ille, si fas est, superare divos…. "
(Egli mi sembra simile ad un dio, se possibile, più di un dio)
Capirete che oggi, aspettare che arrivino tutti (tutti, ma soprattutto uno) mi metta un po’ di agitazione.
Non proprio agitazione, ma quel certo non so che.
Sarà un caso, ma oggi Stefano ha qualcosa di diverso e, dopo averlo osservato un poco, mi rendo conto che dipende dalla scelta dei vestiti, dei colori e da un certo piglio maschio che gli si vede di rado. Una cura che normalmente non ha. Dettagli. Pensa un po’, la competizione tra maschi può ben più dell’amore (chè quando ha conosciuto Camilla è caduto lesso ma non è diventato più figo).
Irene sembra nervosa anche oggi, Teresa sempre la solita e Giada (ahimè) anche. Ma quando arriva Giorgio non posso credere ai miei occhi. Pantalone nuovo che cade a pennello, camicia che sa di fresco e di costoso, e il tocco del barbiere. Ma tu guarda!
L’entrata di Massimo mi coglie impreparata. Certo, pensavo di essermi preparata. Ma non a questo.
"…lingua sed torpet, tenuis sub artus flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina et teguntur
lumina nocte……"
(…. la lingua si secca, un fuoco sottile mi scorre nelle membra, le orecchie mi ronzano, gli occhi si coprono di notte..)
Vorrei gridare: “NON SI PUO’, non ci si può presentare in cucina con ….que…..quella camicia che….. a …..e…….poi guarda come ti stanno quei pantaloni visti da dietro, aaaaarghhhhh. NON SI PUO’ turbare così la quiete, questo è un posto SERIO!!!!!” questo vorrei gridare,invece quello che balbetto è un “N…non s..si può….do….vrebbe.”
“Cosa?” mi chiede mentre mi fissa negli occhi, dulce ridentem
E continuo, in qualche modo, e sempre balbettando “….n…non…cioè…..vestitevi più…..insomma….attenti a non sporcarvi....”. Poi prendo coraggio (e perbacco!), la voce torna ferma :“Ragazzi, mettete i grembiuli”
E presentatevi con tute informi, la prossima volta, penso tra me.
Qualcuno sghignazza, qualcun altro le la ride sotto i baffi.
Sta continuando a fissarmi. Probabilmente perché si aspetta che dica qualcosa. Tipo quel qualcosa per cui è venuto qui.
La lezione.
Già.
Certo.
Cavolo, la lezione! Cominciamo, eh.
Niente dolci.
“Che c’è da sbarrare gli occhi, guardarmi come pesci storditi. Non vi risulta che esista anche la pasticceria salata!?” dico. “Oggi salato. Pepato. Niente dolci. Basta dolcezze. Questo è un posto serio.”
E vestitevi in maniera consona (vorrei aggiungere, ma evito).
Dose per 1 plum cake
Ingredienti:
200g. farina bianca 0
200g. farina di roveja
180g. di pecorino romano grattugiato
300g. olio E.V.O.
6 uova
Formaggio Emmental a dadini q.b.
Sale, pepe
30g di lievito per salati (cioè non vanigliato)
La base per i cake salati è più o meno questa. Più o meno vuol dire che si solito si utilizza anche il latte.
Il latte io lo evito quasi sempre (per motivi miei. Poca affinità, ecco) ma chi vuole ce lo metta pure. Non è che faccia la differenza, secondo me, ma chi sono io per oppormi indiscriminatamente all’uso del latte? Potete diminuire l’olio e aggiungere il latte.
Questa volta usiamo il lievito istantaneo: un modo pratico per fare un cake salato in poco tempo. Le torte salate, però, si fanno (anche….preferibilmente…..???) con il lievito di birra o con la pasta madre; in questo caso occorre tener conto dei tempi di lievitazione. La prossima volta. Oggi, secondo me, meglio lievitare in fretta, con leggerezza, passare oltre, ecco. Poi di sicuro ci abitueremo e Max diventerà solo uno di noi, nessuno baderà più a….a……ecco, diventare sbadata: la soluzione.
Il procedimento è semplicissimo, batto le uova. Mi guardano tutti un po’ perplessi, io continuo.
Aggiungo pecorino, sale e pepe. Imperterriti. MA CHE C’E’????
“Ma cos’è la roveja?!” mi chiedono in coro Camilla, Irene e Giorgio, fronte aggrottata. Ops, mi accorgo ora della stessa domanda sulla faccia di tutti.
La roveja è un legume, una specie di pisello selvatico. In effetti questa farina non si trova ovunque. Io l’ho comprata a Castelluccio, in Umbria. Su quegli altipiani, oltre alla lenticchia più famosa (e buona d’Italia), vengono coltivati con successo molti cereali e legumi. In questa stagione gli altipiani sono fioriti ed è uno spettacolo imperdibile. Infatti in tanti non se lo perdono ed è bello vedere quanta gente passi qui la domenica, tra i prati in fiore, a far foto e pic nic. I fiori viola della lenticchia, papaveri rossi e margherite gialle e bianche, le montagne azzurrine sullo sfondo e un profumo…..un profumo pazzesco.
Certo quest’anno fiori, non lo so…..ci saranno? Comunque, per chi non è in vena di gite e non trova la farina di roveja potrebbe utilizzare farina di piselli. Non è proprio la stessa cosa, ma può andare.
Però peccato.
E dunque, batto con la frusta l’impasto di uova e formaggio e aggiungo,alternandoli, farine e olio.
Il lievito solo alla fine perché, essendo istantaneo, non vorrei che i liquidi lo facessero degenerare.
L’impasto, denso ma morbido (tipo ciambellone) va in forno a 180° per circa 40 minuti. Se vi è venuto troppo sodo e (come me, non volete aggiungere latte, un po’ di acqua va benissimo.)
Se, invece, non è abbastanza sodo aumentate lievemente la quantità delle farine, mantenendo le proporzioni uno a uno.
Non ho aggiunto nessuna spezia, volutamente, perché la farina di roveja è molto aromatica di suo e sarebbe un peccato non assaporarla pienamente. Il pecorino non lo sostituirei con altri formaggi perché, con la sua nota piccante, esalta l’aroma di questa farina speciale.
L’emmental è facoltativo o sostituibile, senza esagerare con sapori troppo forti. Magari una nota di speak?
Li guardo al lavoro, come sono belli. Assorti. Felici.
Tutto sommato, non mi sento niente male neanche io.
Nota: i versi sono di Catullo, la traduzione piuttosto libera. Non c’è bisogno di ricordare il latino perfettamente per, perfettamente, capire il senso di queste parole, eh?!