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Caro sacerdote: accorcia l’omelia e sii compagno di vita

Creato il 06 ottobre 2013 da Uccronline

Sacerdote giocaSono tanti i sacerdoti che seguono il nostro sito web, molti ci scrivono spronandoci a proseguire questa iniziativa e dandoci il loro sostegno. Siamo grati di questo, il sacerdote per noi rappresenta il punto nella storia in cui può riaccadere quotidianamente il mistero di Cristo, attraverso l’Eucarestia. Senza sacerdoti non esiste cristianesimo, essi sono la possibilità attraverso cui Gesù Cristo si dona nuovamente all’uomo, anche fisicamente. Solo il sacerdote può permetterlo e il suo compito e la sua importanza è di immenso valore.

Abbiamo seguito la recente visita pastorale di Papa Francesco ad Assisi, tantissime parole ci hanno colpito e in particolare ancora una volta è stata per lui l’occasione di lanciare dei messaggi ai nostri amati sacerdoti: «Penso al sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente», ha detto.

Vorremmo lanciare un appello ai nostri carissimi sacerdoti offrendo loro il nostro punto di vista di semplici fedeli: l’individualismo e il nichilismo che ci circondano è letale anche per la vivacità delle comunità parrocchiali. Abbiamo bisogno di voi, della vostra presenza fisica. In tante parrocchie, purtroppo, è venuto meno il riferimento paterno del sacerdote, i fedeli frequentano la parrocchia anche perché la vita cristiana esiste e persiste se si appartiene ad una comunità, eppure la gran parte delle persone che frequenta i Sacramenti non conosce nemmeno il nome del parroco. Certo, per molti cattolici recarsi alla Messa è come andare al cinema, lo fanno per seguire una tradizione imparata, ma senza usare cuore e ragione…ma tocca proprio a voi, cari sacerdoti, aiutarci a risvegliarci dal torpore! Così come Gesù ha fatto con gli uomini del suo tempo, guardandoli uno per uno.

Don Nicola Bux ha scritto un libro intitolato “Come andare a messa e non perdere la fede”. C’è bisogno della vostra omelia durante la Santa Messa, per tanti è l’unico momento della settimana in cui possono ascoltare il Vangelo e riflettere su parole profonde che parlano del destino della vita. Eppure tante volte, anche ascoltando con tutta la buona volontà omelie di un’ora/un’ora e mezzo che sono pura elucubrazione teologica, verrebbe voglia di alzarsi ed andarsene. Omelie in cui “non si capisce niente”, dice Francesco. Chi preferisce rimanere lo fa sbadigliando, pensando ai fatti suoi mentre guarda il sacerdote con il volto fisso sugli appunti. L’omelia è un prezioso strumento, parte integrante della Santa Messa ma a volte diventa la tomba del Sacramento. Tanti oratori sono l’unico luogo in cui un ragazzo può sentirsi accolto, sono una grande festa e un ambiente amorevole e di educazione cristiana. Al contrario, altri -basta farvi un giro sabato o domenica pomeriggio-, sono divenuti il ricovero di bande e bulli, di bestemmie e insulti all’arbitrio e ai giocatori avversari del campionato di calcio amatoriale che si svolge nel campetto. Nessun educatore, nessun sacerdote ad essere riferimento, il fulcro educativo per questi ragazzi in queste domeniche non esiste. Pomeriggio vuoti, senza senso, trascorsi nell’oratorio della città.

Stranamente il vaticanista Marco Politi questa volta ha ragione: commentando le telefonate di Papa Francesco, la sua presenza e vicinanza tra la gente ha scritto: «Il cellulare di Bergoglio diventa il simbolo di un appello ai sacerdoti perché non si riducano a funzionari del sacro, ma ritrovino il ruolo antico di compagni dell’esistenza dei fedeli. La parrocchia, il parroco, lo stretto legame tra guida spirituale, popolo e territorio ben definito sono stati sociologicamente la più grande invenzione del cristianesimo. Oggi, lo sanno bene i vertici ecclesiastici, questo sistema è in crisi. Manca il clero. E qui persino l’esempio del pontefice non basta». Non funzionari del sacro ma dei padri. C’è bisogno di voi, della vostra presenza nelle nostre parrocchie. Francesco può aiutarvi a tornare ad essere pastori, ad amare la vostra preziosissima e difficile vocazione e la vostra comunità parrocchiale, con tutti i suoi problemi, facendo sentire ogni fedele a casa sua, curando le ferite di chi si è allontanato. Fatevi vedere, state in mezzo alla gente, arrivando perfino a conoscere il nome del cane di ogni fedele! Lo ha detto sempre Papa Franecesco in questi giorni: «Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per noi se non camminare con il nostro popolo? E’ bello! Quando io penso a questi parroci che conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi diceva: “Io conosco il nome del cane di ogni famiglia”, anche il nome del cane, conoscevano! Che bello che era! Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro, per tenerla unita»

Ci scusiamo per questo consiglio, pensiamo di farlo per il bene della Chiesa. La gran parte di voi ovviamente non ne ha alcun bisogno, qualcun altro forse si. Ci sono comunità parrocchiali bellissime e altre che sono anonime, senza volto, più secolarizzate della società stessa che le ospita. Accorciate le omelie e accorciate le distanze con i parrocchiani, abbiamo bisogno di voi.

La redazione


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