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Cane mangia cane, di Edward Bunker

Creato il 22 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Da Fralerighe Crime n. 8

Cane mangia cane, di Edward Bunker
California, metà anni ’90. Gerald “Mad Dog” McCain è un pazzo criminale in piena tossicodipendenza da cocaina endovena, che amplifica a dismisura la sua bestialità; Charles “Disel” Carson è un “ex-criminale” che si è fatto una famiglia e ha trovato lavoro presso il gangster italoamericano Jimmy “The Face” Fasenella, per conto del quale commette piccoli crimini tipo incendi dolosi; Troy Cameron è un criminale incallito prossimo al rilascio, freddo e consapevole, venerato dai due personaggi sopra menzionati, e, di conseguenza, capo del trio. Insieme, tenteranno il tutto per tutto, il colpo che potrebbe renderli ricchi e permettergli di abbandonare il crimine, una volta per tutte.

I personaggi danno l’impressione di essere composti da pezzi di persone realmente esistite. Ciò dà un senso di grande realismo al romanzo. Bunker riassume in tre personaggi buona parte del mondo criminale, creando e ricreando dei veri e propri archetipi: il criminale pazzoide; quello rimessosi in riga, ma fino a un certo punto; e quello lucido, freddo nella sua scelta di vivere al di fuori di una società che, di fatto, lo ha sempre messo al bando. Non sono personaggi grandiosi del crimine: non ci sono boss né rapinatori passati alla storia, né Al Capone né Dillinger, ma solo manovalanza criminale, cani sciolti, appunto.

Ho deciso di leggere Cane mangia cane spinto dalla curiosità di confrontare un libro sul crimine scritto da un ex criminale con i numerosissimi romanzi del genere scritti da autori con la fedina penale limpida. Direi che la differenza si sente, eccome.

In primis, lo stile non è forzatamente cupo e brutale, come troppo spesso accade nel genere. Bunker punta al realismo, alla narrazione fedele di un certo tipo di realtà, senza esagerarla. Non vi sono pretese auliche o filosofiche, ma concrete riflessioni sul crimine, sull’effetto che questo ha sugli stessi criminali, quasi sempre vittime, prima che carnefici. Lo stile si discosta dagli schemi classici del romanzo criminale anche in altri punti: i periodi, a esempio, non sono corti, spezzettati; vi sono ricorrenti metafore e riferimenti a grandi classici della letteratura. L’unica pecca stilistica, seppur marginale, è il ritmo, buono ma non ottimo: l’azione, rispetto a ciò che il lettore potrebbe pensare, è meno presente;  e spesso l’autore approfitta di momenti di stasi narrativa per approfondire i personaggi e raccontare ogni aspetto della vita criminale, anche quelli più quotidiani e “banali”.

In genere, quando recensisco un romanzo, cerco di non dare la mia visione del senso dell’opera in questione. Mi piace pensare che ogni lettore debba e possa trovare la sua chiave di lettura. Ma stavolta intendo fare un’eccezione. Cane mangia cane è, a mio avviso, un romanzo dal forte senso morale. Se, da una parte, l’autore sottolinea più volte come l’America sia (o, per lo meno, sia stata) un paese tutt’altro che fiducioso nella possibilità di un uomo di riscattarsi dagli errori che macchiano il suo passato, dall’altra mette i tre personaggi davanti a scelte sempre più immorali, che, se accettate, spalancano le porte di un nuovo girone infernale, dove la sofferenza aumenta a dismisura per tutti.

bunker
Il romanzo diventa ancora più significativo leggendo le appendici su Bunker, inserite nell’edizione italiana edita da Einaudi, A proposito di Edward Bunker di William Styron e Un ultimo colpo Mr. Blue* di Marco Scotti, che permettono di capire quanto la scrittura sia stata importante per l’autore e quanto la materia trattata sia stata vissuta da Bunker.

Bunker non è un criminale che gioca allo scrittore: è un uomo che ha sempre amato la parola scritta, in modo spontaneo, profondo e viscerale, e che si è ritrovato a far parte del crimine a causa del contesto sociale in cui si è ritrovato a crescere, (i genitori erano alcolisti e fu affidato presto a una casa d’accoglienza),  e che se fosse nato in una buona famiglia della borghesia americana, sarebbe potuto diventare professore, critico, studioso della letteratura, e perché no, anche scrittore, pur avendo roba meno interessante su cui scrivere.

Bunker è un uomo che ha tentato di redimersi, di ripercorrere una strada nei confini della legge, sin dall’età di sedici anni, ma che ci è riuscito solo a quarant’anni, grazie al successo di un suo primo romanzo, No Beast, So Fierce (in Italia col titolo di: Come una bestia feroce). Prima di tale successo, ogni tentativo di Edward di trovare un lavoro onesto – e furono tantissimi – fu precluso dalla diffidenza di una società, quella americana dell’epoca, che non credeva nella riabilitazione, che per tre reati anche lievi ti dava l’ergastolo, ti considerava, insomma, uno scarto irrecuperabile.

Una lettura consigliata a tutti gli amanti del genere, ma non solo: a tutti coloro i quali sono interessati a vedere il crimine dall’interno, al netto dei cliché hollywoodiani. 

Voto: più 10 che 9. Con un po’ di ritmo in più sarebbe stato un dieci pieno.

* Nota: Edward Bunker ha lavorato per conto di Hollywood sia come sceneggiatore che come consulente, ma anche come attore. Il suo ruolo più celebre è nel film Le Iene di Tarantino, dove interpreta un rapinatore chiamato Mr.Blue, evidente omaggio al titolo di uno dei suoi romanzi, Little Boy Blue. In Cane mangia cane, poi, Bunker fa andare uno dei suoi personaggi a vedere Pulp Fiction al cinema.

Aniello Troiano



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