Il piano è semplice.
Molto semplice. Lo sto ripetendo tante volte, lo sto rigirando da tutti gli angoli.
Ma rimane semplice.
Fingere di aver visto una persona scomparsa. Chiedere di vedere l’elenco delle foto segnaletiche di scomparsi.
Arrivo alla centrale.
- Salve.
- Salve.
- Avrei bisogno di parlare con qualcuno del reparto persone scomparse.
- Dica a me.
- Ho visto una persona che diceva di essere scomparsa.
- Ah sì? E dove?
- Qui vicino. Posso vedere l’elenco degli scomparsi?
- È fortunato perché è pubblico. Altrimenti l’avrei già cacciata a pedate. Ecco.
- Grazie.
Guardo l’elenco. Sono solo quattro pagine, e in pochi secondi noto le facce di Johnny Smuzdzak e di Frank Schadel. Quello morto.
Sembra che il nome che cerco sia Friedrich Stein. Lo indico.
- Questo.
- Non penso. È scomparso più di tre anni fa.
Coincide. Coincide anche il fatto che si conoscessero. Indico Johnny Smuzdzak.
- Questo?
- Più di tre anni fa. Anche lui.
- Vabbè. Credo di aver incontrato un pazzo.
- Strano, avrei detto lo stesso. Buongiorno.
- Buongiorno.
Simpatico. Ora devo trovare quanto posso su Friedrich Stein.
Devo chiamare il commissario, ma prima preferisco farmi una lenta passeggiata.
C’è aria di tempesta. Mi piace. Il vento solleva polvere e foglie, si stanno avvicinando grossi nuvoloni neri.
Questo mi fa gustare di più i viali alberati, che con i rami piegati mostrano le cicatrici di un passato lontano, con i caseggiati popolari e l’acciaieria dismessa.
Ma è davvero lontano questo passato? Forse per gli immigrati polacchi che abitano proprio quei caseggiati, o che arredano un albergo in stile Ostalgie. La maggioranza di chi ha vissuto questo si è spostata a Ovest, e se ne sta un po’ pentendo.
Tutti quelli che hanno vissuto quell’epoca ne hanno le tracce. Anche io. E non l’ho vissuta direttamente.
Quest’atmosfera, però, mi fa sentire a casa più di quanto non mi sia sentito ad Hof. Qui, non sembra sia cambiato tutto. O meglio, è cambiata l’apparenza, con le auto, l’asfalto curato, i prati all’inglese.
Il cuore, quello che sta dietro agli alberi, è ancora vecchio. E io mi ci trovo bene.
Però è comodo. Troppo comodo rifugiarsi nel passato, sperare di avere sempre un’altra possibilità, pensando che non cambia nulla. Devo ammettere di aver sbagliato, che per quando possa cercare il passato, ad Hof o ovunque, ho perso l’opportunità 20 anni fa, quando era caduto il muro, era allora che dovevo chiedere spiegazioni.
Ho aspettato troppo.
Inizia a piovere. Entro in un bar.
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