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Caffè, té, Costina

Creato il 30 ottobre 2012 da Lacocchi @laCocchi
Modestia a parte, ho sempre pensato che Costanza fosse un gran bel nome. Gran bel nome e anche poco utilizzato. Quante Costanza conoscete? Io due. Di cui una sarei io.
Voglio dire, Costanza. Senti come suona bene. Senti come suona aristocratico.
Poi è arrivata la velina e mi ha rovinato tutta la piazza e l'aristocrazia, mettendo due chiappe al posto del mio nome sul tavolo di Striscia la Notizia.
Ma il mio nome non va bene con gli standard albionici. Gli albionici non lo capiscono. Sembrano colti da paralisi facciale mentre lo pronunciano, gli si blocca la mascella e escono un insieme di consonanti e vocali inutili e senza senso quali: Costana, Custunza, Crostanza, Crisina, Hostana, Costania.
"Oh, ma che bel nome, hai detto che ti chiami Cassandra?" 
"No, Costanza."
"Cusandra."
"Costanza."
"Cosanza?"
"Sì, vabbè, che vuoi da bere?"
Questo è un dialogo tipo tra me e i clienti del pub.
Allora ho deciso di usare il mio soprannome: Cocchi. Non pensando che cocky in inglese non è proprio una bella roba da dire, che vuol dire essere impertinente. Sono quindi seguite grandi risate da parte della clientela, e miei insulti in italiano, che tanto non li capiscono e certamente non si sforzano nemmeno per capirli.
"Ahahah, Cocchi, sei cocky?" "Cocchi, è una cocky", e varie incredibili variazioni di battute sul genere. Che voi sapete che gli inglesi sono troppo spiritosi.
Ma il migliore in assoluto, colui che è riuscito a trasformare il mio nome in un solo momento in una prelibatezza culinaria, è stato il mio vecchio capo. Il mio vecchio capo era uno di quegli inglesi vecchio stampo, quelli che le docce non le vogliono fare ché perdono tempo, le camicie non le stirano perché tanto a cosa serve si stirano mentre le indossi, e nemmeno le lavano, perché "tanto insomma, si lavano quando piove".
Un odore leggiadro proveniva sempre dalla sua scrivania, quel misto tra cane bagnato e vestito lavato l'ultima volta nel lontano 1980, quando, testuali parole, "le camicie a fiori erano very cool". 
Capo era anche ossessionato dalle tazze di té. Té ad ogni ora. Té ogni minuto.
Ma essendo lui il capo, mica si faceva il té. Eh no. Chiedeva agli altri di farlo. E così un giorno, nel silenzio statico dell'ufficio, tra ticchettio di tastiere e puzzetta di vecchio, ecco che se ne esce con:
"COSTINA, FAMMI UN TE'!" 
Nessuno risponde. No, perché oltre ad essere un po' puzzolente e vestirsi come un hippy anni '80, era anche un po' un rincoglionito.
"COSTINA! COSTINA, HAI DA FARE? MI FARESTI UN TE'?" ripete lui.
"Ma questo, con chi minchia parla?" Penso io, mentre lui mi guarda sorridente e fiducioso.
"Ah, Costina! Finalmente! Qualcuno vuole un té? Caffè? Costina, fa il té per tutti."
Caffè, té, Costina di maiale al barbeque.
Ebbene: Costina ero io. Costina. Nessuno mai mi aveva chiamato come una braciola prima d'ora.
Dopo due mesi di Costina, fammi un té,  ma veramente mi chiamo Costanza, e io che ho detto, Costina, capirete bene il perché io mi sia licenziata.
Ora, il problema del nome non è ancora risolto. Il mio nuovo soprannome al pub è George. Per tale comico chiamato George Costanza. E quindi ora quando qualcuno chiama George, io mi giro.
Costanza ormai è il mio secondo nome, quello che non dici mai perché tanto a cosa serve, quello che no dai, mi vergogno che mi chiamo in un modo strano di secondo nome. 
Manco mi chiamassi Savannah. Forse però sarebbe più semplice. Una merda, ma più semplice.
E allora l'altro giorno servivo tizio,  e lui ha attaccato bottone, ed è seguito questo dialogo:

"Come ti chiami?"
"Costanza."
"Costina?"
"No, guarda, fai una cosa. Chiamami George."
"AH, George? Che strano nome per una ragazza, preferivo Costina."

Se eravate interessati a scoprire qual è il metodo migliore per non venire mai più serviti al bar, e lo strano motivo per cui ogni volta che vi avvicinate al bancone incredibilmente tutti i baristi spariscono, vi ho appena dato un indizio.

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