VENGO A CONOSCENZA, PUBBLICO E RISPONDO:
“La deplorevole deriva di un giornalismo di parte che sfocia nella violenza. Decisamente da condannare e censurare. Un’intervento davvero inspiegabile di cui non si avvertiva proprio la necessità, soprattutto in un momento buio come questo (l’articolo non sembra neanche sfiorare la satira)…
Uno scivolone che, ahimè, …rappresenta una vera vergogna per l’intera categoria dei giornalisti… Poi, ci meravigliamo degli accadimenti di cronaca avanti come oggetto la violenza (i serbi a Genova, l’infermiera rumena a Roma, il tassista a Milano, ecc).”
Matteo Palumbo, addetto stampa del Parco Del Gargano, è l’incarnazione della peggio gioventù. Pennivendolo invidioso e senza predisposizione al contatto con gli altri. Un ameba pallido e patetico.
Di politica capisce poco o nulla. Anzi, proprio nulla. Che io sappia, non ha nessuna militanza, nessuna esperienza di comitati politici, direttivi di circolo, congressi di partito, assemblee pubbliche… Ma è una persona cui piace parlare.
Dopo il mio post su Capezzone, apparso, in forma ridotta, su Stato Quotidiano (http://www.statoquotidiano.it/27/10/2010/e%e2%80%99-autunno-capezzone-coglie-castagne/36491/), Matteo Palumbo (che potete leggere in tutto il suo splendore nel commento corsivo, incapace ad usare gli apostrofi per accordare articoli e nomi – UN INTERVENTO, SANNO ANCHE I BAMBINI, SI SCRIVE SENZA APOSTROFO…) ha pensato bene di commentare con terze persone il fine del post stesso.
Le opinioni sono quelle di cui sopra. Ovviamente, non mi fanno nè caldo nè freddo. A dire il vero mi fanno un pò pena. Mi fa pena sentirlo parlare di giornalismo da censurare, di scivolone. Il tutto in un lessico che vuole essere alla Montanelli ma che, al massimo, è da cronista di strada.
Ahilui, si lamenta. Eh già. Il “deplorevole” scempio di un giornalismo che non si pone a novanta gradi, solidale con tutto e con tutti è indigesto al soldatino Palumbo. Di cui, sia chiaro, sono stato collega per un anno e mezzo. Le nostre strade si sono incrociate e divise senza sfiorarsi. Un contorsionismo strano ma vero. Un rapporto evidentemente bastevole, per lui. Tale da permettergli di levarsi, ora, qualche sassolino dalle scarpette linde e pinte.
La vera tristezza, caro Matteo, è quella procurata da giornalisti che, in nome e per conto di schifosi intrallazzi personali, arrivano a chiedere la censura di altri giornalisti. Che, arroccati nelle torri d’avorio che oggi ci sono e domani chissà, credono di poter liberamente motteggiare, additare, ergere a paramentro altrui la propria servitù. Difendere, dunque. E difendere sempre.
E si che tu dovresti sapere che le mie stilettate vanno a destra, sì, ma spesso anche a manca. Leggilo, questo mio blog e fatti, se ci riesci tutto da solo, un’idea (notare l’accento). Io ne dubito, ma i miracoli, in fondo, possono accadere…