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Cannes 67: “Hippocrate” di Thomas Lilti (Semaine De La Critique)

Creato il 24 maggio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Hippocrate

Anno: 2014

Durata: 101′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Francia

Regia: Thomas Lilti

Hippocrate di Thomas Lilti chiude l’edizione della Semaine De La Critique, vinta da The Tribe dell’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, a cui è stato assegnato il premio due giorni fa; la proiezione è stata preceduta da un  intervento di Alex Masson, del comitato di selezione della Semaine che ha spiegato quali sono stati i criteri di selezione: i film scelti per questa sezione devono essere popolari, devono arrivare a tutte le persone, ma devono anche avere uno stile personale nella maniera in cui raccontano una storia.

Hippocrate è coerente con questo criterio, prosegue Masson: mostra la società malata in cui viviamo rappresentando il microcosmo di un ospedale; il punto di vista del giovane internista Benjamin Baron (Vincente Lacoste), che poi è il punto di vista dello stesso Lilti, si può estendere in senso universale, al di fuori della struttura ospedaliera dove si svolge l’azione.

Alla direzione dell’ospedale non c’è un dottore: c’è un manager proveniente da Amazon, abituato a gestire le vendite e i budget; la struttura è carente, di personale di macchinari (e di senso civico) e questo arriva a ripercuotersi sui pazienti, con conseguenze fatali.

Oltre al giovane Benjamin, ragazzo sensibile, figlio di uno dei dottori veterani dell’ospedale, c’è Abdel (Reta Kateb), un giovane e bravo medico di origini algerine che diventerà il capro espiatorio per la morte di una paziente, avvenuta a seguito di una decisione presa da Benjamin, troppo frettolosamente e guidata dall’emotività e dall’inesperienza; ma Benjamin, che si sente responsabile dell’imminente sanzione che pesa sulle spalle del collega non esiterà a fare un gesto eclatante al fine di aiutarlo.

I due sono eroi moderni e positivi, guidati dalla voglia di fare bene il proprio lavoro, e consapevoli che le decisioni prese sul lavoro potrebbero avere ricadute importanti sui pazienti e sui familiari. Intorno a loro ruotano figure che non hanno quello stesso senso di responsabilità (molto simbolica è la scena della festa all’interno del dormitorio di medici e infermieri) e non sentono quell’urgenza profonda di fare le cose per il bene della collettività ma soltanto per terminare il lavoro e fare baldoria tutti insieme.

Anna Quaranta


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