Ogni tanto qualcuno dovrebbe far capire ai leghisti che le vicende del mondo non hanno al centro un falso storico-geografico come la Padania, ma geometrie più complesse, ragionamenti più articolati, visioni meno parziali di quelle comprese fra le sponde del Po che non è né il Mississippi di Mark Twain né la Senna di Victor Hugo. Occorrerebbe spiegare, ad esempio a Umberto Bossi, che il luogo di nascita non segna sempre il destino di un uomo mentre la politica, spesso, si. E proprio perché è la politica che imprime marchi all’umanità e non le nebbie della Bassa, essa diventa una materia difficile da trattare, visto che segna destini e ne declina il futuro. Il che significa, detto in modo comprensibile ai leghisti, che prima di tuffarcisi dentro bisognerebbe almeno studiarla un po’ e non affidarsi al sesto senso dell’improvvisazione in assenza totale degli altri cinque. Così può accadere che se il Presidente della Repubblica mette il dito nella piaga della monnezza di Napoli, non lo fa perché è napoletano ma forse perché gli girano le balle che una delle città più belle del mondo venga abbandonata a se stessa e al malgoverno dei compari di Bossi. Quando parliamo di “studiare” la politica, intendiamo anche l’almeno “informarsi” su quanto è successo dalla nascita dello stato italiano così com’è. Non occorre fare un doppio salto mortale all’indietro per rendersi conto di vivere in Italia e non negli Stati Uniti d’America e che se una nazione si deve e si può considerare tale è perché esiste un vincolo di lingua, di storia, di tradizioni, di vicissitudini, di soluzione unitaria dei problemi che l’hanno resa tale. Era il 1995 e la stessa emergenza rifiuti che ora devasta Napoli, la stata vivendo Milano. Era stato tanto e tale il successo elettorale del partito di Bossi, che la città della Madunina era governata niente meno che da una giunta monocolore leghista con a capo il sindaco Marco Formentini. La situazione della “monnezza” padana era drammatica. Girare per via Montenapoleone o prendersi un caffè in un bar di Piazza San Babila rasentava l’autolesionismo, altro che i “miasmi del Golfo”, a Milano spirava la pestilenza direttamente dalle Alpi. Formentini chiese allora aiuto al presidente della regione Emilia Romagna. Il suo nome era Pierluigi Bersani e non impiegò neppure un minuto a dirgli di si. La capitale del Nord, nonché quella morale italiana, risolse i suoi problemi perché grazie al supporto di una regione confinante, ebbe il tempo di costruire le discariche necessarie allo smaltimento autonomo dei suoi rifiuti. Altri tempi, uomini e classe? No, solo buon senso. Umberto dice che lui deve rispondere della politica del partito solo alla “base”, con il suo linguaggio attuale il messaggio che manda è sintetizzabile in “...orc...l’avev...dur...la...bas...amma...terun...”, e che del resto non gliene frega una mazza. Le immagini di Pontida ci hanno mostrato il substrato della base leghista e abbiamo ancora negli occhi gli ubriachi vestiti da normanni con tanto di corna in testa, le donne con il sole padano disegnato sulla fronte, Matteo Salvini che canta “Alemanno pezzo di merda”, che poi corrisponda al vero o no è un problema di Alemanno e non sicuramente il nostro. Quel gran pezzo di signore di Borghezio ha detto: “Noi non ce l’abbiamo con i napoletani – che il Vesuvio li sommerga – ma con i politici che in tutti questi anni non hanno risolto il problema”. Per cui, siccome i politici campani non hanno risolto il problema della monnezza, i napoletani possono morirci sotto. Ma la migliore l’ha detta lui, Roberto Calderoli in arte Chita (con l‘acca perché è un ministro). Appena sceso dal banano dove aveva appena finito di fare colazione, il compagno di Tarzan ha dichiarato: “Sono disponibile ad andare a fare il commissario per l'immondizia a Napoli se comune, provincia e Stato me lo chiedono. Tanto tutto quello che dovevo fare nella vita l'ho fatto e anche se mi ammazzano non ho problemi. Però sappiano che a Napoli ci vado armato e non porgo l'altra guancia. Vado lì e faccio i buchi, faccio i termovalorizzatori. Punto. Se poi arriva la camorra e spara, sparo anche io. Vediamo chi resta in piedi. E se non riesco a fare i termovalorizzatori tiro fuori il lanciafiamme così libero le strade”. Evidentemente Gnazio ha regalato al suo amico Roberto il nuovo lanciafiamme in dotazione all’esercito, un gadget che deve essere piaciuto proprio tanto al ministro della Semplificazione normativa che prima ci ha bruciato le leggi (che secondo lui ha cancellato) e ora ci vuole carbonizzare i rifiuti. Calderoli vuole organizzare a Napoli la “notte di Samhain”, l’antico rito del capodanno celtico secondo il quale fra il 31 ottobre e il 1 novembre (la festa di Halloween nasce proprio da qui), il confine fra il mondo dei vivi e quello dei morti diventa più labile fino alla sospensione del tempo, dello spazio e di tutte le leggi che li governano. Ecco cosa vuole Calderoli, la sospensione delle leggi, visto che di riformarle non ne ha né la forza né l'intelligenza.
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Calderoli a Napoli per la notte di Samhain. Come risolvere il problema monnezza con una risata
Creato il 03 luglio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Ogni tanto qualcuno dovrebbe far capire ai leghisti che le vicende del mondo non hanno al centro un falso storico-geografico come la Padania, ma geometrie più complesse, ragionamenti più articolati, visioni meno parziali di quelle comprese fra le sponde del Po che non è né il Mississippi di Mark Twain né la Senna di Victor Hugo. Occorrerebbe spiegare, ad esempio a Umberto Bossi, che il luogo di nascita non segna sempre il destino di un uomo mentre la politica, spesso, si. E proprio perché è la politica che imprime marchi all’umanità e non le nebbie della Bassa, essa diventa una materia difficile da trattare, visto che segna destini e ne declina il futuro. Il che significa, detto in modo comprensibile ai leghisti, che prima di tuffarcisi dentro bisognerebbe almeno studiarla un po’ e non affidarsi al sesto senso dell’improvvisazione in assenza totale degli altri cinque. Così può accadere che se il Presidente della Repubblica mette il dito nella piaga della monnezza di Napoli, non lo fa perché è napoletano ma forse perché gli girano le balle che una delle città più belle del mondo venga abbandonata a se stessa e al malgoverno dei compari di Bossi. Quando parliamo di “studiare” la politica, intendiamo anche l’almeno “informarsi” su quanto è successo dalla nascita dello stato italiano così com’è. Non occorre fare un doppio salto mortale all’indietro per rendersi conto di vivere in Italia e non negli Stati Uniti d’America e che se una nazione si deve e si può considerare tale è perché esiste un vincolo di lingua, di storia, di tradizioni, di vicissitudini, di soluzione unitaria dei problemi che l’hanno resa tale. Era il 1995 e la stessa emergenza rifiuti che ora devasta Napoli, la stata vivendo Milano. Era stato tanto e tale il successo elettorale del partito di Bossi, che la città della Madunina era governata niente meno che da una giunta monocolore leghista con a capo il sindaco Marco Formentini. La situazione della “monnezza” padana era drammatica. Girare per via Montenapoleone o prendersi un caffè in un bar di Piazza San Babila rasentava l’autolesionismo, altro che i “miasmi del Golfo”, a Milano spirava la pestilenza direttamente dalle Alpi. Formentini chiese allora aiuto al presidente della regione Emilia Romagna. Il suo nome era Pierluigi Bersani e non impiegò neppure un minuto a dirgli di si. La capitale del Nord, nonché quella morale italiana, risolse i suoi problemi perché grazie al supporto di una regione confinante, ebbe il tempo di costruire le discariche necessarie allo smaltimento autonomo dei suoi rifiuti. Altri tempi, uomini e classe? No, solo buon senso. Umberto dice che lui deve rispondere della politica del partito solo alla “base”, con il suo linguaggio attuale il messaggio che manda è sintetizzabile in “...orc...l’avev...dur...la...bas...amma...terun...”, e che del resto non gliene frega una mazza. Le immagini di Pontida ci hanno mostrato il substrato della base leghista e abbiamo ancora negli occhi gli ubriachi vestiti da normanni con tanto di corna in testa, le donne con il sole padano disegnato sulla fronte, Matteo Salvini che canta “Alemanno pezzo di merda”, che poi corrisponda al vero o no è un problema di Alemanno e non sicuramente il nostro. Quel gran pezzo di signore di Borghezio ha detto: “Noi non ce l’abbiamo con i napoletani – che il Vesuvio li sommerga – ma con i politici che in tutti questi anni non hanno risolto il problema”. Per cui, siccome i politici campani non hanno risolto il problema della monnezza, i napoletani possono morirci sotto. Ma la migliore l’ha detta lui, Roberto Calderoli in arte Chita (con l‘acca perché è un ministro). Appena sceso dal banano dove aveva appena finito di fare colazione, il compagno di Tarzan ha dichiarato: “Sono disponibile ad andare a fare il commissario per l'immondizia a Napoli se comune, provincia e Stato me lo chiedono. Tanto tutto quello che dovevo fare nella vita l'ho fatto e anche se mi ammazzano non ho problemi. Però sappiano che a Napoli ci vado armato e non porgo l'altra guancia. Vado lì e faccio i buchi, faccio i termovalorizzatori. Punto. Se poi arriva la camorra e spara, sparo anche io. Vediamo chi resta in piedi. E se non riesco a fare i termovalorizzatori tiro fuori il lanciafiamme così libero le strade”. Evidentemente Gnazio ha regalato al suo amico Roberto il nuovo lanciafiamme in dotazione all’esercito, un gadget che deve essere piaciuto proprio tanto al ministro della Semplificazione normativa che prima ci ha bruciato le leggi (che secondo lui ha cancellato) e ora ci vuole carbonizzare i rifiuti. Calderoli vuole organizzare a Napoli la “notte di Samhain”, l’antico rito del capodanno celtico secondo il quale fra il 31 ottobre e il 1 novembre (la festa di Halloween nasce proprio da qui), il confine fra il mondo dei vivi e quello dei morti diventa più labile fino alla sospensione del tempo, dello spazio e di tutte le leggi che li governano. Ecco cosa vuole Calderoli, la sospensione delle leggi, visto che di riformarle non ne ha né la forza né l'intelligenza.
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