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1941, Steve Roger (Chris Evans) è un ragazzo magro, scheletrico e deboluccio che vuole a tutti i costi arruolarsi nell’esercito americano. Nonostante gli innumerevoli rifiuti, continua a non perdere mai la speranza proponendosi insistentemente e senza successo. Un giorno la sua ostinazione lo porta ad essere scelto per un programma speciale, un progetto scientifico che punta alla realizzazione di super soldati con forze e capacità superiori alla norma. Sarà in questo modo che Steve riuscirà a passare da povero nerd sfigato al famosissimo e muscolosissimo Capitan America.
E’ proprio il caso di dirlo Chris Evans e la Marvel non sembrano fatti l’uno per l’altra. Non hanno funzionato ne “I Fantastici Quattro”, dove l’attore interpretava il ruolo della Torcia Umana, e non funzionano benissimo nemmeno in questo “Capitan America”. La colpa non è certo di Evans, troppo sfortunato e forse anche privo di grande carisma, ma piuttosto di alcune scelte produttive che sembrano ultimamente aver virato prepotentemente su un unico obiettivo chiamato: (scarso) intrattenimento. Diretto dal regista Joe Johnston e sceneggiato da Christopher Markus e Stephen McFeely, “Captain America” ha come unico pregio quello di riuscire a godere di una messa in scena ordinata e lineare, logica, sensata fino al punto inesorabile che la vede iniziare a spezzarsi pian piano per andare a soddisfare un'incomprensibile sete di azione e divertimento gratuito. Come già capitato in passato, a togliere equilibrio e fascino alla pellicola ci pensa il mutamento del protagonista e la forzata rappresentazione del suo eroismo. Così purtroppo viene interrotto il buon controllo iniziale della storia, scivolando in uno stereotipato sviluppo che porta poi a un discutibilissimo finale, da un punto di vista obbligato, ma sicuramente non di grande livello (anche se, in veste futura, potrebbe rivelarsi intelligente e forse azzeccato).
L’elemento “intrattenimento” sembra essere diventato un compromesso da raggiungere a qualunque costo, anche quando tra le mani si avrebbe l’opportunità di poter fare qualcosa di molto più grande se questo venisse leggermente messo da parte. Come, per esempio, dare più spessore al personaggio principale e al suo acerrimo rivale (un discreto Hugo Weaving nei panni di Teschio Rosso). Raccontare l’evoluzione di un nerd diventato incredibilmente eroe e speranza nazionale in tempo di guerra, poteva dare moltissimi spunti narrativi interessanti, soprattutto a livello introspettivo. Le possibilità di realizzare un titolo più intelligente e importante non mancavano affatto, peccato non averle percorse. Non eccezzionali anche le partecipazioni dei nomi illustri Tommy Lee Jones e Stanley Tucci, entrambi esecutori di un accettabilissimo lavoro ma non in grado di entusiasmare abbastanza lo spettatore. Proprio come non entusiasma affatto, e qui rischio di ripetermi, l'ennesimo uso inutile del 3D.
L’impressione è che il progetto dei vendicatori stia forzando un po’ troppo la mano della Marvel portandola a rilasciare, in brevi periodi, troppe pellicole, probabilmente anche trascurate in alcuni dettagli. Sorvolare sulla qualità del prodotto prima o poi potrebbe portare dei seri danni, soprattutto se il pubblico dovesse stancarsi di uscire sempre a testa bassa dalla sala cinematografica. Non è neanche il caso di dire che i supereroi abbiano già esaurito tutto quello che avevano da dire, visto che a smentire ciò è stato il bellissimo “X-Men – L’Inizio” di Matthew Vaughn. Forse invece è arrivato il momento di tornare ai tempi in cui i film sui supereroi erano un evento raro, non come oggi dove questi vengono proposti così frequentemente da risultare quasi nauseanti.
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