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“Caro califfo, noi rimarremo liberi!” I curdi e l’Isis

Creato il 09 gennaio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Ezel è una ragazza curda, la sua gente combatte l’Isis da tre lunghi, interminabili anni. L’abbiamo intervistata alla manifestazione di solidarietà in ricordo delle vittime alla redazione di Charlie Hebdo, organizzata ieri, 8 gennaio 2014, a Torino in Piazza Castello.

Parla perfettamente italiano, ma non ha bisogno di parlare. Glielo si legge negli occhi: la rassegnazione, la rabbia, la paura. Ci avevano avvertiti, i curdi. Avevano denunciato che la silenziosa avanzata dell’estremismo, spesso mascherata da rivoluzione contro odiate dittature, nascondeva un progetto nascosto: il califfato islamico. Ci avevano avvertito che non si sarebbero fermati, che avrebbero attaccato con tutti i mezzi. Adesso l’Isis è uno stato, dispone di risorse economiche per finanziare un esercito, risorse petrolifere da vendere sul mercato nero, più di ventimila uomini armati e addestrati, e chissà quante altre migliaia nascosti in Occidente, cellule dormienti o lupi solitari.
C’è chi combatte l’Isis da tempo, chi lo riconosce solo ora. Gli errori nella gestione della questione medio orientale da parte dell’Occidente sono incalcolabili. Possibile che dopo anni di guerra sanguinosa, in quell’Iraq liberato dal dittatore, riportato alla democrazia, dopo miliardi di dollari e di euro spesi per le truppe di liberazione prima, per l’addestramento di quelle locali poi, questo sia il risultato? Il califfato? l’Isis?
Charlie Hebdo è solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi nelle nostre città.
Gli altri islamici, quelli delle comunità italiane e europee, sono sgomenti. La condanna è unanime. Il portavoce dell’Associazione Islamica delle Alpi dice che la seconda vittima dell’attentato è la comunità islamica europea. I prossimi mesi saranno difficili anche per loro, perchè non si risparmieranno gli attacchi ai membri delle comunità musulmane che vivono con noi, come cittadini. L’estrema destra già accusa queste comunità di fare da base per il reclutamento dei soldati da mandare in Iraq e in Siria.
È una scusa. Il vero problema non sono e non saranno mai le comunità musulmane che vivono in Italia o in Europa. E nemmeno gli immigrati. Il vero problema è stato e continua ad essere la gestione schizofrenica della nostra presenza in Medio Oriente. Fino a pochi mesi fa il problema era aiutare i ribelli siriani contro il dittatore alleato di Putin: i ribelli, almeno la maggior parte, si sono rivalati essere gli estremisti dell’Isis. Che qualcosa non funzioni nel sistema di informazione militare occidentale è più che evidente.
Che cosa si debba smuovere ora non si sa. L’unica impressione è nessuno abbia realmente idea di come reagire a questo attacco. Intensificare il controspionaggio, certo, per cercare di prevenire altre stragi. Intensificare le misure di sicurezza, i controlli della polizia, le pattuglie per le strade.
Ma la soluzione del problema è quella di chiuderci dietro le nostre barriere, aspettare un altro attacco, sperando di riuscire a sventarlo prima di dover seppellire altre dodici persone?
Dal cuore di Torino, come da molte altre piazze del mondo, non può arrivare una risposta a questa domanda. Arriva però un chiaro messaggio, quello di Ezel: Caro califfo, noi rimarremo liberi!

#JeSuisCharlie

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