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Captain Fantastic

Da Big @matteoaiello

Matte vi odia tutti.
A prescindere che voi siate uomini, donne o bambini,
Matte vi odia.

C’è ancora qualcuno che non capisce come mai preferisco e non di poco la Premier League alla Serie A.
Rispondere PER TUTTO penso sia riduttivo.
Allora vi voglio raccontare il parallelo di quello che è successo domenica pomeriggio in Italia ed in Inghilterra.

Ad Anfield va in scena LiverpoolManchester City, prima contro ipotetica prima (i Citizens devono ancora recuperare due partite) mentre a Marassi si affrontano SampdoriaInter, anonima partita tra una squadra di metà classifica contro l’altra che sta lottando per un posto in Europa League, resa di dominio pubblico a causa di un triangolo amoroso che anche i meno informati, purtroppo, conoscono.
L’atmosfera ad Anfield è qualcosa di surreale. Non solo per l’importanza del match ma, soprattutto, perché oggi 15 aprile è il venticinquesimo anniversario della strage di Hillsborough, una delle due pagine più drammatiche nella storia del calcio d’oltremanica, in cui persero la vita 96 persone. 79 di loro avevano meno di 30 anni.
You’ll Never Walk Alone è da brividi forse più di sempre ed il minuto di silenzio per ricordare le vittime è un qualcosa di irreale, così come il boato di Anfield dopo il fischio dell’arbitro.

Nel mentre, a Marassi, le due squadre si stringono la mano prima del calcio d’inizio. El Trombator Icardi allunga la mano a Maxi Lopez che non ricambia, evitando addirittura il suo sguardo. I tifosi blucerchiati iniziano ad insultare Maurito, fino allo scorso anno un giocatore della Samp e osannato dalla Gradinata Sud. Per i pochi che non conoscessero la storia, la moglie di Maxi Lopez, tale Wanda Nara, è attualmente la fidanzata di Icardi. Niente di strano a parte il piccolissimo dettaglio che Maxi e Mauro fossero compagni di squadra e così amici da andare in vacanza insieme. Addirittura Icardi, quando era bambino e giocava nella cantera del Barcellona, si fece scattare una foto insieme al suo idolo per l’appunto proprio Maxi Lopez.
E’ uno scenario patetico. Dopo gli sfottò e le dichiarazioni di amore via Twitter non sembra una partita di calcio ma un articolo di Novella 2000. 
Della partita non interessa a nessuno, neppure ai tifosi più accaniti. Gli sguardi dei presenti allo stadio e di chi sta guardando da casa sono solo per Icardi e Maxi Lopez.
Ad Anfield il Liverpool segna per due volte e all’intervallo sta vincendo per 2-0. La gente è in delirio. La maggior parte di loro non riesce a realizzare credendo di essere in un sogno.
A Marassi l’Inter si porta in vantaggio per 1-0 con gol proprio di Icardi che invece di esultare si ferma davanti alla Gradinata Sud dei suoi vecchi tifosi e si mette una mano all’orecchio per sentire ancora meglio gli insulti. Mentre i compagni di squadra lo abbracciano per festeggiare il gol, la gente perde la testa. Uomini, donne e bambini completano la classica trasformazione da italiano medio a bestia (che poi è praticamente la stessa cosa) tipica della domenica pomeriggio e quadruplicano le offese con le cornee rosse dalla rabbia e la bava alla bocca. L’arbitro non può far altro che ammonirlo e mentre Icardi se ne torna a metà campo, nella panchina della Samp un certo Andrea Costa, di professione terzino dal piede sinistro non proprio educatissimo e fino all’anno scorso suo compagno di squadra, perde la testa ed inizia a chiamarlo “figlio di puttana!“. L’arbitro si avvicina e ammonisce pure lui. La Samp ha l’occasione per pareggiare. Ranocchia stende in area Gastaldello. Rigore! Sul dischetto va Maxi Lopez per rimettere la partita sull’1-1 in tutti i sensi ma il suo penalty, per altro calciato malissimo, viene parato da Handanovic. Icardi sotto i baffi se la ride, Maxi abbassa la testa sconsolato. Sostanzialmente la sua partita finisce proprio con quel tiro dal dischetto.
Ad Anfield intanto il Manchester City ha riequilibrato la partita portandosi sul 2-2. Anfield trema e comincia a vedere i fantasmi degli ultimi 24 anni. Sì, era il 1990 quando il Liverpool vinse l’ultimo campionato che ancora non si chiamava neppure Premier League. Il Liverpool è stato il club più titolato d’Inghilterra fino a quando Sir Alex Ferguson non si è seduto sulla panchina del Manchester United. Sir Alex è riuscito dal 1987 al 2013 a raggiungere e poi superare il numero di trofei vinti dai Reds, impresa che appariva impossibile viste le due bacheche. L’inerzia del match è tutta dalla parte dei Citizens che però falliscono con Silva il colpo del ko. Al minuto 77′ Glen Johnson butta in the box un’innocua rimessa laterale. Kompany, capitano del City e uno dei migliori in campo, svirgola il pallone che arriva nella zona di Coutinho. Destro al giro di prima alla sinistra di Hart e gol. Bellissimo. Liverpool ancora in vantaggio. Qualcuno sugli spalti di Anfield probabilmente muore.
A Marassi l’Inter nel secondo tempo dilaga ed Icardi segna il gol dello 0-3. Questa volta però invece di sfidare ancora lo stadio va a festeggiare sotto il settore degli ultras nerazzurri. Quando viene sostituito a venti minuti dalla fine, i tifosi blucerchiati accompagnano la sua uscita dal campo con i soliti, assordanti, insulti. E continuano fino al 90′ quando l’arbitro fischia per tre volte. Risultato finale: Sampdoria – Inter 0-4. Di Maxi Lopez si sono perse le tracce.
Finisce anche ad Anfield. Liverpool batte Manchester City 3-2 consolidando il primato e spingendo i Citizens a meno sette. I Reds si abbracciano nel mezzo al campo quando le telecamere inquadrano Steven Gerrard.
Gerrard non è solo il Capitano e il giocatore simbolo del lato rosso del fiume Mersey. Gerrard è Liverpool. Quanto lo erano John Lennon e Paul McCartney. E’ uno dei cinque migliori centrocampisti nella storia del calcio inglese (personalmente il migliore non solo in Inghilterra) ma ha vinto molto meno rispetto al suo reale valore. Ok, ha vinto la Champions nel 2005 in quella finale indimenticabile contro il Milan, la Coppa Uefa, l’FA Cup e la League Cup ma non ha mai vinto la Premier. Ci è sempre arrivato vicino ma ha sempre visto trionfare squadre obiettivamente più forti. Prima il Manchester United di Beckham e Giggs, poi l’Arsenal dei francesi, poi il Chelsea di Mourinho, poi ancora lo United ed infine il City.
Avrebbe potuto giocare ovunque e vincere e guadagnare il doppio (nel 2004 fu ad un passo dal Chelsea di Abramovich) ma è rimasto a Liverpool, sempre e comunque. Sia quando c’erano progetti seri sia quando non c’era niente. Ha giocato in tutti ruoli del centrocampo: ala, mezzala, mediano, trequartista, interno e adesso, a quasi 34 anni, regista basso alla Pirlo. Ha condiviso il terreno di gioco con campioni come Xabi Alonso e Robbie Fowler e con delle pippe colossali come Konchesky e Krygiakos. E’ stato il trascinatore per le vittorie e il primo a metterci la faccia per le sconfitte. Ha talmente tanto carisma che il Liverpool, a seconda della sua presenza in campo, gioca in due modi diametralmente opposti.
E pensare che su Google si trova la sua foto da bambino vestito col completino dell’Everton. Proprio come Jamie Carragher, altra bandiera di Anfield, che prima di entrare nell’Academy del Liverpool era un accanito tifoso dei Toffees.
Eppure nonostante le quasi 500 presenze con il Liver Bird sul petto, i trofei, le vittorie e più di 100 gol, a fine partita Steven Gerrard, sommerso dall’abbraccio dei compagni, piange. Per l’impresa, perché quest’anno come non mai il Liverpool è padrone del proprio destino e perché per la prima volta in carriera la Premier gli appare vicina, vicinissima. Ma soprattutto piange perché tra le 96 vittime di Hillsborough c’era suo cugino, Jon-Paul Gillhooley, colui con cui aveva iniziato a giocare a pallone per strada nel quartiere di Whiston. Jon-Paul aveva 10 anni quando morì. Gerrard nella sua autobiografia dice che vedere la reazione della sua famiglia lo ha spinto a diventare il giocatore, immenso, che è oggi.
I suoi compagni sono in delirio. Hanno appena battuto la squadra che ad inizio stagione doveva vincere la Premier dando venti punti di distacco alla seconda ma Steven li riporta tutti sulla terra. Il suo discorso non è un monologo tipo Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica o Kurt Russell in The Miracle. Sono poche parole. Quelle giuste però. Quelle che solo un Capitano vero sa dire.

Non deve sfuggirci via!
Ascoltate, ascoltate! Questa è andata. Ora andiamo a Norwich. Così come oggi. Ce la possiamo fare. Forza!!”
.
Non ero ad Anfield ma vi giuro che ogni volta che guardo questo video (da domenica pomeriggio siamo circa a 200 e il tassametro corre) mi vengono prima gli occhi lucidi e poi i brividi lungo tutto il mio metro e novantacinque.
Questo è il calcio che va oltre i miliardi, le pubblicità, le automobili di lusso e le wags.
Questa è la magica atmosfera che si respira (e che io, purtroppo, vedo soltanto da casa) in Premier League.
E’ una mentalità completamente diversa rispetto alla nostra.
Ad esempio se una squadra di metà classifica ad aprile è matematicamente salva continua comunque a giocare tutte le partite alla morte. Quando una squadra retrocede i tifosi non vanno a tirare i sassi fuori dalla sede, anzi, continuano ad applaudire e a riempire lo stadio anche se saranno in Championship. Gli stadi sono sempre pieni. Eppure hanno la stessa copertura video che abbiamo noi. Solo che i nostri programmi post partite parlano di Icardi, Wanda Nara e Maxi Lopez, i loro invece parlano delle lacrime di Steven Gerrard. I tifosi, che una volta li chiamavano hooligans, una roba che in confronto Attila e gli Unni sembravano il prete con i chierichetti che vanno a benedire le case prima di Pasqua, sono a sedere come se fossero al cinema. Hanno sbagliato e pagato tanto, tantissimo, prima di riuscire ad arrivare a questo punto ma ci sono arrivati.
Il minuto di silenzio per le vittime di Hillsborough è stato fatto su ogni campo ed è stato un cordoglio vero. Non come le pagliacciate di casa nostra dove alcuni tifosi ci riderebbero su, intonerebbero cori di scherno tappezzando le curve di striscioni abominevoli.
Loro con gli hooligans ce l’hanno fatta.
Noi ancora no.
Il problema è che non sappiamo e non vogliamo neppure cominciare.

Mancano quattro partite alla fine e non posso sapere se il Liverpool vincerà oppure no la Premier. Quello che so però è che un intero paese fa il tifo per Steven Gerrard. Anche i tifosi delle altre squadre, che logicamente non lo ammetteranno mai, sperano che Captain Fantastic possa alzare al cielo la sua prima Premier.
Perché se lo merita.
Perché è uno vero. Un eccezione in un calcio che di eccezionale ha soltanto lui: Steven Gerrard.

#makeusdream


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