Prima di iniziare, però, devo ritrovare un attimo la calma, altrimenti potrei essere additata come impulsiva e poco razionale.
Mi è capitato di leggere per caso un post di una blogger italiana sul tema della scelta dell’indirizzo di studi da intraprendere dopo la fine della scuola superiore.
Il post che ha scatenato emozioni così intense sottolinea l’importanza di seguire le proprie passioni, scegliere l’ambito e l’Università che riteniamo siano i più affini alle nostre aspirazioni di vita.
Fin qui posso essere d’accordo.
Ho scelto psicologia cinque anni fa, con il sogno di fondare il primo team di profiler in Italia (il potere seduttivo di Criminal Minds ha trovato in me una facile preda), sostanzialmente infischiandomene di dati sull’occupazione e previsioni per un possibile lavoro.
Ora sono passati cinque anni.
Il sogno della profiler è ancora nel cassetto (o meglio lo realizzo ogni volta che leggo il fumetto Julia, criminologa con le sembianze, senza neanche farlo apposta, della mia Audrey Hepburn). Mi sono aperta a nuove prospettive e orizzonti.
Il problema vero si trova nelle righe successive.
Cito testualmente:
"Altri due o tre consigli: non fate le università private, che - ci sono le eccezioni, non iniziatemi subito a commentare - sono ormai delle fabbrichette che macinano soldi e creano pupazzetti fatti con lo stampino. Per diventare pupazzetti fatti con lo stampino avrete tutto il tempo del mondo poi, finita l'università: fate risparmiare i vostri genitori, risparmiatevi la tristezza di essere bocconiani e sceglietevi una buona università pubblica.Dopo che ho letto queste frasi, la vena in fronte ha cominciato a pulsare e le orecchie a fischiare (stile teiera).
Sarete un po' meno coccolati, sicuramente: imparerete un po' a soffrire, e questo vi farà bene.
Per dare i soldi alla IULM avrete il tempo con i vari master, non vi preoccupate."
Carissima, come faccio a non commentare? Mi spiace non riesco proprio a trattenermi.
Questo pensiero nasce sostanzialmente da un’ignoranza (nel senso puro del termine, ovvero non sapere) che purtroppo non ha fermato le tue dita sulla tastiera.
Hai frequentato un’Università pubblica e quello che hai scritto è semplicemente il frutto del “sentito dire”.
Un’esortazione così passionale, decisa e assoluta dovrebbe essere sostenuta da fatti certi e non da dicerie.
Ora arriva lo sfogo.
Considerare l’Università privata come una fabbrica che produce serie di individui tutti uguali è davvero frutto di un pensiero offuscato dallo spettro del pregiudizio.
L’Università, pubblica e privata che sia, è un’opportunità di crescita personale per ognuno, non un insieme di ingranaggi tra cui un soggetto passivo subisce un processo di trasformazione. Prima di tutto vi è la possibilità di scegliere, di creare un proprio percorso di crescita personale.
Perché poi i bocconiani dovrebbero essere delle persone tristi? Da dove viene questo giudizio? Anche qui, troviamo un altro pregiudizio totalmente infondato.
E ora arriva la frase che mi ha fatto salire il sangue al cervello.
Io ho fatto la Cattolica.
Non sono mai stata coccolata, anzi dall’università stessa non ho mai ricevuto nessun favore.
Un esempio? Ho trovato IO l’Università canadese dove svolgere il tirocinio. Ho seguito IO l’intero iter burocratico. Ti dirò di più cara blogger: è stata proprio la mia Università, che secondo te mi “coccolerebbe” come una persona incapace di intendere e di volere, a mettermi i bastoni tra le ruote, rischiando di non farmi ottenere il visto.
Chi ti ha detto che non ho sofferto? La sofferenza è una prerogativa solo dell’Università pubblica? Secondo il tuo ragionamento, tutti allora dovrebbero iscriversi alle università private per poter vivere nel paradiso terrestre che hai disegnato con le tue parole.
Queste frasi hanno scatenato in me delle emozioni così forti perché tu hai un gran seguito di lettori e lettrici. Hai quindi una certa influenza su di loro (come si può osservare in molti dei commenti).
Hai voluto spronare chi sta iniziando il lungo cammino universitario a credere in se stessi, ma hai contribuito anche a diffondere una serie di pregiudizi che, se ci pensi, minano ogni relazione, avvelenandole con il siero della superficialità e dell’ottusità.
Hai consigliato di fare esperienze di tutti i tipi.
Mi permetto di consigliarti la stessa cosa: entrando a mente libera in relazione con una realtà che non conosci, potresti ancora stupirti di quello che ignoravi.



