Di fatto, questa è una cosa un pò sorprendente per molti perchè sembrerebbe un passaggio logico che, essendo noi italiani, si decida di investire e fare trading sul mercato azionario italiano. Pur essendo questo assolutamente fattibile, ciò che invece spiego loro è che ha invece assolutamente senso prendere in considerazione l’idea di lasciar perdere la borsa italiana e di selezionare invece quella USA alla ricerca di maggiori guadagni da un lato e minori rischi dall’altro.
Tra i vari elementi che porto a supporto di questa mia affermazione ha una certa importanza la differente regolazione giudiziaria che hanno i due mercati in relazioni alle leggi USA e italiane e alle rispettive commissioni di controllo, la SEC per quanto riguarda Wall Street e la CONSOB per le vicende di casa nostra.
In particolare, la disciplina dei mercati USA rispecchia in pieno la differente politica legislativa che distingue gli USA rispetto al nostro paese: meno leggi e leggine ma più rigorose, più semplicità per chi vuole operare ma grande severità con chi viola le regole.
Fa specie quanto successo alcuni anni fa negli USA con i “CRAC” e i relativi scandali per le multinazionali Enron e Worldcom che, improvvisamente scoperte con i bilanci truccati e le casse vuote, fallirono in quattro e quattr’otto e di conseguenza trascinarono nel baratro tutti i risparmi di coloro che ne avevano acquistato azioni e obbligazioni.
La reazione del governo USA e della SEC fu rapida e durissima: processo per direttissima e condanne immediate e pesanti per tutti gli amministratori delle due aziende, messa in stato di accusa della Arthur Andersen (la società che ne certificava i bilanci) che fu obbligata a chiudere i battenti, successivo inasprimento delle regole per impedire che il caso si potesse ripetere.
Anche noi abbiamo avuto qualche tempo dopo i nostri “CRAC” a causa di bilanci eccessivamente creativi e ladrocini di vario genere e guarda caso i due più importanti hanno riguardato anche personaggi noti e assolutamente ben introdotti negli ambienti che contan
Beh, diciamo che il caso Parmalat ci fa capire una volta di più come il funzionamento giuridico di USA e Italia e dei rispettivi mercati finanziari sia un tantino diverso.
Da loro, a seguito dei casi Enron e Worldcom hanno inasprito le regole, da noi nel frattempo abbiamo …depenalizzato il falso in bilancio (sigh …) !! D’altra parte, si sa che da noi le leggi e le regole sono tantissime ma poi si trova sempre il modo per metterci d’accordo…
Tornando al caso Parmalat e al rigore che punisce i grandi imbroglioni di casa nostra, lo scorso 9 dicembre 2010, a 7 anni dal crac del 2004 e a quasi 3 anni dall’inizio del processo, il buon Calisto Tanzi è stato finalmente condannato per bancarotta fraudolenta a 18 anni di carcere a fronte del buco da 14 miliardi di euro (!) da lui generato e degli oltre 34.000 risparmiatori gettati sul lastrico (articolo completo fonte Sole 24 Ore).
Insomma, sembrava che Tanzi dovesse finalmente lasciare la propria sontuosa villa di Collecchio in cui fino a quel momento era confi
Nulla di fatto quindi, abbiamo scherzato, dobbiamo riparlarne ancora e il nostro eroe se ne torna a casuccia ai domiciliari visto che sembra non sussistere il rischio di fuga (articolo completo fonte La Stampa).
Che dire ancora su queste vicende e sugli italici costumi se non che sembrano fatte apposta per incoraggiare i super furboni a continuare nei loro maneggi tranquilli del fatto che tanto una certa qual forma di impunità comunque riusciranno sempre a garantirsela?
Certo, le azioni e le aziende italiane non saranno tutte delle Parmalat e delle Cirio ma, fino a quando non ci sarà un mercato ampio, liquido e regolato come si deve, Piazza Affari i miei sudati risparmi continuerà a scordarsi di poterli rivedere.
Roberto Pesce