



















"Le donne senza velo sono come le case senza tende: o in affitto in vendita"
Parola di Tayyp Erdogan, il premier turco eletto ininterrottamente dal 2002, presentatosi all'inizio come islamico moderato, ma da un paio di anni sempre meno moderato e sempre più autoritario (per non dire violento).
Durante il mio breve viaggio a Istanbul, 4 giorni a zonzo in una città che è cento città, ho visto donne di ogni tipo: con la gonna corta e con la gonna lunga, con le braccia nude e con le maniche ai polsi. Donne con il velo corto e donne così tanto velate che potevi vedere solo i loro occhi.
Donne colorate e altre tutte nere, nere nerissime, che si aggiravano come uccelli silenziosi lasciando dietro di sé una scia di mistero. Inquietante?
Ho visto donne con i capelli e il collo coperti guidare studi d'architettura e comandare decine di uomini, e donne con i capelli coperti (ma non solo quelli) camminare a capo chino due passi indietro al marito.
Ho visto di tutto a Istanbul e da allora mi interrogo sul velo, se sia per forza segno di repressione e umiliazione della donna o se entro un certo limite non possa essere anche una libera scelta della donna, dettata da un credo religioso che merita rispetto come tutte le fedi al mondo e che niente ha a che vedere con la sottomissione all'uomo.
Ecco, alla fine ho pensato che sta dentro quel limite la legittimità del velo.
Quel che è certo è che molto spesso noi giudichiamo le usanze diverse dalle nostre con parametri del tutto sbagliati. Lo facciamo in buona fede, ma prendiamo grandi abbagli. E quel che ho capito una volta di più è che bisogna farsi guidare sempre dal dubbio e diffidare delle proprie certezze (per questo io amo Montale). Bisogna guardare, osservare, interrogare e confrontarsi in modo diretto con il diverso. Solo così si può capire e poi, forse, giudicare.