Dopo le esternazioni del premier con la stampa estera: non mi ricandido nel 2013, lascio lo scettro ad Angelino Alfano, al Quirinale ci vedrei bene Gianni Letta; nel partito dell’amore sono andati in fibrillazione.
Alle sparate del grande capo a cui, sinceramente, non crede nessuno, e da lui stesso, oggi, già smentito nell’eterno giochino del dire e rimangiare.
Ai colonelli del partito, dicevo, gli è partito l’embolo poichè ognuno di essi si ritiene l’unico degno successore del premier quando finalmente ci sarà la sua dipartita, politica o fisica che sia, poichè neppure loro credono alla favoletta di Scapagnini che l’Unto del Signore camperà fino a 120 anni.
Ma ieri sera, in qualche ristorante romano, con una cena leggera, si sono parlati, hanno sepolto, almeno per ora, l’ascia di guerra e si sono accordati, più o meno, su cosa va a chi.
Come nella grande tribù dei Scilipoti hanno fumato il calumet della pace o, quantomeno, si sono attaccatti alla canna del gas.