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Caden in Wildwood (N°1): Il terribile e magnifico mestiere del crescere

Creato il 04 dicembre 2014 da Giuseppe Armellini
Caden in Wildwood (N°1): Il terribile e magnifico mestiere del crescereCome detto una decina di giorni fa ho iniziato una piccolissima collaborazione (circa due pezzi al mese) con un nuovo e giovane sito gestito da amici, WILDWOOD. Ho deciso che per ringraziare loro della cosa (e anche per avere tutto in archivio anche qua) userò questo metodo per linkarli, ossia riproporre anche qua nel blog, dopo circa due settimane, il pezzo.
Chi mai volesse commentare se proprio non ha niente di meglio da fare può farlo benissimo anche da loro.
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La domanda da farsi potrebbe essere cosa significa crescere.

Un’altra se poi, alla fine, crescere convenga.

Cosa ci può far crescere, quanto tempo ci serve, fino a che punto è bello maturare senza perdere tutte le meraviglie del bambino che è in noi?

Ma anche, una volta cresciuti, poi, è possibile tornare indietro?

Tutte domande alle quali è impossibile rispondere perchè la meraviglia dell’uomo, se ce n’è una, è che ognuno ha le proprie risposte, siamo tutti come il nostro dna, unici.

Certo si può crescere anche in un solo istante, ma quelle son cose che appartengono solo alle tragedie.

I ragazzi di Breakfast Club probabilmente non saranno cresciuti o maturati nelle 8 ore che, per punizione, la scuola li ha costretti a passare in classe un sabato mattina, ma certo quell’esperienza in qualche modo li ha cambiati.

Ognuno è là per un motivo diverso, a malapena si conoscono (sono di classi diverse, e non solo scolastiche…), l’unica cosa che li accomuna è trovarsi là, nella scuola deserta, con l’obbligo di scrivere un tema.

“Chi sono io?” questo il titolo del compito che hanno.

Nessuno, o uno soltanto per tutti, scriverà una riga, ma in quelle 8 ore il solo parlarsi, il solo sfogarsi, il solo riconoscersi uguali in quella marea di differenze sarà molto più che scrivere un semplice tema, sarà togliere un velo al proprio disagio, sarà la forza di chiedere un aiuto, sarà il desiderio di non essere più soli.

Sempre ambientato negli anni 80, ma uscito solo 2 anni fa è Noi Siamo infinito, un piccolo gioiellino che racconta senza alcuna esagerazione e alcun tentativo di ergersi a morale l’amicizia di un piccolo gruppetto di “ragazzi da tappezzeria” (questo, in soldoni, il titolo originale). La scoperta dell’amore, l’importanza dell’amicizia, il tentativo maldestro ma profondo di cancellare un terribile trauma passato.

Colonna sonora pazzesca per un film che tenta di raccontare “emotivamente” la meraviglia dell’adolescenza, quel vivere ogni attimo semplicemente per quello che è.

Nell’indimenticabile Stand by me, vera architrave dei film generazionali dei miei tempi, un gruppo di amici diventava grande in una sola, pazzesca, giornata passata alla ricerca del corpo di un loro coetaneo scomparso.

Possiamo rintracciare una struttura simile nel piccolo, ma a mio parere, potentissimo Mean Creek.

Anche qui vedere in faccia la morte, anzi, averla in qualche modo causata, porterà un gruppo di amichetti a non essere più quello che erano, forse non a maturare (perchè perdere la propria adolescenza non vuol dire per forza maturare) ma comunque a non poter più essere bambini. Realistico, crudo, in qualche modo spietato nella verosimiglianza delle sue dinamiche.

E se quella dei ragazzini di Mean Creek era una ragazzata finita male certo lo stesso non si può dire riguardo i ragazzi di Eden Lake, un torture movie terribile, a mio parere il migliore degli ultimi 5 anni. Solo per appassionati di genere e gente dal cuore stabile, Eden Lake racconta l’inferno passato da una giovane coppia prima disturbata, poi inseguita e poi torturata da un gruppo di bulletti inglesi. Motivo? nessuno. E’ un film che porta alla ribalta un problema gigantesco del Regno Unito, quello della delinquenza giovanile, arrivata a livelli come mai prima d’ora. Credo che poche volte io abbia provato un’empatia simile per una protagonista.

Ma, ripeto, stiano alla larga i non avvezzi al genere.

E diretta conseguenza di Eden Lake è senz’altro Common, piccolo film televisivo inglese praticamente perfetto che in maniera talmente verosimile da sfiorare il documentario, porta alla ribalta la terribile e assurda legge della Joint Enterprise, ossia la norma che in caso di atto criminale perpetrato da una “banda” (o anche solo da un gruppo di amici) condanna TUTTI, non solo chi ha commesso il fatto. Rissa per strada in cui scappa il morto? se tu eri là con i tuoi amici rischi anni e anni di carcere, paradossalmente anche se hai tentato di salvare la vittima. Una legge iniqua, assurda, che serve all’Inghilterra solo per mandare quella che loro considerano la feccia nelle carceri. La vicenda del protagonista è così inverosimile e umanamente inaccettabile da gridare verso lo schermo.

Per finire se si parla di giovani, maturazione e adolescenza è impossibile tener fuori la scuola.

Avrei molti titoli da proporre e allora tanto vale  presentare semplicemente l’ultimo che ho visto, Class Enemy.

Muore una studentessa. 

L’occasione per i compagni di classe di analizzare quanto accaduto e “usarlo” per crescere è straordinaria ma invece l’unica cosa che fanno, oltre ad approfittare della tragedia per accusare il Sistema-Scuola, è una letterale caccia all’uomo contro il professore (supplente) secondo loro primo e unico colpevole del suicidio della ragazza. Prof insensibile, freddo, autoritario, ma forse portatore sano di una coscienza, di un modo di affrontare l’ineluttabilità della morte, che quei ragazzi dovrebbero far propria.

Film che non fa morale, che racconta, che non lascia nessun messaggio positivo allo spettatore, anzi, lo porta a delle riflessioni molto scomode e nient’affatto banali.
Sarà per questo che l'ho trovato bellissimo.

Rassegna

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