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Cambiare lavoro: e se fosse possibile?

Creato il 15 settembre 2012 da Abattoir

sabato 15 settembre 2012 di

Di Maria Josè Campisi

Mi trovo a guardare molta televisione rispetto a quando lavoravo, visto che ho un bimbo di tre mesi da crescere e sto tutto il giorno a casa, o quasi.

Ormai, si può dire che conosco la programmazione televisiva quasi al completo, e non è di certo un vanto. In particolare, da qualche giorno mi sono fermata a guardare “Il principiante – Il lavoro nobilita” tramesso sul canale Cielo del digitale terrestre, che ha per protagonista nientedimeno che il principe Emanuele Filiberto di Savoia. Sono stata tentata di cambiare canale sin da subito, poi, però ho voluto farmi del male e ho visto l’intera puntata.
Il programma parte con questo annuncio: “AAA Principe volenteroso, versatile e di bella presenza, disposto a rimboccarsi le maniche, cerca un lavoro per provare la vita vera. Vuoi offrirgli un’opportunità?”.

 In pratica, il principe si mette alla prova con un lavoro “vero” proposto dai telespettatori di Cielo: ha provato a fare il pizzaiolo, a lavare cani, a lavorare in un bar.

Ma ce lo vedete il principe a lavorare?

Abituato com’è a godersi la bella vita, ad avere servitori al suo cospetto, si dimostrava inadeguato nei lavori che via via gli venivano proposti.

Tuttavia, pian piano, era arrivato a provare divertimento in ciò che faceva e ad instaurare un buon rapporto con i colleghi e con il superiore.

Di certo, il programma era fortemente schematico e “recitato”, nel senso che venivano interpretate delle parti sia dal principe sia dagli altri partecipanti: tutti, insomma, erano ben diretti dal regista.
Dalla visione di questo programma, però, ho tratto una mia idea sul “cambiare continuamente lavoro”: sono convinta, infatti, che il lavoro che duri per tutta la vita sia rassicurante, ma anche noioso, stancante e demotivante.

L’idea di cambiare spesso lavoro permetterebbe di conoscere nuove realtà, di provare nuove esperienze.

…Ognuno di noi da piccolo aveva un sogno nel cassetto che da grandi può risultare difficile realizzare. E se poi, realizzando il sogno, ci si rendesse conto che non fa per noi, che non ne siamo all’altezza?

Ecco pronto un altro lavoro nuovo di zecca che magari ci appassiona molto di più. Cambiando gruppo di lavoro si potrebbero scoprire anche nuovi lati dello stesso mestiere, nuove modalità di intendere il lavoro e il luogo di lavoro, nuovi modi di fare le stesse cose, ma con una filosofia aziendale diversa e, magari, migliore.

Credo anche che avere molto talento, senza la spinta di altrettanto vigorose motivazioni, non porti a nulla perché si rischia di rimanere improduttivi. Il grosso talento è aiutato dalla gran quantità di lavoro, di dedizione, di attenzione, dalla ricerca spasmodica di situazioni che possano insegnare qualcosa sia dal punto di vista professionale sia da tutti gli altri punti di vista, nondimeno da quello umano.

Fortissime motivazioni possono spingere le persone anche al di là delle proprie reali capacità. Una motivazione vera, profonda, è una molla incredibilmente potente ed efficace che porta all’impiego fruttuoso di ogni nostra più piccola energia. Cambiare spesso lavoro potrebbe aiutare a trovare una buona motivazione e a trarre fuori il meglio da se stessi.

Purtroppo esiste un grosso grossissimo problema: la realtà del principe è solo sua, non esiste qualcosa di simile per noi esseri umani “normali”. C’è bisogno di lavoro (di qualsiasi lavoro) e la mia è una pura, meravigliosa utopia.
Forse, se potessimo, continueremmo a giocare all’infinito, come se fossimo ancora bambini: un giorno lavorare in un luna park, il giorno dopo in un hotel e l’altro ancora in una grande multinazionale…

 …che dite, lo propongo a Monti?


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