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Caro vecchio Marx!

Creato il 21 aprile 2010 da Casarrubea

Diego Fusaro’s Facebook Notes

Presentiamo, di seguito due recensioni al recente libro di Diego Fusaro, “Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario” (Bompiani, Milano 2009, 380 pagine, 11.50 euro, http://www.filosofico.net/bentornatomarx.htm )

Costanzo Preve

“I limiti della Sinistra e dell’Antiberlusconismo”

giovedì 8 aprile 2010 8.48

“Ha scritto il 24-4-2003 il direttore del Manifesto Luigi Pintor: “La sinistra italiana che conosciamo è

morta. Non lo ammettiamo perché si aprirebbe un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette”.

Non si poteva dire meglio. Non c’è praticamente niente da aggiungere. Sarebbe stato bello che Pintor

avesse contestualmente ammesso il grande contributo che il suo giornale ha dato per decenni a questo

esito funerario, ma non si può chiedere troppo alla natura umana ed alla sua capacità di bilancio e di

Caro vecchio Marx!

Karl Marx

autocritica. Personalmente quando penso alla sinistra penso al personaggio dei cartoni animati Wile E. Coyote. Wile E. Coyote cammina nel vuoto, ma soltanto quando si accorge che cammina nel vuoto incomincia a precipitare. Prima invece cammina come se fosse sulla terra. Analogamente, la sinistra crede di esistere quando tuona contro Berlusconi ed i suoi scagnozzi pittoreschi (Fede, Vespa, Bonaiuti, eccetera). Quando invece si chiede in positivo quale sia la sua base culturale e la sua funzione storica non lo sa più. In questo senso sono d’accordo con un rilievo di Luca Ricolfi (cfr. La stampa, 16-12-2009), per cui in una prospettiva storica, l’antiberlusconismo è ancora più importante del berlusconismo. Attraverso la personalizzazione esasperata dell’antiberlusconismo la sinistra ha potuto non solo far passare il modello della democrazia come potere dei giudici al posto della democrazia come potere del popolo, ma anche far “dimenticare” che solo due decenni prima il suo codice era quello togliattiano – berlingueriano della cosiddetta “via italiana al socialismo”. Un extraterrestre che visitasse la terra dopo venti anni (diciamo 1975-1995) si stupirebbe che le medesime persone che si riconoscevano nel comunismo e nella via italiana al socialismo ora hanno scaricato tutto questo come se fosse immondizia e si sono convertite al governo dei giudici, al linciaggio di Craxi con monetine, all’apologia di Di Pietro, Beppe Grillo, Nanni Moretti e del sionista Travaglio”.

*

Gianni Vattimo

“Ben scavato vecchio Karl”

martedì 2 febbraio 2010 8.30

Ricordate la battuta di qualche anno, o decennio, fa: «Dio è morto, Marx è morto, e anch’io non mi sento troppo bene»? Ebbene forse possiamo cancellarla definitivamente. Dio se la cava ancora egregiamente, nonostante i dubbi alimentati dalle condotte scandalose dei suoi ufficiali rappresentanti in terra; e Marx è ormai largamente risuscitato per merito del palese fallimento del suo nemico storico, il capitalismo occidentale, salvato solo dalle misure «socialiste» dei governi liberali dell’Occidente.

Ad annunciare con freschezza (e audacia) giovanile il ritorno di Marx è uno studioso torinese emigrato temporaneamente al San Raffaele di Milano, dottorando sotto la saggia guida di Giovanni Reale, un accademico non uso a coltivare giovani ingegni sovversivi. Bentornato Marx !, con il punto esclamativo, è il titolo dell’affascinante libro di Diego Fusaro uscito presso Bompiani (pp. 374, e 11,50). Il libro ha il difetto di portare una dedica al sottoscritto, che ha avuto la ventura di essere tra i professori torinesi presso i quali ha studiato l’autore. Ma ne posso parlare senza pudore perché, a parte l’affettuosa dedica, di mio nel libro non c’è niente, credo nemmeno una citazione; il che può ben valere come garanzia: sia della serietà del lavoro, sia dell’assenza di qualunque conflitto di interesse in questa recensione. Anzitutto, ci voleva la passione e il coraggio di uno studioso giovane per affrontare l’impresa di una ripresentazione complessiva del pensiero di Marx; non tanto perché ancora agli occhi di molti Marx sembra essere un argomento tabù. Ma soprattutto perché bisognava fare i conti con una bibliografia sterminata di studi critici, di interpretazioni anche politicamente contrastanti, senza metterli semplicemente da parte come se fosse possibile tornare al «vero Marx» saltando la storia della fortuna e sfortuna dei suoi testi; e senza, d’altra parte, farsi travolgere dalle discussioni tra gli interpreti, producendo un ennesimo studio in cui Marx risulta oscurato da uno dei tanti ritratti che pretendono di rappresentarlo. Fusaro è riuscito egregiamente a evitare i due rischi, e ha raccontato con chiarezza e vivacità vita e dottrina di Marx prendendo anche francamente posizione su tante questioni interpretative presenti nella vasta letteratura che cita e discute nelle note. Uno dei temi ricorrenti nel libro è quello del rapporto tra Marx e il marxismo. Ma, dice Fusaro, l’opera di Marx è stata sempre un cantiere aperto – anche il Capitale è un libro incompiuto; e pretendere di cercare una verità originaria di Marx è sempre stata solo la tentazione dei dogmatismi che hanno creduto di richiamarvisi anche in connessione con politiche di dominio. Dogmatismo è anche parlare di un socialismo «scientifico», ovviamente. Un vasto settore del marxismo novecentesco è stato dominato (si pensa ad Althusser) dall’idea che Marx sia stato anzitutto uno scienziato della società: proprio Althusser insisteva sulla «rottura epistemologica» che separerebbe il Marx giovane (i famosi Manoscritti economico-filosofici del 1844) dal Marx del Capitale, analista obiettivo della società dello sfruttamento e dell’alienazione. Fusaro, del resto con l’appoggio di molti studi recenti, mostra che neanche l’analisi obiettiva delle strutture del capitalismo condotta nel Capitale sarebbe possibile senza l’operare, nello spirito di Marx, di un costante proposito normativo. Il termine «critica» che ricorre così spesso nei titoli dei suoi scritti – dalla Critica della filosofia del diritto di Hegel fino allo stesso Capitale che è sottotitolato «Critica dell’economia politica», ha sempre avuto per lui il duplice significato: analisi di un oggetto per determinarne il significato e valore, e smascheramento e denuncia di errori e mistificazioni.

Per questo Marx merita la qualifica di pensatore «futurocentrico»; per il quale la filosofia non deve limitarsi a descrivere (o addirittura, a contemplare) il mondo, ma deve trasformarlo (come dice la famosa undicesima delle Tesi su Feuerbach). A quella che Gramsci definirà la «filosofia della prassi» Marx giunge partendo da posizioni che condivide con i «giovani hegeliani», discepoli di Hegel che radicalizzavano in senso rivoluzionario le tesi del maestro, ma sempre mantenendosi nell’ambito di una critica teorica degli errori: così, la religione veniva smascherata come proiezione del desiderio di perfezione dell’uomo, ma tutto si limitava a sostituirvi un atteggiamento mentale filosofico. Via via che, anche come giornalista della Gazzetta Renana, Marx acquista conoscenza concreta delle condizioni di sfruttamento in cui vivono i salariati della sua epoca, le posizioni di critica filosofica dei giovani hegeliani gli appaiono sempre più insufficienti: se l’uomo proietta in Dio una immagine di perfezione e felicità che non può avere, non basta spiegargli questo meccanismo alienante; bisogna modificare le condizioni di miseria e di infelicità in cui di fatto vive. Questo in fondo è il significato fondamentale del materialismo storico, che come lo spettro del comunismo ha tanto spaventato le borghesie di tutto il mondo. Il Manifesto del Partito comunista, scritto nel 1848, è un lavoro «su commissione», Marx e Engels lo scrivono per mandato dalla Lega dei comunisti che si riunisce a congresso nel 1847, mentre nel 1864 parteciperanno alla fondazione della Associazione internazionale dei lavoratori, poi passata alla storia come la Prima Internazionale. Anche se da «giovane hegeliano» ha aspirato alla carriera accademica, Marx è ormai un attivista politico, anche la grande impresa scientifica del Capitale nasce in questo clima. Ma: critica e azione politica in nome di che? Marx, nonostante le apparenze e le opinioni di tanti suoi interpreti, è un «filosofo della storia», eredita da Hegel, rovesciandone il senso puramente idealistico, una prospettiva finalistica (una traccia secolarizzata di religiosità): non che ci «sia» un senso dato della storia, ma certo l’uomo lo può creare se si progetta in un tale orizzonte. La descrizione scientifica del capitalismo ha solo senso in questa prospettiva emancipativa. Che nonostante il «sonno della ragione» mediatico-televisivo in cui siamo caduti, ha ancora, e di nuovo, la capacità di svegliare anche noi: davvero, bentornato Marx!

Gianni Vattimo, da “Tuttolibri”, inserto di “La Stampa”, in edicola sabato 23.01.2010 http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?ID_blog=


Caro vecchio Marx!

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