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Calcioscommesse: quando ultras e criminalità organizzata sono una cosa sola (le vicende di Gillet e Masiello)

Creato il 02 aprile 2012 da Stenazzi

Il coperchio è saltato, quello che sta venendo fuori sul mondo del calcio italiano fa davvero schifo. In pratica sappiamo oggi con certezza che alcune partite del campionato di serie A sono state “comprate”. Il risultato era stabilito per fare in modo che una serie di scommettitori potessero farci i soldi. Tantissimi soldi. Ma il problema è più vasto: se sono falsate le partite lo è anche il campionato: basta una sola partita per far saltare tutto il meccanismo. Il quadro che abbiamo di fronte è davvero triste: la criminalità organizzata gestisce le scommesse, per farlo mette a libro paga una serie di giocatori. E a fare da intermediari con i giocatori ci sono spesso capi ultras. Che pos sono anche membri dei gruppi criminali. È un cerchio perfetto, se è vero che poi i criminali-ultras, riescono anche tranquillamente a mantenere rapporti con i dirigenti delle società. E a esercitare su di loro pressioni.

Andrea Masiello, ex giocatore del Bari, oggi all’Atalanta, ha ammesso che fece il famoso autogol nella partita contro il Lecce, finita 0-2,  perché gli erano stati promessi molti soldi. Alla fine del campionato il Bari finì in serie B, il Lecce si salvò. Il portiere Gillet, oggi al Bologna, l’anno scorso al Bari, ha spiegato che gli ultras della sua squadra lo minacciavano affinché prendesse gol e facesse perdere la squadra. Gillet resistette, dice. Gli ultras gli spiegarono: «Tu vivi a Bari, non si sa mai che cosa può succedere». I capi della curva, quindi, che fanno capo alla criminalità organizzata, si muovevano con determinazione per far perdere la loro squadra. Certamente all’insaputa di tanti ragazzini che vanno in curva con il mito degli ultras e che pensano ancora di poter influire, con il loro tifo, su una vittoria o su una sconfitta. Invece a decidere il risultato erano solo i soldi. E le minacce.


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