Come direbbero sull’isola «Carini s’arruspigghiau caura caura» (Carini si è svegliata calda calda)
Già perché da questa notte 400 carabinieri del comando provinciale di Palermo e della compagnia di Carini, coordinati dal colonnello Giuseppe De Riggi e Giovanni Ruggiu, stanno eseguendo 21 misure di custodia cautelare in carcere emesse dal giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini, su richiesta dei magistrati della Dda Francesco Del Bene, Marcello Viola, Gaetano Paci e Laura Vaccaro, coordinati dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia.
«La vasta operazione antimafia è l’esito di complesse attività tecniche e di riscontri sul territorio che hanno permesso di far luce sugli equilibri mafiosi nel territorio di Carini – nell’immediato hinterland occidentale di Palermo, dopo la cattura del noto boss Salvatore Lo Piccolo e del suo uomo di riferimento in quell’area, Gaspare Pulizzi», spiegano gli investigatori.
Nel mirino dell’operazione presunti capi e gregari della cosca di Carini, comune nell’hinterland occidentale del capoluogo,appartenenti alla famiglia mafiosa guidata dall’anziano «padrino» Calogero Passalacqua, 80 anni, pluripregiudicato per associazione a delinquere di stampo mafioso e al vertice della cosca sin dagli anni ’70.
Con questo blitz, accertando le responsabilità di una serie di attentati intimidatori, pare si sia anche messo un punto ad un guerra tra famiglie rivali che rischiava di aprire una nuova guerra di mafia nel palermitano.
Gli interessi criminali dei capi e gregari del pericoloso clan della provincia palermitana, riguardavano il controllo diretto delle aziende impegnate nelle opere di movimento terra, l’imposizione di operai presso le ditte e, non ultimo, il traffico di stupefacenti.
Ma c’è di più.
A far subito gran chiasso, sono i due retroscena dell’operazione: Passalacqua continuava a fare il boss dagli arresti domiciliari e imponeva agli imprenditori delle piccole aziende l’assunzione dei “picciotti” vicino ai boss.
Le indagini sono partite dalla pescheria del consuocero di Passalacqua: Vito Caruso.
“Il pescivendolo del Bivio Foresta” regalava il pesce alle mogli dei detenuti, sottolineando come la mafia non li aveva abbandonati e, favorito dal posto strategico delle sua “bottega del pesce”, controllava i movimenti e smerciava sostanze stupefacenti, tanto da aver codificato le richieste. Ad esempio a “5 chili di gamberoni” non corrispondevano certo i crostacei bensì, droga.
I Carabinieri hanno monitorato gli uomini d’onore e i loro gregari, arrivando al capo clan e registrando in tempo reale le decisioni del reggente della famiglia mafiosa: Calogero Passalacqua.
E dopo oltre un anno, è emerso che, seppur agli arresti domiciliari Calogero Passalacqua, detto “Battista i Santi”, come nei modelli più radicati della cultura mafiosa, continuava a gestire la sua cosca, a dare ordini, a controllare gli interessi illeciti della famiglia. E non solo: mettefa fine alle controversie ed elargiva raccomandazioni, rendendosi disponibile ad ascoltare tutti coloro che lo richiedevano.
Il ruolo dell’anziano boss era già emerso nel corso del primo maxiprocesso di Palermo. Nel 2007 l’operazione antimafia, infatti, aveva evidenziato anche l’importante ruolo della famiglia mafiosa dei Pipitone, nel cui ambito si inserivano anche i parenti di Passalacqua riconducibile al mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale.
Le indagini avevano documentato ricorrenti tensioni all’interno del gruppo. Dopo la cattura di Ferdinando Gallina, secondo gli inquirenti, è stata «spianata la strada alla piena reggenza di Passalacqua».
L’anziano «Grande Padrino» tornato sul suo territorio e, nonostante fosse ai domiciliari «richiamava a sè i suoi fedelissimi, imponendo una nuova strategia».
Il pizzo sistematico che a cadenza periodica pagavano i commercianti, gli artigiani ed i piccoli imprenditori, era solo vessazione esercitata nei confronti di chi produce, che originava malumore e dissenso.
Ma Passalacqua, che aveva pensato proprio a tutto: «risparmia il pagamento della messa a posto alle piccole attività commerciali e alle imprese appena avviate, ritenendo che non si debba aggiungere alle già gravose difficoltà economiche delle piccole imprese un ulteriore peso economico».Le imprese erano costrette ad assumere guardiani notturni ma anche operai e impiegati. L’impiego di un gregario per garantire «autonomia economica agli affiliati del sodalizio e permette anche il costante monitoraggio delle attività economiche, rafforzando il controllo del territorio, stretto in una pesante morsa criminale».
I riscontri dei Carabinieri hanno confermato il «sistema di collocamento» avviato. Assunzioni e licenziamenti eseguiti a comando dagli amministratori delle imprese secondo le indicazioni impartite dal vertice della famiglia mafiosa.
Tra le imprese che hanno subito estorsioni secondo il metodo dell’assunzione si annoverano: la Lentini, la Carini Gas e la Sidermental, per quanto riguarda Carini.
Ma i tentacoli di Passalacqua e dei suoi uomini si sono allungati fino a Palermo, minacciando il titolare della Coifer srl di Tommaso Natale, che voleva licenziare un loro affiliato così: «Mondo con mondo non si toccano, le persone sì..». Il licenziamento del dipendente venne sospeso.
Ad essere finiti in manette: il padrino Calogero Passalacqua, la figlia Margherita, 38 anni, il genero Salvatore Sgroi, 47 anni, il cugino di Salvatore, Pietro Sgroi, 51 anni, Vito Caruso, 54 anni, Giuseppe Caruso, 35 anni, Grazia Caruso, 55 anni, Salvatore Rugnetta, 37 anni, Gianfranco Grigoli, 38 anni, Giacomo Lo Duca, 58 anni, Croce Frisella, 46 anni, Vito Failla, 45 anni, Giuseppe Evola, 66 anni, Croce Maiorana, 27 anni, Antonino Buffa, 35 anni, Giuseppe Pecoraro, 44 anni, Giuseppe Barone, 55 anni, Matteo Evola, 65 anni, Ettore Zarcone, 40 anni, Rosaria Grippi, 42 anni, Fahd Ayari, tunisino di 24 anni.