Sulla morte dell’agente Nicola Calipari, falciato da una mitragliatrice sulla via verso l’aeroporto di Baghdad dopo la rocambolesca liberazione di Giuliana Sgrena il 4 marzo 2005, dallo Stato italiano è sempre stata accettata, con un po’ di rassegnazione, ma senza voglia di rivalsa, la versione della tragica fatalità.
Così pontifico con inutile retorica l’allora Ministro della Difesa Antonio Martino nel primo anniversario della scomparsa:
La vicenda nella quale ha sacrificato la vita Nicola Calipari ha quasi i lineamenti di un’antica tragedia greca, quando il Fato impedisce all’eroe di cogliere il frutto del suo valore, quando la manao che uccide non è mossa dall’odio o dalla determinazione ma dagli oscuri disegni del destino.
Più forte la ragione di Stato, quella che impone di non farsi nemici potenti, piuttosto che la voglia di rendere giustizia a un fedele servitore. L’affaire Calipari risorge dopo sette anni per merito del sostituto procuratore romano Erminio Amelio, autore del libro “L’omicidio di Nicola Calipari”, edito da Rubettino.
Quello che pochi sanno, e che la stampa, sempre ossequiente agli alti papaveri, si è ben guardata dal riferire, è che, nonostante l’ostruzionismo interno ed esterno, il PM Amelio era riuscito in qualche modo a imbastire un processo, che però si è concluso prima ancora di incominciare.
Il procedimento vedeva come imputato unico il soldato americano Mario Lozano, colui che effettivamente azionò la mitragliatrice che crivellò Calipari, per omicidio aggravato. L’iter si inceppò ben presto sulla questione della competenza.
La decisione si dipanò fino ai tre gradi di giudizio per arrivare, nel 2008, in Cassazione. A quel punto l’avvocatura dello Stato, parte civile per conto della Presidenza del Consiglio, decise di chiamarsi fuori, abbandonando l’accusa e gli avvocati di Calipari, e rinunciando a sostenere il dovere e il diritto dell’Italia di giudicare Lozano.
La Cassazione giudicò la magistratura italiana incompetente e il processo si arenò, nonostante le numerose prove raccolte nel frattempo. La requisitoria mancata è raccolta nel libro, così come le evidenze che mostrano come gli USA, fin dal primo momento, inquinarono la verità.
Secondo Amelio, il colpo mortale fu sparato quando la macchina era ferma e non era più in condizione di creare pericoli, il luogo del delitto venne subito ripulito, l’auto fu trattenuta e manipolata dagli americani per due mesi, i nomi dei militari furono coperti (fino all’intervento di un hacker) e gli investigatori italiani esautorati.
Commenta così il PM, amareggiato:
Se è vero che gli eroi non muoiono mai ma vengono rapiti in cielo al culmine della loro gloria, è tristemente vero che gli eroi dimenticati muoiono ogni giorno. Avevamo un’esigenza di verità e di giustizia. Non siamo riusciti a soddisfarle: dottor Nicola Calipari, ingiustizia è fatta!
Fonte: Corriere della Sera