Il ministro Kyenge.
Foto provincia di Modena, licenza CC BY-SA
Il vice presidente del Senato della Lega Nord, Roberto Calderoli, lancia l’ennesima offesa al ministro dell’integrazione Cecile Kyenge.
“Amo gli animali, orsi e lupi com’è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango”.
Queste le parole usate dal politico, che si aggiungono a quelle dell’europarlamentare (ed euroscettico) Borghezio, che aveva affermato nell’Aprile scorso, durante la trasmissione radiofonica “Un giorno da pecora”, che Cecile Kyenge “Mi sembra una scelta del cazzo” e “un elogio all’incompetenza”, avendo la “faccia da casalinga” ed essendosi probabilmente “ruffianata qualcuno”. Borghezio aveva poi terminato la telefonata in diretta discutendo di avvistamenti ufo.
Calderoli, in queste ore, è entrato nella top ten dei trending topics di twitter con il suo commento poco lusinghiero, e i commenti degli utenti non si sono fatti attendere, aumentandone ancora di più la visibilità.
“Vedo la Kyenge e penso a un orango. L’eleganza del suino”; “Quando vedo #Calderoli penso ai colibatter fecali, ma non glielo dico perché ho paura che si offendano”. Questi solo alcuni dei commenti apparsi su Twitter e rivolti al ministro leghista.
Una vera e propria ossessione quella della Lega verso il ministro Kyenge: prima Boso, “Sono razzista, se ne torni in Congo”, poi Borghezio, la Maraventano, “Vada a liberare la sua gente in Congo”, Dolores Valandro, consigliere del Carroccio a Padova (“Ma mai nessuno che la stupri così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato? Vergogna!”) e ora Calderoli, il ministro del Porcellum e delle magliette anti islamiche.
Cecile Kyenge aveva già replicato in passato di non essere toccata dagli insulti che “Vanno oltre la mia immaginazione, ma almeno esce il razzismo sommerso e ci fa affrontare il problema”. Oggi si definisce “Rammaricata”, poichè preferirebbe discussioni e confronti sui contenuti e non offese.
Calderoli intanto si è scusato, dicendo di non voler offendere: “Ho parlato in un comizio, ho fatto una battuta, magari infelice”.
Articolo di Matteo Rinaldi