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Cancellare l’Erasmus, ma il futuro d’Europa passa da qui

Creato il 12 ottobre 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 12 ottobre 2012 in J'accuse, Slider, Unione Europea with 0 Comments
di Matteo Zola

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Le mattine nebbiose della città in cui abito erano più luminose quando passavo davanti alla statua di Erasmo, che nelle stesse nebbie ha vissuto cinquecento anni prima e che quelle nebbie ha provato a diradare con la ragione. L’unica laurea che prese, Erasmo, la prese a Torino. Era troppo povero per studiare altrove e qui, con una “borsa di studio” ante-litteram, potè diventare dottore in teologia. Oggi il suo nome è legato a un progetto, finanziato dall’Unione Europea, che consente a molti studenti universitari di frequentare un semestre di studio in una università estera grazie a una borsa di studio, piuttosto magra, e a un alloggio di fortuna in qualche campus male in arnese.

La notizia della soppressione del progetto Erasmus per mancanza di fondi ha fatto dunque il giro d’Europa, destando proteste e indignazione. Ma chi voleva sopprimerla, e perché? E per quale motivo questo sarebbe stato a dir poco deleterio per i destini della già tormentata Europa?

Anzitutto i giornali, che dicono il falso più che il vero, hanno titolato: “L’Europa non paga Erasmus”. Sbagliato. Non l’Europa ma i governi nazionali non volevano più investire nel progetto. L’Unione Europea infatti stanzia una quota annuale per i suoi progetti (ricerca su spazio e tecnologie avanzate, crescita e occupazione tramite il Fondo sociale e fondo regionale, istruzione, salute, aiuti umanitari e alimentari) e già l’anno scorso aveva dovuto versare ulteriori cinque miliardi di euro per rimpinguare le casse vuote del progetto Erasmus. Casse dei governi nazionali, sia chiaro, che hanno investito sul progetto meno soldi del necessario, con il rischio di lasciare molti studenti senza borsa. Quest’anno la situazione si è riproposta ma L’Unione non aveva “oboli” da dare ai governi nazionali.

Apriti cielo. La colpa è stata facilmente addebitata all’Unione (già in crisi di popolarità) che, dal canto suo, ha fatto sapere nei giorni scorsi che il 23 ottobre si presenterà una bozza di variazione sul budget comunitario in modo da consentire al programma di proseguire. La variazione dovrà essere approvata dal Consiglio, cioè dai governi, e si immagina che questo avverrà.

Anche perchè per l’Unione Europea sarebbe un micidiale autogol rinunciare al progetto che più di altri è in grado di formare cittadini europei ed europeisti. Si è visto che lo sgambetto è stato fatto dai governi nazionali, che preda (chi più, chi meno) dell’ondata di nazionalismo che attraversa il continente, non hanno ritenuto importante investire sull’Europa. E l’Unione allora ci mette una pezza. Ma fino a quando potrà durare questo giochetto?

Poi, al coro dei mendaci, si uniscono i detrattori. Prendo un articolo a caso, esempio di molti, che forse pensando di essere originale e controcorrente, scrive: “l’Erasmus non ha più il valore di una volta, e spesso si rivela una pura perdita di tempo. Un vacanza travestita da studio” e prosegue dicendo che è senz’altro meglio: “laurearsi con una bella specialistica e poi andare all’estero per un Master che completi la formazione. E magari rimanerci, all’estero“.

All’articolo in questione e alla schiera dei detrattori rispondo che anche una vacanza, fosse pur questo diventato l’Erasmus, è formativa. Che lo scopo dell’Erasmus è quello di creare cittadini europei, di far incontare giovani dei più diversi Paesi e permettere loro di ri-conoscersi in una cultura e identità comune. E’ un progetto che educa (nel senso proprio di “tirare fuori”) alla tolleranza, che cancella i pregiudizi nazionali che tanti disastri (financo bellici) hanno causato alla vecchia Europa. E il nazionalismo appare insulso  a chiunque abbia un minimo viaggiato e frequentato persone di altri Paesi europei, ma soprattutto a chiunque abbia partecipato al progetto Erasmus. A giovani dunque, che sono il futuro di un continente per troppo tempo preda di antagonismi ed ora in crisi d’identità. Una crisi che anche con Erasmus si può superare.

E ancora: l’Erasmus ha un costo, è vero, ma è finanziato da borse. Il Master proposto dall’articolista citato invece si paga, non è accessibile a tutti, ma a pochi. E’ figlio di una concezione aristocratica dell’istruzione. Non tutti possono pagarsi un Master all’estero, con tanto di vitto e alloggio L’Erasmus offre posti in collegio e una mensa universitaria a prezzi fuori mercato. Se non è per tutti, è una possibilità per molti. Molti che all’estero non ci restano, che tornano a casa e, forti della loro esperienza, cercano di svecchiare il proprio Paese facendo pulizia da insulsaggini come quella della “inutilità dell’Erasmus”. Facendo una breccia nelle nebbie che ottundono troppi articolisti d’ancien régime.

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Tags: Erasmo da Rotterdam, Erasmus, istruzione, nazionalismo, Torino, Unione Europea, zola matteo Categories: J'accuse, Slider, Unione Europea


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