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Camusso nel gorgo di Facebook

Da Brunougolini
Uno scrive: "Sindacato giallo",  un altro si firma "odioivenduti" e rincara la dose  profetizzando le dimissioni di  Susanna Camusso. Leggo su Facebook la pagina dedicata, appunto, a Susanna, e trovo, certo, anche pronte risposte alla serie di epiteti. Quel che colpisce, è la difficoltà di un confronto nel merito. Gli sfoghi insultanti più che indignati dovrebbero essere riportati alla ragione anche da chi, nel sindacato, non condivide le opinioni maggioritarie. Qualche volta succede. Capita così di leggere sempre su Facebook una nota di Salvo Leonardi. “L’impressione” - scrive – “ è che, a dispetto della sua quasi ossessiva evocazione, questa area (o filone) della tradizione sindacale e politica della sinistra radicale non abbia fatto fino in fondo i conti con una compiuta teoria della democrazia… L’agitazione permanente e vociante, la conta approssimativa per alzata di mano, la demagogia tribunizia, la delegittimazione sistematica o incombente di chi esercita elettivamente un mandato. Questa sarebbe, secondo alcuni, quell’alternativa alla democrazia rappresentativa che – come da par suo evidenziava Bobbio a metà degli anni ’70 – semplicemente non esiste, se non in forme di gran lunga meno soddisfacenti di quella”.
C'è chi controbatte e scrive che per decisioni come quelle relative all'accordo sarebbe servita un'assunzione collettiva di responsabilità e non un'operazione di vertice. Altri parlano di una deriva di cui sarebbe stato responsabile innanzitutto Bruno Trentin e conclude: "attenzione agli ammutinamenti!". Pareri alimentati anche da voci esterne. C'è chi cita il documento di Bertinotti-Cofferati (su opposte sponde ai tempi della supposta “deriva” trentiniana). Altri l'intervista di Gallino al Manifesto. O l'articolo invece favorevole di Adriano Serafino sul sito Sindacalmente. A me capita di riprendere un'analisi di  Piergiovanni Alleva (sul sito diirittisocialiecittadinanza). Alleva, giuslavorista non accomodante, espone giudizi positivi (l'accordo dimostra il fallimento delle intese separate,  è un passo avanti sulla rappresentatività, "una critica distruttiva e aprioristica non sembra meritata”). Conclude, però, sostenendo che, data l'assenza della scelta referendaria, si apre "un bivio tra una versione autoritaria e addirittura repressiva, ed una versione democratica".  
Se le cose stanno così, l’unica sarebbe, penso, far leva sugli aspetti positivi. Come quelli sottolineati dal Direttivo Cgil: “Si coinvolgano i lavoratori, In caso di rilevanti divergenze interne alle delegazioni trattanti, come aveva proposto la Cgil con il direttivo del 15 gennaio 2011, allo scopo di prevenire conclusioni separate della trattativa". Non è meglio dei referendum che permettono di dire solo un si o un no e spesso prevalgono i si, sotto la spinta del ricatto padronale, come a Grugliasco, Mirafiori,Pomigliano? E’ quella che un tempo si chiamava “democrazia di mandato”.

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