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C’era una volta in America: 31 anni fa la prima mondiale

Creato il 17 febbraio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Il 17 febbraio 1984, Sergio Leone presentava in Canada la prima mondiale del capolavoro “C’era una volta in America”. Sono passati 31 anni da allora ma su questo film, che da molti è riconosciuto come il miglior film del regista romano (grazie anche alla meravigliosa colonna sonora diretta da Ennio Morricone), aleggia ancora un velo di tristezza essendo l’ultimo film del Maestro. Un’opera corale che racchiude dentro di se l’illusione del tempo, dilatandolo a piacimento e imprigionandolo, quasi come se il regista si trasformasse nel Titano del tempo Kronos.
Un film talmente grande da scatenare intere schiere di ammiratori, ma anche molti detrattori della pellicola, che la considerano come un semplice film sopravvalutato. Molti di questi erano americani, non per una questione di gusto, principalmente perché all’uscita nei cinema (in ben 894 copie) venne presentata la versione con un montaggio disastroso, che rendeva il film difficile da comprendere e molto confuso. Tutt’altra storia invece in Europa, che venne rilasciato con un montaggio accuratamente scelto da Leone e infatti i risultati furono enormemente migliori.

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Trovare un protagonista nella storia non è facile, ma per convenzione si sceglie Noodles (interpretato magistralmente da Robert De Niro), che seguiamo nel percorso della sua vita assieme al suo gruppo di amici. Prima da bambini commettono furtarelli, poi si uniscono ad una famiglia mafiosa, insomma vita da strada, lottando per sopravvivere.
Quando il protagonista viene arrestato e condannato a dieci lunghi anni di carcere minorile, la sua banda va avanti. Fanno crescere i loro affari in maniera direttamente proporzionale alla loro età, e in pieno Proibizionismo, una volta adulti, gestiscono un fruttuoso locale clandestino. Noodles intanto esce di prigione e ad aspettarlo c’è il suo migliore amico Max (James Woods) che prima lo ringrazia per il suo silenzio facendogli trovare una prostituta e poi lo porta al locale mostrandogli che una parte di questo è anche suo. Gli anni passano e i soldi aumentano, ma Noodles capisce che se vogliono diventare qualcuno nel mondo criminale non devono lavorare più per nessuno, ma essere autonomi. Arrivano tempi difficili per la banda. La fine del Proibizionismo fa dimezzare gli introiti del locale e spingono Max a pensare ad altri modi per arricchirsi, uno su tutti rapinare la Federal Riserve, ma Noodles si convince che l’unica soluzione per fermare questo piano suicida sia denunciarli segretamente (lui compreso) alla polizia. Tra Max e Noodles si accende un violento diverbio a causa di un ultimo carico di whisky da fare che li porta ad una rissa e qui Noodles ha la peggio e perde i sensi. Quando rinviene scopre la tragedia: i suoi amici sono stati sorpresi dalla polizia e in uno scontro a fuoco sono rimasti uccisi. La scena successiva si ricollega all’inizio del film, dove ritroviamo Noodles in una fumeria d’oppio, braccato da dei sicari. Riesce a scappare e fa perdere le sue traccie per 35 anni. Ancora un flashforward, Noodles nel 1968 riceve inaspettatamente un invito ad un party del senatore Bailey, un uomo eminente e molto influente nella comunità, benvoluto da tutti ma in pericolo perchè partecipa come testimone chiave in un processo contro alcuni criminali. Si scopre che in realtà il senatore non è altro che Max, sopravvissuto alla sparatoria con la polizia tanti anni prima, inscenando la propria morte per comandare senza nessuno ad impedirglielo. Il senatore si sente braccato a causa del processo, e chiede un ultimo favore a Noodles: che sia lui ad ucciderlo, l’unica persona a meritarsi la vendetta per essere stato tradito. Noodles però fa finta di non riconoscere Max, e dice di non avere nulla contro il senatore e che per lui il suo amico è morto 35 anni prima. Va via e i due non si vedranno mai più.


Sergio Leone ha costruito un epopea gangster che piega il tempo e resta immortale, grazie soprattutto ad una trama solida e ben strutturata ispirata dal libro “The Hoods” di Harry Grey. Il film, considerato il testamento spirituale del regista, ha suscitato forti reazioni in tutto il mondo ed ha addirittura creato una teoria portata avanti da alcuni critici cinematografici: la teoria del sogno. Essendo un film molto complesso si presta bene a varie interpretazioni, e secondo questa teoria la seconda parte del film (quella dopo la scena nella fumeria d’oppio) in realtà è soltanto un sogno di Noodles, derivato dall’uso di oppio e confermato dalla sua splendida risata a chiudere il film. In completo disaccordo invece l’altra schiera di critici, i quali affermano che non può trattarsi di un sogno perchè ci sono elementi non conoscibili da un uomo nel 1933, come gli Hippy, la guerra del Vietnam o i Beatles. Affascinato dalle diverse spiegazioni, anche a Leone piaceva la teoria del sogno, che la considerava una possibile interpretazione del film.
Saggio definitivo che conclude la breve ma intensa carriera del regista romano, piena di capolavori e capace di rivoluzionare il linguaggio cinematografico come pochi sono riusciti a fare.

Sergio Leone: C’era una volta il Cinema


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