successiva produzione letteraria: le abitudini popolari e le superstizioni ormai sconosciute a Copenaghen, i vecchi racconti ascoltati dalle anziane donne dell'ospizio e il locale teatro, l'unico di tutta la Danimarca che non fosse nella capitale danese. Nel 1819 il quattordicenne Andersen si recò da solo a Copenaghen, in cerca di fortuna. Qui, dopo vani tentativi per affermarsi nell'ambiente teatrale come ballerino o cantante, trovò infine alcuni protettori che gli fecero avere una borsa di studio, consentendogli di riprendere così gli studi interrotti e di laurerarsi.
Nel corso della sua vita lo scrittore fece numerosissimi viaggi nel resto d'Europa e la Germania, in particolare, divenne la sua seconda casa. Anche l'Italia fu molto importante per Hans Christian Andersen: ci venne quattro volte, soggiornando per lunghi periodi e proprio dalle esperienze del suo primo viaggio nella penisola, avvenuto nel 1833-34, trasse lo spunto per scrivere il romanzo L'improvvisatore, che gli diede notorietà internazionale.In totale Andersen fece 29 viaggi all'estero, trascorrendo più di 9 anni della sua vita fuori della Danimarca. Andersen conobbe e frequentò molte persone famose della sua epoca, come gli scrittori Dumas, padre e figlio, Victor Hugo, Charles Dickens e i fratelli Grimm, il filosofo Søren Kierkegaard, lo scultore Bertel Thorvaldsen, i musicisti Franz Liszt, Felix Mendelssohn-Bartholdy e Robert Schumann e la cantante lirica Jenny Lind.

H.C. Andersen Hus di Odense

Nel 1866 fu nominato Consigliere di Stato e la sua città natale, Odense, volle festeggiare l'avvenimento conferendogli la cittadinanza onoraria. Hans Christian Andersen morì il 4 agosto 1875 e fu sepolto, con tutti gli gli onori, a Copenaghen. I manoscritti ed altri reperti originali di Hans Christian Andersen sono ora conservati nella H.C. Andersen Hus di Odense, il museo ufficiale dedicato allo scrittore. (fonte)
La favola del giorno:Durante la sua carriera letteraria Andersen si è rivelato uno scrittore decisamente prolifico, dando vita a favole e anche ad altre opere. A passare alla storia sono però state le prime, e parliamo di qualcosa come più di 156 racconti. Per ovvii motivi non posso elencarveli e presentarveli tutti, ma mi limiterò a parlavi di alcune favole a me molto care e che credo siano tra le più note.Come detto in questi giorni diversi saranno gli appuntamenti di "C'era una volta..." e diversi saranno anche gli argomenti via via trattati (autori classici, moderni, anteprime, trasposizioni cinematografiche, etc.). Al termine di ogni post, però, vorrei riproporvi brevemente una delle favole di Andersen, quasi a formare il filo conduttore di questo speciale.E la fiaba che ho scelto come apertura, è....
IL BRUTTO ANATROCCOLO(titolo originale: Den grimme Ælling)

L'estate era iniziata; i campi agitavano le loro spighe dorate, mentre il fieno tagliato profumava la campagna. In un luogo appartato, nascosta da fitti cespugli vicini ad un laghetto, mamma anatra aveva iniziato la nuova cova. Siccome riceveva pochissime visite, il tempo le passava molto lentamente ed era impaziente di vedere uscire dal guscio la propria prole… finalmente, uno dopo l'altro, i gusci scricchiolarono e lasciarono uscire alcuni adorabili anatroccoli gialli. "Pip! Pip! Pip!" Esclamarono i nuovi nati, il mondo è grande ed è e bello vivere! "Il mondo non finisce qui, li ammonì mamma anatra, si estende ben oltre il laghetto, fino al villaggio vicino, ma io non ci sono mai andata. Ci siete tutti?" domandò.Mentre si avvicinava, notò che l'uovo più grande non si era ancora schiuso e se ne meravigliò. Si mise allora a covarlo nuovamente con aria contrariata. "Buongiorno! Come va?" le domandò una vecchia anatra un pò curiosa che era venuta in quel momento a farle visita. "Il guscio di questo grosso uovo non vuole aprirsi, guarda invece gli altri piccoli, non trovi che siano meravigliosi?" "Mostrami un pò quest'uovo" disse la vecchia anatra per tutta risposta. "Ah! Caspita! Si direbbe un uovo di tacchina! Ho avuto anche io, tempo fa, questa sorpresa: Quello che avevo scambiato per un anatroccolo era in realtà un tacchino e per questo non voleva mai entrare in acqua. Quest'uovo è certamente un uovo di tacchino. Abbandonalo ed insegna piuttosto a nuotare agli altri anatroccoli!" "Oh! Un giorno di più che vuoi che mi importi! Posso ancora covare per un pò" rispose l'anatra ben decisa. "Tu sei la più testarda che io conosca!" borbottò allora la vecchia anatra allontanandosi. Finalmente il grosso uovo si aprì e lascio uscire un grande anatroccolo brutto e tutto grigio. "Sarà un tacchino!" Si preoccupò l'anatra. "Bah! Lo saprò domani!" Il giorno seguente, infatti, l'anatra portò la sua piccola famiglia ad un vicino ruscello e saltò nell'acqua: gli anatroccoli la seguirono tutti, compreso quello brutto e grigio. "Mi sento già più sollevata," sospirò l'anatra, "almeno non è un tacchino! Ora, venite piccini, vi presenterò ai vostri cugini." La piccola comitiva camminò faticosamente fino al laghetto e gli anatroccoli salutarono le altre anatre. "Oh! Guardate, i nuovi venuti! Come se non fossimo già numerosi!… e questo anatroccolo grigio non lo vogliamo!" disse una grossa anatra, morsicando il poverino sul collo. "Non fategli male!" gridò la mamma anatra furiosa. "E' così grande e brutto che viene voglia di maltrattarlo!" Aggiunse la grossa anitra con tono beffardo. "E' un vero peccato che sia così sgraziato, gli altri sono tutti adorabili," rincarò la vecchia anitra che era andata a vedere la covata. "Non sarà bello adesso, può darsi però che, crescendo, cambi; e poi ha un buon carattere e nuota meglio dei suoi fratelli," assicurò mamma anatra, "la bellezza, per un maschio, non ha importanza," concluse, e lo accarezzò con il becco; "andate, piccoli miei, divertitevi e nuotate bene!" Tuttavia, l'anatroccolo, da quel giorno fu schernito da tutti gli animali del cortile: le galline e le anatre lo urtavano, mentre il tacchino, gonfiando le sue piume, lo impauriva. Nei giorni che seguirono, le cose si aggravarono: il fattore lo prese a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per deriderlo e maltrattarlo. Il piccolo anatroccolo era molto infelice. Un giorno, stanco della situazione, scappò da sotto la siepe. Gli uccelli, vedendolo, si rifugiarono nei cespugli. ' Sono così brutto che faccio paura! ' pensò l'anatroccolo. Continuò il suo cammino e si rifugiò, esausto, in una palude abitata da anatre selvatiche che accettarono di lasciargli un posticino fra le canne. Verso sera, arrivarono due oche selvatiche che maltrattarono il povero anatroccolo già così sfortunato. Improvvisamente, risuonarono alcuni spari… le due oche caddero morte nell'acqua! I cacciatori, posti intorno alla palude, continuarono a sparare. Poi i lori cani solcarono i giunchi e le canne. Al calar della notte, il rumore cessò. Il brutto anatroccolo ne approfittò per scappare il più velocemente possibile. Attraversò campi e prati, mentre infuriava una violenta tempesta. Dopo qualche ora di marcia, arrivò ad una catapecchia la cui porta era socchiusa. L'anatroccolo si infilò dentro: era la dimora di una vecchia donna che viveva con un gatto ed una gallina. Alla vista dell'anatroccolo, il micio cominciò a miagolare e la gallina cominciò a chiocciare, tanto che la vecchietta, che aveva la vista scarsa, esclamò: "Oh, una magnifica anatra! Che bellezza, avrò anche le uova… purché non sia un' anatra maschio! Beh, lo vedremo, aspettiamo un po'!" La vecchia attese tre lunghe settimane… ma le uova non arrivarono e cominciò a domandarsi se fosse davvero un'anatra! Un giorno, il micio e la gallina, che dettavano legge nella stamberga, interrogarono l'anatroccolo: "Sai deporre le uova?" domandò la gallina; "No…" rispose l'anatroccolo un pò stupito. "Sai fare la ruota?" domandò il gatto; "No, non ho mai imparato a farla!" rispose l'anatroccolo sempre più meravigliato. "Allora vai a sederti in un angolo e non muoverti più!" gli intimarono i due animali con cattiveria. Improvvisamente, un raggio di sole e un alito di brezza entrarono dalla porta. L'anatroccolo ebbe subito una grande voglia di nuotare e scappò lontano da quegli animali stupiti e cattivi. L'autunno era alle porte, le foglie diventarono rosse poi caddero. Una sera, l'anatroccolo vide alcuni bellissimi uccelli bianco dal lungo collo che volavano verso i paesi caldi. Li guardò a lungo girando come una trottola nell'acqua del ruscello per vederli meglio: erano cigni! Come li invidiava! L'inverno arrivò freddo e pungente; l'anatroccolo faceva ogni giorno un pò di esercizi nel ruscello per riscaldarsi. Una sera dovette agitare molto forte le sue piccole zampe perché l'acqua intorno a lui non gelasse: ma il ghiaccio lo accerchiava di minuto in minuto… finché, esausto e ghiacciato, svenne. Il giorno seguente, un contadino lo trovò quasi senza vita; ruppe il ghiaccio che lo circondava e lo portò ai suoi ragazzi che lo circondarono per giocare con lui. Ahimè, il poveretto ebbe una gran paura e si gettò prima dentro un bidone di latte e poi una cassa della farina. Finalmente riuscì ad uscire e prese il volo inseguito dalla moglie del contadino. Ancora una volta il brutto anatroccolo scappò ben lontano per rifugiarsi, esausto, in un buco nella neve. L'inverno fu lungo e le sue sofferenze molto grandi… ma un giorno le allodole cominciarono a cantare e il sole riscaldò la terra: la primavera era finalmente arrivata! L'anatroccolo si accorse che le sue ali battevano con molto più vigore e che erano anche molto robuste per trasportarlo sempre più lontano. Partì dunque per cercare nuovi luoghi e si posò in un prato fiorito. Un salice maestoso bagnava i suoi rami nell'acqua di uno stagno dove tre cigni facevano evoluzioni graziose. Conosceva bene quei meravigliosi uccelli! L'anatroccolo si lanciò disperato verso di loro gridando: "Ammazzatemi, non sono degno di voi!" Improvvisamente si accorse del suo riflesso sull'acqua: che sorpresa! Che felicità! Non osava crederci: non era più un anatroccolo grigio… era diventato un cigno: come loro!! I tre cigni si avvicinarono e lo accarezzarono con il becco dandogli così il benvenuto, mentre alcuni ragazzi attorno allo stagno declamavano a gran voce la sua bellezza e la sua eleganza. Mise la testa sotto le ali, quasi vergognoso di tanti complimenti e tanta fortuna: lui che era stato per tanto tempo un brutto anatroccolo era finalmente felice e ammirato.

La morale: Tema centrale del racconto è ovviamente il concetto di "diverso" (l'autore riprende più volte questo aspetto nelle sue storie, un argomento che per questioni personali lo tocca molto da vicino). Il brutto anatroccolo è una metafora che mira a esaltare la particolarità e l'unicità dell'individuo, un insegnamento senza età, perchè divisioni e differenze sono già presenti anche nel dorato mondo dei bambini. Curioso pensare come un aspetto che tanto ci pesa inizialmente, rendendoci oggetto di derisione da parte degli altri, possa poi col tempo mostrare le sue potenzialità e trasformarsi in quel qualcosa in più che gli altri non hanno. Desideriamo essere uguali agli altri per evitare il senso di esclusione e l'infelicità che spesso purtroppo ne deriva. Siamo stati un po' tutti dei "brutti anatroccoli" in un certo periodo della nostra vita, per un motivo o per l'altro. Ma poi, crescendo, ci siamo riscoperti cigni. E chi è ancora convinto del contrario, dovrebbe proprio andare a rileggersi questa favola, per scoprire che il brutto anatroccolo di una volta in realtà non c'è più (e per certi versi non c'è mai stato). Semplicemente, deve imparare a vedere il proprio riflesso nello stagno...
Libri e Film: Che io ricordi il brutto anatroccolo non compare in nessun romanzo (almeno, non tra quelli che ho letto). E' una favola molto semplice, difficile forse da riproporre in chiave moderna. Anche la trasposizione cinematografica è stata "su scala ridotta": la Disney ha realizzato solo due cortometraggi su questa storia: il primo in bianco e nero nel 1931, seguito da quello del 1939 in technicolor. Le immagini che vi riporto qui a fianco sono prese da quest'ultimo e va sottolineato che all'epoca vinse il premio oscar come miglior cortometraggio d'animazione di quell'anno. Rispetto però alla versione originale, la Disney ha alleggerito di  parecchio le sofferenze del brutto anatroccolo, e le tristi vicende del poveretto appaiono forse più a misura di bambino.
Il ricordo: Questa è una delle mie favole preferite, tra le primissime che ho letto da bambina. Ricordo ancora il libro colorato, pieno di illustrazioni e con i caratteri così grandi che ogni pagina era occupata da due righe al massimo: il classico libro per bambini, insomma. Conservo nella memoria un'immagine nitida di me stessa sdraiata a pancia in giù su un  tappeto, il libro sulle piastrelle rettangolari beigea della casa di mia nonna, nella cameretta di mio zio (allora scapolo) dove io avevo requisito un angolo della stanza ammucchiandoci tutti i miei giocattoli. Il libro - sarò sincera - non so più che fine ha fatto, probabilmente è sul fondo di qualche scatolone in soffitta, o molto più probabilmente è andato perso e basta. Ma di certo conserverò per sempre quel ricordo, poco ma sicuro.Come tutti i bambini penso, anche io non potevo che provare simpatia per il povero anatroccolo color grigio topo, dall'aspetto goffo e sgraziato. Credo anche di aver versato qualche lacrima, a dirla tutta. Eppure mi ritrovavo imperterrita a voler leggere e rileggere quella storia. Paradossalmente la parte che meno preferivo era il finale. Certo, contentissima per lui, per carità. Ma ormai era diventato un bel cigno, sicuro di sè e ammirato da tutti. La mia totale simpatia rimaneva però nelle pagine indietro, al fianco di quel paperotto dallo sguardo triste e abbandonato. E ora la smetto, perchè nonostante siano passati anni e anni, stasera sto scoprendo che - da qualche parte, persa nei meandri della mia memoria -  quella strana sensazione forse è ancora lì.
Voi che ne pensate? Avete letto questa fiaba? Vi piaceva? Conservate un ricordo in particolare collegato ad essa?

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