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Camusso chiama e Bersy risponde. Sì allo sciopero generale. Perché l’economia italiana di danni non ne ha mai abbastanza!

Creato il 27 agosto 2011 da Iljester

Camusso chiama e Bersy risponde. Sì allo sciopero generale. Perché l’economia italiana di danni non ne ha mai abbastanza!

Se esiste un partito contraddittorio e caotico, questo è il Partito Democratico. Non ci sono dubbi. Un partito che – sappiamo – non è né carne né pesce, e la cui identità non è altro che il triste prodotto di una mera sottrazione algebrica tra il Centrodestra e l’estrema sinistra, sindacato rosso compreso. Insomma un partito, che per esistere deve avere dei contraltari a sinistra e destra. Un partito, in altre parole, privo di spina dorsale, apatico, incolore, il cui unico collante/scopo è l’antiberlusconismo ideologico, ancorato a una visione del mondo e dell’economia piuttosto retrò e radical chic.
Cose che già si sanno. Perciò non meraviglia affatto che in tempo di grave crisi economica, un simile partito pensi più al proprio tornaconto elettorale, anziché all’interesse degli italiani. Così, niente spirito di collaborazione con la maggioranza e il Governo. Perché per il partito di Bersy, collaborare significa che il Berlusca deve accettare i diktat che provengono dalla sua segreteria: tasse, tasse e ancora tasse. Insomma, la solita ricetta tipica dei partiti di sinistra, quando c’è da sbrogliare una crisi economica: mettere le mani nelle tasche degli italiani che producono.
Una ricetta facile facile. Quella che non richiede grandi «spremute» di meningi, né economisti illuminati, ma solo il ragionier Rossi della porta accanto. Se le spese sono tante, si aumentino le entrate a danno chi sgobba, mica si riducano le spese di coloro che non producono. Facile, no? Se poi le spese riguardano i soliti noti, le si deve toccare ancor meno, altrimenti sono guai. E guai grossi. Elettoralmente parlando s’intende.
Insomma, la ricetta del Partito Democratico non è mai cambiata dai tempi in cui il termine «Democratico» era considerato quasi una parolaccia borghese, e veniva ostentato il più sincero termine «Comunista». Cambia la casacca, ma non cambia la mentalità. Tartassare il ceto medio e garantire le varie sacche di sanguisughe del PIL italiano e del denaro pubblico. Se poi, tenere questa rotta può pure contribuire alla caduta del Governo, meglio ancora. Si unisce l’utile (tartassare) al dilettevole (tentare di far cadere il Governo). Un vero distillato di responsabilità, questo PD versione «Crisi Economica 2011».
E del resto, che questo sia l’andazzo, è dimostrato anche dalla disponibilità di Bersani di aderire al solito sciopero ideologico della CGIL, indetto proprio contro la manovra. Perché – per dirla con Bersy – «Il Partito democratico sarà presente ovunque si criticherà questa manovra».
Già… sul punto – chissà perché – non avevo alcun dubbio. Se c’è da collaborare per creare instabilità, incertezza e crisi, il PD bersanesco è sempre il prima fila. La collaborazione per risolvere la crisi, calmierare i mercati e dare fiducia, così come la responsabilità delle opposizioni richiamata da Napolitano, non è mai esistita, se non sui lettini da spiaggia. Quello è un’affare delle opposizioni responsabili che però non hanno cittadinanza italiana.
Eppure… Eppure a sentire le voci che girano su questa manovra, sinceramente, mi pare venga recepita (e non poco) la filosofia della sinistra: aumento della pressione fiscale e nessun taglio alle spese e alla casta. La Lega del resto intende mantenere le province, e per mantenerle intende imporre al Berlusca l’aumento di un punto percentuale l’IVA e l’inserimento della patrimoniale. Roba da sinistra estrema, insomma, che se venisse recepita decreterebbe la fine di questa maggioranza e dello spirito liberale del PDL.
Ciononostante, Bersy non è contento, o forse fa finta. Forse incrocia le dita e prega tutti i santi comunisti passati presenti e futuri dell’universo che l’asse PDL-Lega si spezzi sull’IVA e la tassa patrimoniale (ipotesi mica tanto peregrina). E tanto per alimentare il fuoco, non esita dal partecipare entusiasticamente alle danze del rito collettivo dello sciopero generale, indetto dal sindacato rosso. Perché siccome siamo ricchi, siccome l’Italia ha un’economia solida e non c’è abbastanza crisi, ci possiamo permettere di perdere qualche mezzo punto di PIL con una giornata di vacanza lagnante. Del resto, è tutto per una buona causa: far pagare di più a chi produce di più. In Italia, del resto, produrre e avere un utile, nel 2011 è ancora un dannato peccato borghese da punire.

 

di Martino © 2011 Il Jester 


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