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da una parte c’è l’Occidente benpensante e formalmente progressista; quell’Europa bene che discute di letteratura, organizza tiepide e incolori cenette fra amici anche loro benpensanti e progressisti, mentre non si accorge che il livello di comunicazione interno (dei Laurént, la famiglia del protagonista, of course) è sceso sotto una soglia pericolosissima e il quieto vivere tanto brillantemente ostentato è solo un fragile telo con cui coprire la crescente disfunzionalità emotiva che sta mettendo radici sotto il loro tetto. i Laurént presi ad archetipo di quella civiltà cristiano-giudaica atrocemente autoreferenziale e adagiata su letti di piume sempre più simili a prigioni culturali, che vive (in un Tempo dei Lupi) apparentemente invincibile, forte della sua agiatezza materiale, oramai presa anche a sinonimo di progresso civile. un Occidente così- una Famiglia così- messa sotto scacco da borderline socialmente e culturalmente ai margini della loro visuale, (anzi: praticamente trasparenti): Majid e suo figlio, archetipo a loro volta di quel grande sconosciuto (ai nostri occhi, ovviamente) che è l’Islam.
II.strategia della tensione
bastano un video, qualche disegno inquietante e le tanto salde fondamenta della Famiglia (cristiana) vanno a rotoli. pochi colpi, ma ben assestati, per mandarci a tappeto. terrorismo, psicologico solo in quanto riferito a una collettività numericamente molto limitata, qual è quella della famiglia. videotape girati e recapitati per il gusto di far sapere che loro ci sono e ti vedono, quasi una affermazione esistenziale, ma anche qualcosa di più: affermazione che si sostanzia concretamente nel suicidio in diretta di Majid. un atto semplice come aprire un coltello a serramanico e recidersi una vena- che temporalmente non richiede più di una manciata di secondi- manda in tilt il sistema di Laurént, lo porta a domandarsi di colpa, rimosso soggettivo, vendetta, ma senza a riuscire a rispondersi definitivamente. il conflitto fra Occidente e Medioriente, se c’è, non ha contorni chiari, il suo solo significante è sepolto nel passato (nel film il riferimento è al 17 ottobre 1961: centinaia di manifestanti algerini annegati nella Senna dalla polizia), ma Haneke punta il dito contro l’Occidente tutto e sulle personali Algerie di ciascun paese, ovvero contro il suo rimosso storico, contro la mentalità coloniale (ancora presente a tutt’oggi), contro l’ottusità della ‘macchina del progresso’ occidentale.
III.non si scappa
fortuna che c’è l’ultima sequenza. il figlio di Majid e il figlio di Laurént che si parlano: non ci è dato sapere cosa si dicono, ma ci basta il tono, gli sguardi, brevi scambi per non perdere la speranza e aprire gli occhi, comprendere una volta per tutte che, oltre alla guerra e al massacro, c’è la via del dialogo da prendere in considerazione.
titolo originale: Cachéun film di Michael Haneke2005
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