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Cannes 68: Zvizdan di Dalibor Matanić (Un Certain Regard)

Creato il 18 maggio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2018
  • Durata: 123'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Croazia, Serbia, Slovenia
  • Regia: Dalibor Matanic

Entro dentro Un Certain Regard, la sezione trasversale della Selezione Ufficiale, con Zvizdan e tre storie in cui l‘amore è specchio dentro il quale fare i conti con la gestione dell‘altro da noi in uno dei conflitti più spietati e sanguinari degli anni ‘90 del secolo scorso: la guerra nei Balcani. Dalibor Matanić imposta intelligentemente la sua riflessione usando il filtro della giovinezza e dell‘amore, simboli della vita. Ivan and Jelena, Nataša and Ante, Luka and Marija. Tre storie che scandiscono il tempo e le fasi del confronto ─ scontro tra Serbi e Croati. Di questa metafora, gli splendidi e bucolici scenari montuosi dei Balcani fanno da sfondo di eco e rimando alla follia umana. Un paradiso terrestre fatto di silenzio, bellezza, dove l’incontaminato domina sull’uomo. Qui Ivan ed Elena consumano con spensieratezza il loro amore puro, fresco, pieno di speranza. Ivan dallo sguardo pulito e dal carattere forte, con l‘inseparabile tromba al suo fianco. Anna più selvaggia, dura e fragile. Vivono in villaggi poco distanti, marchiati da una differenza etnica che è sul punto di esplodere, annullata dal loro reciproco amore. Siamo all‘alba del conflitto che di lì a poco sterminerà quei luoghi e quelle vite… La fuga dei due ragazzi verso la città diventa l‘agnello da sacrificare, da fermare a tutti i costi. L‘amore viene guardato come provocazione, offesa, privato della sua vera natura da un egoismo cieco e adulto. Nataša and Ante ripopolano quei luoghi bucolici segnati da distruzione e ferite. La guerra ha da poco lasciato le sue indelebili tracce negli scheletri delle abitazioni e nell‘assenza o quasi di vita umana. Nataša torna con sua madre nella casa di un tempo di cui resta ben poco, unico luogo dove tentare di ricominciare nell’esilio della vita che il lutto di un fratello e di un figlio ha generato. Ante è il Croato che viene ad aiutare a rimettere in sesto la casa serba abbattuta. Nataša gli oppone una resistenza tenace e dolorosa, piena di cicatrici ancora fresche e vive.

L‘attrazione reciproca e necessaria (unici giovani che possono dare vita, pace e bellezza a quei luoghi abbandonati dall‘uomo) non decolla: impossibile anche contro un’inconscia volontà contraria… Il coito li unisce e li allontana… Nataša, le mani dentro la sua terra, non riesce a dimenticare e perdonare. Luka and Marija sono il presente e il futuro: i giovani studiano, ballano techno, si anestetizzano con stupefacenti, si amano. Liberi e spensierati apparentemente, ma il croato Luka su quelle montagne ha lasciato la serba Marija e suo figlio. Tornando per una festa rave al lago, automaticamente bussa a quella porta dove Marija ha chiuso dolore e solitudine, rancore, insieme all’amore mai dimenticato. Non è facile togliersi da dosso gli strascichi di un’apocalisse, ma l’amore è più forte, più forte della follia e della morte. I medesimi attori si riproducono fisicamente nei diversi ruoli e situazioni, segnando con questa soluzione un’ottima chiave per trasferire in chi guarda un’immedesimazione, un coinvolgimento, completi.

Supportata da un cast di attori all’altezza, capitanato da una ipnotica e talentuosa Tihana Lazović, giovane che merita un premio come migliore attrice per la capacità di trasmettere autenticamente contrastanti stati d’animo, un mondo interiore ricco e vario, Zvizdan si rivela davvero una buona prova di cinema dentro un occhio mobile, che lega prospettive di sguardo a prospettive di anima, di natura. Il racconto scivola fluido, e viene reso vivido, prezioso, da una sceneggiatura dove il non detto ha una forza pari alla parola, una sua identità palpabile, rafforzata da una macchina da presa complice nel renderle forza visiva.

Maria Cera



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