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Carnage, di Roman Polanski

Creato il 06 ottobre 2011 da Dallenebbiemantovane

"Vuole sapere in cosa credo io, Penelope? Credo nel dio della carneficina, l’unico che comanda da sempre. Lei dovrebbe sapere meglio di tutti che la prima forma di diritto è la forza bruta".
So bene che è banale dire che Carnage (Francia/Germania/Polonia/Spagna 2011, con Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly) è un film perfetto e perfettamente recitato. Ma è così; non posso che associarmi al coro, per una volta unanime nella lode, dei critici.
I dialoghi, tratti da una pièce teatrale la cui autrice ha collaborato alla sceneggiatura, trovano il punto di equilibrio tra brillantezza e realismo. Il pericolo della staticità da unità d'azione aristotelica viene sventato dai movimenti continui sia degli attori che della camera. 
Si gode, letteralmente, della recitazione di Waltz, Winslet, Reilly e Foster: questo film è una lezione magistrale per chi voglia comprendere una volta per tutte che cosa fa la differenza tra gli attori cani, e cagne, quelli che sanno fare il loro mestiere e quelli che saprebbero anche farlo ma lasciano prevalere l'egocentrismo.
Non vedrete, in questo film, smorfiette alla Adam Sandler o alla Cameron Diaz. Dimenticatevi gli ansimanti attori italiani alla Muccino Sr e Jr. Mai. Nemmeno per un attimo, si ha l'impressione che i quattro protagonisti di Carnage gigioneggino alla Pacino o alla Nicholson, o che qualcuno voglia rubare la scena agli altri; i tic, i livelli vocali, la gestualità, i passaggi dalla farsa al dramma e viceversa, la progressiva perdita di controllo da Borghesi a Selvaggi, sono controllati con mano ferrea da una regia sicura di sé.
Un film su come tutti ci posizioniamo in vari punti (e non, come ameremmo credere, in uno solo) del continuum cinismo e idealismo, o di quello falsità/sincerità, o ancora di quello bontà/cattiveria, altruismo/egoismo.
Un film guardando il quale ci si vergogna di tutte le volte che si sono fatte o dette le stesse cose dei protagonisti. 
Da vedere su grande schermo, prima che scenda, perché in tv la frenesia dei dialoghi e la scenografia claustrofobica perderanno molto.


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