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Canta che ti passa!

Da Leragazze

luzzati_il_coroCome ho già avuto occasione di raccontare qui sul blog, il Marito e io quando abitavamo a Milano abbiamo cantato in un coro meraviglioso. Si chiamava (e si chiama ancora) Cantosospeso. Mi sono fatta tutta la gravidanza della mia Figlia Mediana cantando in giro per la Lombardia. Ho cantato fino al momento del parto. La mia Figlia Mediana, non a caso, ha una propensione alla musica non comune: intendiamoci, non siamo ai livelli di bambini prodigio: ma è molto intonata, canta in un coro e suona il pianoforte da quando aveva 7 anni. Io dico che dipende dal fatto che ascoltava molta musica (da dentro e da fuori) fin da quando era in pancia. Insomma, secondo me è merito del mio coro.

L’altro giorno laura mi ha mandato un articolo del New Scientist nel quale si parlava degli effetti benefici del cantare in un coro e in particolare dell’impatto sul cuore.

Björn Vickhoff dell’Università di Göteborg, in Svezia, ha reclutato 15 cantanti e ha chiesto loro di intraprendere una serie di attività di canto corale, dal ronzio monotono, a cantare un mantra meditativo o un inno cristiano; il tutto mentre venivano monitorati i loro parametri vitali.

Dalla mia esperienza personale posso dire che cantando in un coro ogni voce si deve calibrare e adeguare a quella degli altri, per fare in modo che il risultato sia armonico e melodioso. Dal punto di vista scientifico la mia deduzione pratica viene confermata: emerge infatti da questa ricerca che le frequenze cardiache dei cantanti fluttuavano in sintonia. Questo effetto, già conosciuto come RSA (respiratory sinus arrhythmia) farebbe in modo che la frequenza cardiaca vari in sincronia con la respirazione arrivando a produrre effetti rilassanti e calmanti, al pari, ad esempio, della meditazione o dello yoga.

A Roma il Marito e io non siamo riusciti a trovare un coro che ci piacesse: eravamo stati troppo viziati dalla nostra esperienza milanese. A dire il vero però ci siamo andati vicino: ci unimmo a un coro nato da un gruppo di amici amanti della bella musica: scrivevano e arrangiavano da soli i pezzi. Erano bravi a dir la verità! Entrare è stata molto dura. Uscirne molto meno. Alla vigilia di un concerto noi due eravamo molto emozionati; la direttrice ci disse: “Voi è mejo che domani restate a casa, perché ar concerto dovemo fa’ bella figura!”

Il nostro direttore brasiliano ci aveva insegnato tutt’altro. Ci aveva abituato a sentirci parte di un coro: tutti dovevamo partecipare ai concerti, a costo di fare “il pesce” quando non ci si sentiva di prendere parte a un pezzo difficile, ma non importava perché  la cosa essenziale era “esserci”. E quindi? E quindi il Marito e io, con l’ugola tra le gambe, ce ne siamo tornati a casa a cantare sotto la doccia! Con buona pace dei nostri vicini.


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