Il linguaggio esercita una certa influenza sul modo in cui noi percepiamo la realtà. Questo è innegabile. E questo non per una strana e quasi magica forma di trasferimento che rende il pensiero “realtà”, ma perchè dietro le parole stanno sempre dei significati concreti, delle aderenze all’esistenza viva che in qualche modo si sedimentano nelle parole. Il pensiero non produce realtà in maniera immediata. È la realtà, insita e nascosta dietro un pensiero, che viene rafforzata attraverso il linguaggio. Direi quindi che il linguaggio rafforza, riproduce e diffonde degli schemi di realtà che spesso si realizzano come strutture di potere. Questo vale anche per ciò che riguarda le questioni di genere e il modo in cui la lingua sia spesso usata per perpetrare il dominio maschile. Questo muove dalla realtà in direzione del linguaggio, per poi tornare rafforzato nel viaggio inverso, quello che dal linguaggio torna alla realtà.
La consapevolezza di questo duplice movimento è ciò che ci ha portato ad affermare (qui) che vi è una naturale priorità nell’agire sulla realtà, piuttosto che sul linguaggio. È nella vita attuale e immediata che risiedono le urgenze più drammatiche della condizione femminile. È in essa che si può scorgere l’origine del sessismo nel linguaggio.
L’attenzione troppo radicale per il senso inverso, quello che dal linguaggio va alla realtà, mostra come molto spesso giuste battaglie possano essere condotte con mezzi sbagliati, fuorvianti e nocivi per la battaglia stessa. È il caso dell’asterisco, come mezzo per omettere la declinazione del genere.
L’uso di questo sistema è ormai diffuso. Lo scopo dovrebbe essere quello di mostrarsi in qualche modo imparziali, dal punto di vista del genere, rispetto agli interlocutori ai quali ci si rivolge. Il risultato sembra però essere non quello dell’imparzialità, ma piuttosto quello della censura (omissione e censura sono i significati attribuiti all’asterisco, vedi Wikipedia).
La mia domanda è: posto che il linguaggio, come abbiamo visto, rafforza o influisce sulla realtà nel quale si esprime, quale realtà verrà fuori dal linguaggio che usa l’asterisco come mezzo di omissione del genere? Una realtà censurata e omessa, e con ciò mistificata e distorta. Ammettendo pure che ci sono persone che non si collocano pienamente né nell’uno né nell’altro genere, nondimeno possiamo immaginare che l’uso dell’espressione “Care/i tutte/i” possa funzionare alla grande e soddisfare un po’ tutti. Esistono individui dalla sessualità ibrida, multiforme, complessa, difficilmente incardinabile all’interno della strutturazione binaria maschio/femmina, ma non (come sembrerebbe dall’uso dell’asterisco) individui privi di una sessualità. L’asterisco struttura una realtà che non esiste, e che, se esistesse, sarebbe alquanto grigia, una realtà fatta non da individui in carne e ossa, ma da alieni asessauti, prodotti dal laboratorio sempre attivo di menti incapaci di immaginare una realtà più complessa di quella prodotta per mezzo dello strumento alquanto semplice dell’autocensura.